Violenza e quotidianità nella mostra di Silvia Giambrone a Milano
È una riflessione sulla violenza che si annida nel quotidiano quella suggerita da Silvia Giambrone nelle sale della Prometeo Gallery di Milano. Fra inquietudini, silenzio e l’apparente tranquillità della sfera domestica
Negli ultimi anni taluni autori hanno deciso di affrontare le questioni politiche, i diritti della persona o le tematiche gender attraverso una formalizzazione che si serve di una serie di elementi quotidiani, e apparentemente neutrali, per creare nel fruitore uno spiazzante cortocircuito di senso. È ciò che avviene nella nuova serie di Silvia Giambrone (Agrigento, 1981), Security blanket (2022), esposta nella mostra milanese che segna l’avvio della collaborazione con la Prometeo Gallery.
LA MOSTRA DI SILVIA GIAMBRONE A MILANO
In queste opere lo spettatore si trova dinanzi a una serie di copertine da culla che recano dei motivi decorativi, dai colori tenui e rilassanti, tratti del romanzo Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll. Questa apparente comfort zone della percezione viene subito meno perché a completare le opere sono una serie di frasi mutuate da un manuale per la difesa dagli attacchi sessuali. I lavori in mostra innescano così un implicito clima perturbante perché accanto alla dimensione quotidiana si riverbera un sentimento di profonda inquietudine: in tal modo l’artista pone una riflessione su come la violenza si possa celare anche nella sfera domestica, tra vessazioni e dinamiche di potere, rimanendo per questo un tabù.
LA VIOLENZA SECONDO SILVIA GIAMBRONE
Il video TRAUM (2021) documenta una performance che vede l’autrice intenta a leggere in modo compassato il contenuto di un foglio realizzato in ceramica che, dopo una pausa, viene lasciato cadere per terra: questa deflagrazione sembra voler incarnare la situazione delle vittime che nel ricordo dischiudono e affrontano il trauma subito.
A chiudere idealmente la mostra è Sub rosa (2022), un piccolo lavoro che evoca la sfera simbolica del silenzio, quasi a voler chiedere di abbandonare la dimensione puramente terrena per aprirsi alla trascendenza.
– Carlo Sala
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