Artribune Podcast: Gian Maria Tosatti per Monologhi al Telefono
A pochi giorni dall’inaugurazione del suo padiglione alla Biennale di Venezia, Gian Maria Tosatti è il protagonista del nuovo appuntamento di Monologhi al telefono a cura di Donatella Giordano
Per la prima volta un solo artista al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia. Con una tale responsabilità Gian Maria Tosatti (Roma, 1980) mette in campo le sue competenze insieme ad una squadra di circa quaranta persone. Conosciuto per le sue grandi installazioni site-specific, l’artista sceglie di impiegare tutto lo spazio a sua disposizione (duemila metri quadri) per ricreare uno scenario industriale degli anni ‘60-70. Un pretesto per riflettere su grandi tematiche come l’equilibrio tra uomo e natura, tra sviluppo sostenibile e territorio, tra etica e profitto. Ha funzionato? Certamente sì. Di fatto è stato uno dei padiglioni più discussi, nel bene e nel male.
Ascolta “Gian Maria Tosatti – Monologhi al Telefono di Donatella Giordano” su Spreaker.
IL MONOLOGO DI GIAN MARIA TOSATTI
Con “Storia della Notte e Destino delle Comete“, l’installazione a cura di Eugenio Viola che occupa interamente il Padiglione Italia all’Arsenale, Gian Maria Tosatti propone un viaggio nell’Italia industriale attraverso l’acquisizione di macchine provenienti da fabbriche fallite comprate in liquidazione. Nel suo monologo al telefono l’artista racconta l’intento del suo progetto che è quello di realizzare un “dispositivo confessionale” che metta in relazione lo spettatore con qualcosa che lo riguardi personalmente, poiché veniamo tutti da: “storie di lavoro, storie che hanno a che fare con i nostri sogni, con i sogni che abbiamo costruito e che continuiamo a costruire, forse con gli errori che facciamo e in cui cadiamo continuamente”, dichiara l’artista. Si tratta, dunque, di una metafora: “Abbiamo usato l’industria per parlare di altro”, dice concludendo, “tutto questo non è altro che un pretesto per continuare a parlare di noi, cercando le parole giuste per potersi dire veramente qualcosa”. Un unico spazio in cui restare soli, sigillati all’interno di un’esperienza collettiva, tra gli odori e i rumori di un premeditato déjà-vu, “Senza Fine”.
– Donatella Giordano
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