Trasformare la materia. La mostra di Paola Pezzi a Milano
Gaggenau DesignElementi Hub a Milano rende omaggio alla carriera trentennale di Paola Pezzi, artista che carpisce tutti i segreti della materia e li esalta, tra rimandi all’Arte Povera e sperimentazione contemporanea
Gli spazi di Gaggenau DesignElementi Hub di Milano ospitano una nuova rassegna all’interno del progetto Materiabilia, ciclo di mostre che raccontano “la materia che si fa meraviglia” attraverso il genio umano. Promosso da Gaggenau (noto brand di elettrodomestici professionali di alta qualità, simbolo di innovazione e design “Made in Germany”) e Cramum (progetto non profit che dal 2012 sostiene le eccellenze artistiche in Italia e nel mondo), il progetto ospita ora negli spazi di Corso Magenta a Milano le trasformazioni di materie e di idee dell’artista Paola Pezzi.
LA STORIA DI PAOLA PEZZI
Nata a Brescia nel 1963, decide di trasferirsi a Milano negli Anni Ottanta, dove frequenta l’Accademia di Brera e collabora con il maestro scultore Luciano Fabro e con Zeno Birolli. Profondamente influenzata dalle filosofie dell’Arte Povera, esordisce negli Anni Ottanta con sculture che utilizzano materiali contemporanei come poliuretano, gommapiuma e vari tipi di tessuti. Nel 2000, nuove sculture e composizioni che utilizzano sughero, legno e feltro, oltre a materiali appartenenti agli oggetti quotidiani come cannucce, fiammiferi di bobine, stuzzicadenti, matite, frange, cotton fioc, hanno rinvigorito il lavoro dell’artista. Attraverso i suoi vari esperimenti con materiali e sfumature del medesimo tono, ogni opera è una continuazione dell’ultima.
Il lavoro di Paola Pezzi trova il modo di dare una qualificazione autonoma a un dato materiale per renderlo capace di generare attrazione. Ma è soprattutto rifiutando la sua funzione originaria che l’artista svela le sue altre vite e forme possibili.
LA MOSTRA DI PAOLA PEZZI A MILANO
La mostra, curata da Sabino Maria Frassà, raccoglie diciotto opere iconiche, realizzate in oltre trent’anni di carriera, che rappresentano l’evoluzione dell’artista bresciana.
Il candore della materia è protagonista, in mostra, ma anche nell’evoluzione del suo lavoro. Sabino Frassà racconta come dopo i primi lavori, caratterizzati quasi da un rifiuto della luce, gli ultimi vent’anni di carriera siano dedicati a opere che generano e muovono la luce, anche quando il colore scelto è il nero.
Come illustrato dal curatore, le opere prendono forma dall’utilizzo di materiali differenti con lo scopo di generare un’interpretazione personale di questi da parte del visitatore, non più quindi nell’ottica della loro originaria funzionalità, ma per le loro qualità capaci di far arrivare emozioni concrete a chi le osserva.
Paola Pezzi confonde la linea tra pittura e scultura, dando origine a una fusione tra bidimensionale e tridimensionale, al fine di creare linee e forme usando il volume.
Il filo conduttore nel lavoro dell’artista è il movimento, l’importanza del gesto quale strumento di progettazione e al contempo di realizzazione dell’opera finale.
Il movimento è inteso come un dinamismo da un lavoro all’altro, una sinergia da un’opera all’altra e non solo; il dinamismo lo si ritrova anche all’interno di ogni singola creazione. Le sculture sono senza una forma definita, in continua espansione, così come la mente dell’osservatore che guarda le opere.
Il gesto artistico di Paola Pezzi disciplina e domina la materia, dando vita a forme in cui è chiara la dimensione del divenire. Un divenire a cui non possiamo che guardare con curiosità̀, aspettando un nuovo passaggio di stato.
‒ Arianna Panarella
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