La pittura destabilizzante di Thomas Braida in mostra a Roma
L’ironia sempre più sottile e pungente che attraversa la pittura di Thomas Braida è protagonista della sua nuova mostra negli spazi di Monitor a Roma
Dopo sei anni, Thomas Braida (Gorizia, 1982) torna da Monitor a Roma con una mostra dedicata alla sua ricerca pittorica in costante crescita.
Un cowboy in un vigneto a cavallo di un ortaggio gigante, un sogno a occhi aperti che fa palesare un chioschetto in mezzo a un’aurora boreale per dissetare indomiti viaggiatori, un pupazzo di neve sotto attacco di un’ombra animale, una tigre che stringe, in apparenza docile e mansueta, il suo palloncino azzurro a forma di cuore e un braccio mozzato, staccato da chissà quale corpo. I panorami mozzafiato di Thomas Braida racchiudono un’ironia maliziosa e pungente, attraverso il dettaglio che si rivela lentamente e con tutta la sua drammatica portata; nature morte dove si intrufola un elemento dissonante e dirompente, tale da far ridere o sorridere, cambiare rotta al significato della tela.
LA PITTURA DI THOMAS BRAIDA IN MOSTRA A ROMA
Questa volta Braida fa un passo avanti coinvolgendo lo spazio oltre i limiti dell’opera. Le cornici diventano complici nel rivelare il magnetismo della finzione: i limiti ri-marcati dell’immagine scagionano l’illusione ma sono rassicuranti vie di fuga, vogliono aprire un discorso meta-artistico o è la realtà stessa che agogna a essere non solo linfa nutritiva ma materia prima del sogno?
“Non so se il sensato o insensato siano i termini giusti, nel mio caso è come un allineamento di elementi in una sensazione visiva: quando ogni parte del lavoro, dal colore, al segno, alle piccole cose dipinte, ai significati, ogni elemento che per me caratterizza il quadro cominciano a creare un’armonia, delle note anche sgraziate o ‘insensate’, e in un attimo (che col tempo un po’ riesci a prevedere) scatta un click, come di una serratura. Si apre ed ecco il quadro”. (Thomas Braida in conversazione con Luca Bertolo).
LE OPERE DI BRAIDA ESPOSTE DA MONITOR
Braida riesce a padroneggiare grandi tele come Toblerone (2022) o where the sun falls asleep (2020), dove un sole, rappresentato in maniera sintetica come un tondo e i suoi raggi, quasi una spilla preziosa di quarzo citrino o superficie metallica specchiante, si incaglia tra faraglioni, acque limpide e una vegetazione lussureggiante di pini mediterranei. In Carabbean you beyond Blue (2020) le tre Parche o Moire greche sono come incollate sui fusti di alberi in un’isola tropicale e sullo sfondo la superficie dell’oceano cambia prospettiva dalla riva fino alla linea dell’orizzonte, quasi divorando il cielo nei suoi flutti. Lo scudo di una di queste creature mitologiche ricalca il Disco di Nebra, trovato in Sassonia e realizzato intorno al 1600 a. C., si tratta della più antica rappresentazione della volta celeste. Anche il piccolo formato, sia nei dipinti in cui lo sguardo si concentra tutto su un unico piano, isolando fotograficamente un particolare, sia in quelli dove la rappresentazione si parcellizza in profondità, riesce ad ammaliare l’osservatore.
‒ Giorgia Basili
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