Luce e pittura nella mostra di Joaquín Sorolla a Milano
Le forze, anche contraddittorie, che attraversano l’esistenza sono protagoniste della pittura di Joaquín Sorolla y Bastida, che trovò nella luce il suo strumento prediletto. Come dimostra la rassegna al lui dedicata da Palazzo Reale a Milano
La mostra a Palazzo Reale dedicata a Joaquín Sorolla y Bastida (Valencia, 1863 ‒ Cercedilla, 1923) si apre con un suo autoritratto. Eppure l’artista spagnolo dedicò la maggior parte delle sue tele agli altri, agli affetti e agli sconosciuti.
La sua era una poetica coerente fatta di luce e istantaneità. Il sole attraverso un’onda, la vela appena mossa dal vento, un lieve strato di mussola, la piega in un volto.
LA PITTURA DI JOAQUÍN SOROLLA Y BASTIDA
Se ci limitassimo a guardare solo il mare di un vivido turchese potremmo pensare a Manet, ma la scena sulla spiaggia della Triste Herencia è ben lontana dai picnic borghesi dell’arte impressionista. L’oscura figura del monaco si contrappone ai ragazzi nudi e curvi che al tramonto attendono di fare un bagno. Sono le vittime della sifilide ereditaria. Come suggerisce il titolo dell’opera che domina una delle sale centrali della mostra e che nel 1900 lo ha consacrato a livello internazionale con la vittoria del Grand Prix all’Esposizione universale di Parigi. Sorolla illumina la vita, hanno scritto alcuni, ma la verità è che la luce in lui mette vita e morte, bello e malattia sullo stesso palco.
“L’arte non ha alcuna relazione con la bruttezza o la tristezza” diceva “la luce è la vita di tutto ciò che tocca; quindi più luce c’è nel dipinto, più vita, più verità, più bellezza avrà”.
Perfino in opere come La tratta delle bianche la luce riesce a regolare la drammaticità.
L’ambiente spoglio rimarca la condizione di povertà di queste giovani prostitute rannicchiate in un vagone, probabilmente per spostarsi assieme alla protettrice in un’altra struttura.
Spinto da amici socialisti Sorolla si occupò della realtà, come dimostra anche Il giorno felice: il candore della veste della prima comunione contrasta con la povertà della casa dove, in mezzo alle barche, persone e galline dividono la loro precaria esistenza.
I TEMI DELLE OPERE DI JOAQUÍN SOROLLA Y BASTIDA
È impossibile soffermarsi davanti a un suo quadro e non venire colpiti dalla luce.
Sorolla amava dipingere en plein air: rapidamente catturava la luce mutevole con le sue pennellate sciolte e dinamiche. Componeva così scene quotidiane aggraziate che ritraggono bimbi sul bagnasciuga e pescatori, le cui tele hanno nomi poetici come Controluce, Istantanea e Idillio. Sono opere che insieme a Pomeriggio sulla spiaggia a Valencia riescono anche a riassumere l’essenza di Sorolla: l’amore per il mare e la famiglia. Ma anche la moglie e musa Clotilde, i tre figli, María, Joaquín ed Elena, e il suocero Antonio García, che gli aveva fatto scoprire la fotografia. L’anima di un ritratto è impalpabile e sfuggente, diceva, ma eccolo immortalare la figlia in María con i gigli nelle sembianze di un angelo, la stessa che più avanti, malata di tubercolosi, ritrarrà con affetto.
Nelle ultime stanze incontriamo invece le visioni americane con le luci e le città moderne, ma anche le opere commissionate dal mecenate Huntington (un ciclo pittorico dedicato alla storia spagnola e portoghese) che consolidarono notevolmente la sua carriera.
‒ Lucia Antista
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