La scienza che si occupa di animali, vegetali e animali è l’arte

L’abbiamo scoperto nell’incontro tra Trevisani e Venturi a Platea, il display-vetrina, che con la mostra “Notes for dried and living bodies in Corso Umberto” presenta la seconda stagione del palinsesto dedicato agli artisti emergenti

Naturalmente la natura non esiste: questo l’emblematico titolo della conversazione tra l’artista Luca Trevisani (Verona, 1979) e lo storico e critico d’arte contemporanea Riccardo Venturi organizzato lo scorso 8 giugno. Un dialogo che nasce in occasione della mostra di Trevisani per Platea, un progetto curatoriale pensato come una vetrina nel centro di Lodi. La ex-portineria di Palazzo Galeano di 6 mq è diventato un luogo espositivo dove è ospitata una sola opera alla volta 24 ore su 24, 7 giorni su 7 (ne abbiamo parlato qui, qui e qui) all’interno di una serie di cicli di mostre dedicati agli artisti emergenti con la guida di un mentore.

LUCA TREVISANI APRE LA NUOVA STAGIONE DI PLATEA

Trevisani è l’artista-mentore che apre il nuovo palinsesto degli emergenti: quattro giovani artisti, da lui selezionati e a lui legati – non possiamo definirli “suoi studenti” perché come fa notare lo stesso Trevisani, “non sono di sua proprietà” – che esporranno le loro opere da giugno a dicembre 2022. L’intervento site – specific di Trevisani, in mostra fino al 22 giugno, è Notes for dried and living bodies in Corso Umberto, una scultura bidimensionale, composta da una foglia di palma, essiccata attraverso un processo durato diverse settimane, su cui sono stampati pattern vegetali.

Opera di Luca Trevisani in mostra da Platea a Lodi - ph. ©Alberto Messina 2022

Opera di Luca Trevisani in mostra da Platea a Lodi – ph. ©Alberto Messina 2022

LA CONVERSAZIONE SULLA NATURA TRA LUCA TREVISANI E RICCARDO VENTURI

Dopo aver visto l’opera in vetrina, si è tenuta nel cortile del palazzo la conversazione tra artista e critico moderata da Carlo Orsini, il direttore artistico di Platea. La discussione ha preso le mosse da una suggestione di Venturi tratta da Lessico famigliare, in cui Natalia Ginzburg racconta di un gioco che consiste nel dividere le persone in minerali, animali e vegetali. C’è chi sarà un po’ l’uno e un po’ l’altro in proporzioni diverse, ma nota come al mondo siano esistiti pochissimi vegetali puri, forse solo alcuni grandi poeti.  Qual è allora la composizione di Luca Trevisani e della sua arte? L’uditorio vorrebbe rispondere all’unisono “Vegetale!”, pensando all’opera esposta e riflettendo sulla poeticità del suo gesto. Lui invece si autoproclama animale. Perché?

L’ARTE PER LUCA TREVISANI

Nella natura è l’animale quello che più ne prende le distanze per creare qualcosa di altro. Poi perché la sua arte, che potrebbe essere tacciata di decorativismo, è sì decoro, ma nel senso più animale del termine. Quello che noi chiamiamo “decoro”, per l’animale è camuffamento e seduzione. Attraverso la sua ricerca, Trevisani dilata le dimensioni del tempo e dell’identità impadronendosi della vertigine e del coraggio di maneggiare oggetti di 320 milioni di anni fa, trasformando il fossile in un display di questa sedimentazione che coinvolge perfino la sua trasformazione in merce, prima ancora che in opera d’arte. Trevisani ci ricorda che il fossile è ciò che non è stato digerito dal mondo e forse allora, l’artista è l’unico che può digerire e fagocitare ciò che il mondo non è stato in grado di assimilare: ha il coraggio di avvicinarsi di più alla terra secondo quell’etimologia di umiltà che rimanda all’humus. Il fossile è un’impressione sedimentata, è qualcosa che ha a che fare con la condensazione, con la stratificazione, con la densità. Quegli stessi concetti che ritornano nella domanda sul significato di fare arte. L’artista si appropria del passato per trasformarlo affinché si crei un senso che possa liberamente circolare lungo l’orizzontalità del tempo. Trevisani su questo si interroga: “Faccio arte per avere degli amici viventi o per l’ambizione di essere un bislacco profeta che possa parlare al passato e al futuro?” È vero che l’arte intesse tele e legami nel presente che forse costituiscono il luogo dove ne risiede la magia, e Platea ne è un esempio pulsante, ma poi costruisce anche rimandi, sguardi atemporali, convivenze concettuali, frizioni che ne caratterizzano l’aura. E allora siamo d’accordo, Luca Trevisani è un artista animale, è l’Artista che eleva il suo sguardo e il suo gesto per generare quella natura che altrimenti, in natura, non esisterebbe. A questo punto, non vediamo l’ora di scoprire come interpreteranno la sfida della vetrina i “non-suoi” studenti.

– Marta Cambiaghi

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Marta Cambiaghi

Marta Cambiaghi

Dopo una laurea magistrale in Filosofia all'Università Statale di Milano, decide di dedicare i suoi studi successivi all'arte contemporanea. Nel 2012 si iscrive quindi al corso di Organizzazione e Comunicazione per l'Arte Contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Brera, che…

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