Paolini, Vitone, de Pisis: 3 mostre al Museo Novecento di Firenze

Dialogano, si incontrano, si scontrano, si scompongono per organizzare un ragionamento unico sull’arte italiana. Una sorta di linea, che va da de Pisis e chiude con Vitone, si dipana fra le sale del Museo Novecento di Firenze

Tre mostre che in realtà sono solo una: al Museo Novecento di Firenze s’intersecano le opere e i vissuti di tre maestri della storia dell’arte: Giulio Paolini, Filippo de Pisis, Luca Vitone. I tre progetti si muovono, si intersecano, si fondono, si allontanano, in una continua mise en abyme, che accade nelle rispettive pratiche e opere, ma anche negli incastri tra sguardi e linguaggi.

Santa Nastro

LA MOSTRA DI GIULIO PAOLINI

Si chiama Quando è il presente? la mostra a cura di Sergio Risaliti, direttore dell’istituzione, e Bettina della Casa, dedicata a Giulio Paolini (Genova, 1940) e alla sua ultima produzione. È un Paolini attento, che ha voglia di sparigliare le carte e che mette in crisi il proprio impianto classico scardinandolo, sconfinando in ardite e forse inedite esplosioni di colore, portando quel visitatore, che prima guardava il giovane che guardava Lorenzo Lotto, a entrare nel proprio mondo. Nel proprio studio, che ricorda i grandi dipinti della storia dell’arte, ma che qui si fa tridimensionale in una installazione che stupisce, tra oggetti di lavoro e della quotidianità, tele, sketchbook e le cornici che Paolini ha destrutturato per tutta la sua carriera artistica. E, attraversando le sale, ci sono gli immancabili frammenti classici, la mano (Prova d’autore, 2021) e l’occhio dell’artista (L’arte di non esserci, 2018-19), immaginari quasi di fantascienza, o immanenti, metafisici. E l’autoritratto ancora dell’artista, che offre modestamente un mazzo di fiori rivolgendosi allo spettatore, come un attore di teatro che a fine spettacolo (qui al termine del percorso espositivo) saluta, si inchina e se ne va.

Giulio Paolini. Quando è il presente_. Exhibition view at Museo Novecento, Firenze 2022. Photo © Ela Bialkowska OKNO studio

Giulio Paolini. Quando è il presente_. Exhibition view at Museo Novecento, Firenze 2022. Photo © Ela Bialkowska OKNO studio

LA MOSTRA DI LUCA VITONE

A far da collante è il più giovane dei tre, che però è già un maestro, Luca Vitone con D’apres (de Pisis ‒ Paolini). Genovese a sua volta, ma nato nel 1964, Vitone dialoga con entrambi i colleghi, guardando però non tanto alle opere quanto agli uomini. C’è infatti lo Studio di Giulio Paolini a Torino che viene raccontato attraverso un acquerello realizzato con la polvere recuperata proprio da quegli ambienti, o l’installazione olfattiva, in puro stile vitonesco, realizzata con il supporto di una esperta del campo, Maria Candida Gentile, e che fa eco a Il gladiolo fulminato, natura morta del 1930, opera di de Pisis, della quale costituisce un omaggio.
Il rapporto con de Pisis, ma anche con Paolini, prosegue anche nella mostra che riguarda il pittore nato a Ferrara nel 1896 e scomparso a Milano nel 1956 con Alter-Ego. Anche stavolta il tema è lo studio. Lo studio che Paolini ha voluto tridimensionalizzare al piano terra e che Vitone ha prima ridotto in polvere, poi ricostruito alle sale superiori. Con un dettaglio, ritrovato nelle immagini che testimoniano lo spazio di lavoro del maestro di Ferrara e che fa da trait d’union con il giovane collega di Genova: una bambola che richiama le fattezze di entrambi e che Vitone mette in scena e poi reitera come un meme nella carta da parati che avvolge l’intera mostra di de Pisis.

Luca Vitone. D’apres (de Pisis ‒ Paolini). Exhibition view at Museo Novecento, Firenze 2022. Photo © Ela Bialkowska OKNO studio

Luca Vitone. D’apres (de Pisis ‒ Paolini). Exhibition view at Museo Novecento, Firenze 2022. Photo © Ela Bialkowska OKNO studio

LA MOSTRA DI FILIPPO DE PISIS

Chiude il cerchio, per l’appunto avvolta e accolta dalla progettualità orchestrata da Vitone, la mostra a cura di Risaliti e Luca Mannini, intitolata L’illusione della superficialità e dedicata a Filippo de Pisis (Ferrara, 1896 – Milano, 1956), dove il titolo richiama uno stralcio del testo che Elio Vittorini scrisse in occasione della personale del pittore tenutasi a Firenze nel 1933. Opere della collezione del museo si mescolano a prestiti pubblico-privati. Il percorso espositivo, testimone inoltre dell’afflato artistico letterario di quegli anni, si muove attraversando i diversi momenti nella ricerca dell’artista, dalle nature morte alla passione per la botanica, ricordata anche nell’erbario a inizio mostra costruito da Vitone, alla metafisica, andando dalla seconda metà degli Anni Dieci fino ai Cinquanta. Inaugurando con Il saluto all’amico lontano del 1916, piccolo disegno che reca i nomi di De Chirico e Savinio in calce, oltre a quello di de Pisis, forse un messaggio in bottiglia per Guillaume Apollinaire.
Un ampio progetto, dunque, quello orchestrato dall’istituzione di Firenze, che, oltre a riattivare la collezione, compie un serrato discorso linguistico, portando avanti in maniera critica il racconto della storia dell’arte e offrendo al visitatore, al ricercatore, allo studente una nuova interpretazione delle cose conosciute e un ragionamento complesso sull’arte italiana. E non è questo forse il ruolo di un museo?

Filippo de Pisis. L’illusione della superficialità. Exhibition view at Museo Novecento, Firenze 2022. Photo © Ela Bialkowska OKNO studio

Filippo de Pisis. L’illusione della superficialità. Exhibition view at Museo Novecento, Firenze 2022. Photo © Ela Bialkowska OKNO studio

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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