Documenta 15: ancora accuse di antisemitismo. E la direttrice Sabine Schormann si dimette

Continua la bufera mediatica e politica che da mesi incombe sull'esposizione tra le più prestigiose al mondo: ora, dietro richiesta della ministra della Cultura tedesca, il consiglio di sorveglianza dell'esposizione aprirà un'indagine tematica su tutte le opere esposte e i loro autori

Non si fermano le accuse di antisemitismo contro documenta, la rassegna di arte contemporanea che si tiene ogni cinque anni nella città tedesca di Kassel, al punto da costringere la direttrice Sabine Schormann a dimettersi. L’indignazione per l’antisemitismo era rivolta a un’opera in particolare, lo striscione politico People’s Justice del gruppo artistico indonesiano Taring Padi, che mostrava in una delle piazze principali della città una serie di figure autoritarie (nel contesto della lotta contro il governo militare dell’Indonesia) tra cui un maiale con addosso un elmo con scritto “Mossad” e un uomo con riccioli laterali (associati comunemente alle comunità ebraiche ortodosse), zanne e occhi iniettati di sangue, con un cappello nero con le insegne delle SS. L’opera aveva spinto il Consiglio Ebraico Tedesco, l’ambasciata israeliana in Germania e altri politici e artisti tedeschi a contestare la scelta di aver accettato l’opera in mostra, e, dopo la copertura e il ritiro del lavoro, di non aver saputo rispondere correttamente alle accuse di antisemitismo. Ultimo tassello questa crescente tensione era stato, meno di una settimana fa, il ritiro dall’esposizione dell’artista tedesca Hito Steyerl, tra le figure di spicco a documenta, e del consulente Meron Mendel, già direttore dell’Anne Frank Educational Center.

LE DIMISSIONI DI SABINE SCHORMANN DA DIRETTRICE DI DOCUMENTA

Al culmine della tensione, e dopo solo 28 giorni dall’apertura di documenta, sabato 16 luglio il board di sorveglianza di documenta ha espresso un “profondo sgomento” per i contenuti “chiaramente antisemiti” emersi dopo l’apertura lo scorso giugno, comunicando la fine del contratto della direttrice e la prossima (ma non fissata) nomina di un direttore ad interim. La ministra della Cultura tedesca, Claudia Roth ha appoggiato pubblicamente la scelta, chiedendo un’indagine su come fosse stato ammesso un lavoro che aveva già definito “chiaramente antisemita” al tempo della sua rimozione. In tutta risposta, il consiglio di sorveglianza ha promesso tale indagine, ammettendo che “molta fiducia è purtroppo andata persa” e impegnandosi a prevenire altri “incidenti antisemiti“. A questa risposta pubblica, il direttore dell’American Jewish Committee Berlin, Remko Leemhuis, ha risposto che documenta “non ha ancora capito il problema” e che le sue decisioni non sono state abbastanza radicali, considerati una serie di elementi anti-israeliani (contestati sin dal gennaio di quest’anno dalla Alliance Against Antisemitic Kassel) come l’inclusione di un gruppo di artisti palestinesi fortemente critici nei confronti dell’occupazione israeliana e del collettivo The Question of Funding, legato al movimento antisionista BDS (già bollato come antisemita dal parlamento tedesco tre anni fa). Tutto questo, come se non bastasse, avviene a Kassel, città che durante la seconda guerra mondiale ospitava un campo di lavoro forzato. Ora, come neanche troppo velatamente ha ricordato la ministra della Cultura, in bilico ci sono i fondi pubblici di documenta, circa 42 milioni di euro che costituiscono la metà del suo budget complessivo.

COSA ACCADRÁ DI DOCUMENTA: CONFLITTI INTERNI E INDAGINI

Al tempo delle prime accuse e della rimozione dello striscione, Schormann aveva risposto di “non essere responsabile” del contenuto artistico di documenta, un compito che ricadeva sul collettivo indonesiano ruangrupa, che cura questa edizione, e su Meron Mendel, il sopra citato direttore dell’Anne Frank Educational Center di Francoforte appena dimessosi dal suo ruolo a documenta. Mendel, riporta il New York Times, aveva detto in un’intervista telefonica la scorsa settimana che il team di gestione di documenta gli ha sostanzialmente impedito di svolgere correttamente il suo compito, dato che “non mi è nemmeno stata inviata mezza opera d’arte da vedere“. Per questo ha dovuto contattare lui stesso gli artisti per parlare del loro lavoro, nonostante gli organizzatori si fossero inizialmente rifiutati di creare un contatto diretto tra lui e gli artisti. Molte dinamiche interne restano ora da chiarire. Anche a questo proposito, il consiglio, si legge nella dichiarazione, “considera essenziale che tutto sia fatto per riconquistare quella fiducia“. Nei prossimi tempi sarà dunque convocato un gruppo di esperti di arte, antisemitismo e post-colonialismo per determinare cosa sia andato storto e stabilire se ci siano altre immagini antisemite nell’esposizione, ad oggi tra le più prestigiose al mondo, a cui restano per questa edizione circa una settantina di giorni di apertura al pubblico.

– Giulia Giaume

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

Scopri di più