La Russia secondo un artista. La mostra di Pier Paolo Koss a Genova
Attento osservatore e conoscitore della società russa, delle sue contraddizioni e di tutti i suoi limiti, Pier Paolo Koss è protagonista della mostra nella galleria genovese Guidi&Schoen. Lo abbiamo intervistato
Quando si entra nella galleria Guidi&Schoen di Genova ci si trova improvvisamente catapultati in un mondo composto da Zar, icone religiose, infinite parate militari, oggetti kitsch placcati d’oro e tanto rosso sovietico. Si tratta della retrospettiva Border_No_Border 1992/2022, a cura di Paola Valenti. Lo spirito solenne dei temi e dei soggetti di Pier Paolo Koss (Valledoria, 1959) innesca una monumentalità espositiva, che, assieme alle immagini e alle sculture, invade le pareti, i piani e gli stessi spazi della galleria. In essi è testimoniata una selezione trentennale del vastissimo corpus di opere dell’autore, a cominciare dal 1990, immediatamente successivo al crollo del Muro di Berlino, fino a oggi.
PIER PAOLO KOSS E LA RUSSIA
In questi anni, l’artista ha raffinato un ventaglio linguistico tanto diversificato quanto solido e coerente appare, invece, il suo focus tematico. Della Russia, infatti, egli pare conoscere molto bene ogni singola realtà, abilmente appresa per via di una costante frequentazione in prima linea, finalizzata a una sempre più profonda indagine delle dinamiche socio-politiche di questo immenso territorio. La pratica artistica dell’autore fornisce oggi opere che ripropongono questo mondo controverso e stimolano importanti riflessioni sui suoi confini, o meglio, sui suoi limiti.
Dalle fotografie alle performance, dalle installazioni alla video-arte: i limiti oltrepassati dall’espressione artistica di Koss paiono essere infiniti, almeno quanto le problematiche che permeano il tessuto sociale della Russia e le stesse opere di Koss. Le ingiustizie perpetuate da anni nel Paese, il marcato divario economico, le uccisioni, le negazioni di diritti vengono denunciati continuamente dall’artista secondo un marchio stilistico personale inconfondibile, fatto di readymade, assemblaggi, installazioni e oggetti d’uso comune collezionati dall’artista negli anni. Non bisogna, d’altronde, correre il rischio di considerare le sfumature kitsch delle sue opere come una scelta stilistica fine a se stessa, quanto piuttosto intenderle come un rimaneggiamento sovversivo di un gusto tipicamente oligarchico, fatto d’oro, platino, argento e trionfalismo militare. Koss riadatta, dunque, questa estetica in opere incentrate su questioni attuali ed estremamente pressanti, oramai non solo per la Russia ma anche per l’intero mondo occidentale.
È il caso della scultura Armia Putina, in cui una piramide di soldatini giocattolo puntano un fucile verso una frontiera che avanza, alla conquista di territori che sono, in questo caso, non inesplorati, ma a tutti noi ben noti. È ancora il caso di Gulagu.net dove sono, invece, i corpi inermi e lobotomizzati di bambolotti dalla nuca perforata a parlare della privazione del diritto di parola. Si tratta, dunque, di una smaterializzazione, a tratti ironica e incalzante, di alcuni valori fondanti dell’attuale classe politica russa; gli stessi che stanno alla base delle tragiche vicende che quotidianamente apprendiamo dai media in merito all’invasione dell’Ucraina.
PAROLA A PIER PAOLO KOSS
Interpellato su queste tematiche, l’artista parla delle plurime dimensioni dei confini nella sua opera: “Affrontiamo da sempre con passione e tragicità la questione delle frontiere, che riemerge in questo momento storico decisivo per la nostra storia europea. Se queste frontiere, che sono in fiamme, dovessero spostarsi per la follia di un nuovo Zar, che le sottoporrà a pressioni costanti e rigorose per respingere coloro la cui presenza non è desiderata né benvenuta, i vecchi particolarismi ridisegnerebbero frontiere interne ed esterne, anche fuori dal vecchio continente. È una logica folle e irrazionale, che ci pone tutti sull’orlo di un vulcano in piena attività. Dobbiamo, dunque, ripensare, di fronte a queste tendenze irrazionali che vogliono imporre divisioni e separazioni, l’idea di ricreare una nuova ‘architettura della frontiera’. Tra le mie opere esposte, per esempio, ‘Putin-Land‘, foto digitale della carta geografica dei confini della Federazione Russa, interamente ricoperta di mostrine militari. Si tratta di un lavoro del 2012, realizzato dopo la vittoria di Putin al suo terzo mandato”.
Quando, invece, si riporta il discorso sul ruolo, sull’influenza e sull’importanza che i confini hanno nella sua opera e nella sua ricerca artistica, la risposta non può che essere legata alla questione dell’“altro” e del confine come luogo che consente l’accesso dal noto all’ignoto:
“La conoscenza, l’arte e la cultura sono strumenti ideali non tanto per dare risposte predefinite a simili quesiti, ma per aprire gli spazi del confronto, perché questi rappresentano fertili espressioni dello spirito libero, soggettivo, portatore di valori solo se capace di misurarsi con l’altro nella cultura è nella vita. Quei confini che si fanno pressanti verso l’altro per ‘razza’, classe, età, orientamento sessuale, religione, disabilità, etc. Credo che la vita di tutti noi sia influenzata dal vivere nel nostro tempo…”.
A questo punto, la nostra discussione non può che sfociare verso le ragioni che hanno spinto a un titolo così controverso per la mostra, Border_No_Border 1992/2022 e, dunque, a interrogare l’effettiva esistenza delle frontiere nel nostro presente: “Frontiere senza frontiere: sì, può apparire un titolo dal significato controverso, ed è forse questo il senso stesso del mio lavoro. Non voglio dare nessuna risposta o spiegazione; mi interessa che chi guarda senta e si ponga delle domande. Come allargare gli spazi delle società civili, fondati sulla pluralità, sull’individuo portatore di dignità umane e soggetto inviolabile dei diritti civili? Come affermare la convivenza e l’interazione tra culture diverse in un contesto europeo e planetario, decisamente sempre più multietnico e interculturale? Come procedere con la demilitarizzazione delle società e delle menti dei cittadini?”.
‒ Andrea Masala
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