Non solo astrazione. La mostra di Sean Scully a Bologna
Un’ampia mostra riporta Sean Scully nella città che lo ospitò ventisei anni fa. I 68 lavori in mostra al MAMbo di Bologna, molti di grandi dimensioni, si concentrano sulla ricerca astratta del pittore irlandese, ma non manca un’autentica sorpresa
E chi lo avrebbe mai detto? Sean Scully (Dublino, 1945) è – anche – un pittore figurativo! E che pittore… All’artista irlandese il museo bolognese dedica un’ampia monografica che si apre naturalmente con le opere più note di Scully, “sorvegliate” dall’installazione Opulent Ascension che campeggia maestosa al centro della Sala delle Ciminiere, mentre sulle pareti si espongono quei dipinti per i quali l’autore è conosciuto. Ma lo stupore giunge alla fine del percorso, dove alcuni disegni dei tardi Anni Sessanta si rivelano essere le fondamenta su cui in tempi recenti si è innestata una nuova serie (ma speriamo che il filone non si esaurisca, e che il linguaggio di Scully si popoli ancora di altre figure). Al centro ci sono la moglie e l’amato figlioletto sulla spiaggia: i due personaggi sembrano generarsi dal colore, coagulandosi dallo sfondo prevalentemente a strisce di colore che tessono uno stretto legame con le opere astratte. Felicissime in particolare certe porzioni della superficie pittorica dove le cromie raggiungono accostamenti armonici finalizzati al racconto di scene tenerissime di vita quotidiana. Il fatto che queste opere siano davvero di Scully – non si sa mai che qualcuno ne possa dubitare – trova conferma in Figure Abstract and Vice Versa, un grande dipinto in cui l’artista riprende con grande efficacia la pratica dell’inserto: porzioni di opera ritagliate e rimontate, in questo caso invertendone la posizione. Una sintesi completa e complessa, che da sola varrebbe la visita alla mostra.
LE OPERE DI SEAN SCULLY AL MAMBO DI BOLOGNA
Ma torniamo all’ombra di Opulent Ascension: il rapporto di Scully con Bologna risale a più di venticinque anni fa, quando ebbe modo di allestire una mostra nella sede di Villa delle Rose della Galleria d’Arte Moderna; l’esposizione attuale affonda invece le radici in precedenti monografiche organizzate dalla Kerlin Gallery di Dublino a Budapest e ad Atene. Molti inoltre ricorderanno la monumentale scultura in feltro collocata scenograficamente nella chiesa di San Giorgio Maggiore di Venezia in occasione della 58esima Biennale d’Arte. Tante le opere che nascono da riflessioni su artisti del passato più o meno recente: esplicite sono le ispirazioni da Pollock, Oppenheim, Modrian, Matisse, Van Gogh, Malevič e ovviamente su tutti Rothko, gigante spesso associato a Scully dalla critica, forse non sempre a proposito.
Le tematiche affrontano la struttura della griglia del dipinto, i paesaggi, i caratteristici “inset”, vale a dire dei motivi in contrasto con la texture prevalente, ritagliati e incassati nel corpo del dipinto, quasi come fossero delle finestre; e poi gli studi sulle mutazioni della luce sulle superfici murarie. E se le opere più datate manifestano una tensione sperimentale, negli ultimi decenni la cifra astratta di Scully pare essersi stabilizzata in una ripetizione a tratti monotona.
L’OMAGGIO DI SCULLY A GIORGIO MORANDI
MAMbo, tuttavia, vuol dire anche Giorgio Morandi, un maestro che, a detta dello stesso Scully, “ha imparato le lezioni dell’astrazione: ha capito con quanta forza la ripetizione, il rivisitare lo stesso motivo, o un motivo simile più volte può espandere la profondità emotiva e la gamma interpretativa”. L’artista irlandese ha quindi voluto inserire nel percorso di visita del Museo Morandi due opere: la prima, Cactus, è una tela del 1964 che appartiene alla prima fase figurativa di Scully; il dittico del 2000 invece intende instaurare un dialogo con le opere tarde di Morandi.
– Marta Santacatterina
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