Arte contemporanea e archeologia nell’opera di Federico Gori a Taranto
Il MarTa, Museo Archeologico di Taranto, arricchisce il suo percorso espositivo acquisendo in modo permanente l’opera site specific di Federico Gori ispirata agli Ori di Taranto, che s’inserisce in un più ampio progetto espositivo. Sotto il segno della valorizzazione dell’archeologia attraverso l’arte contemporanea
Il serpente, archetipo della trasformazione, collegato alle divinità ctonie, emblema ancestrale del potere primordiale sprigionato dalla Madre Terra, costituisce il nucleo simbolico dell’opera site specific L’Età dell’Oro. La muta di Federico Gori (Prato, 1977) acquisita lo scorso aprile dal MarTa, il Museo archeologico nazionale di Taranto. L’opera inedita dell’autore toscano rientra nel progetto espositivo del MarTa L’Età dell’Oro, a cura della direttrice Eva Degl’Innocenti e di Lorenzo Madaro, e trae ispirazione dalla raffinatezza abbagliante degli Ori di Taranto.
L’OPERA DI GORI AL MARTA DI TARANTO
Partendo dalle radici del passato, nell’ottica della compenetrazione tra archeologia e arte contemporanea, l’indagine di Gori si snoda tematicamente verso una riflessione sul concetto di rinascita, basilare in un’epoca di pandemie e guerre. Ecco dunque sculture – custodite in una teca in legno e vetro e su diversi livelli – realizzate in oro, argento, bronzo, rame e ferro, con l’esuvia di 28 serpenti. La scelta dei metalli, poi, rispetta la successione delle età dell’uomo descritte da Esiodo nel celebre poema Le Opere e i Giorni.
Come spiega Eva Degl’Innocenti: “È il passato dell’uomo che si manifesta nel suo rapporto stretto con la storia, ed è elemento fondante anche del futuro, grazie alla capacità rigeneratrice che l’opera di Gori definisce in questo ciclo continuo”. E, aggiunge Lorenzo Madaro: “La mostra di Federico Gori è anche l’occasione per investigare la collezione archeologica del museo”.
‒ Cecilia Pavone
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