Oh, To Believe In Another World. L’opera di William Kentridge andata in scena a Pompei

Nell’ambito della rassegna teatrale Pompeii Theatrum Mundi è andata in scena una toccante opera-film dell’artista sudafricano noto a livello internazionale. Una denuncia contro ogni forma di totalitarismo, sulle note della Sinfonia N. 10 di Dmitrij Šostakovič

È stato al centro di uno spettacolo che ha unito musica, arte e cinema, svoltosi al Teatro Grande del Parco Archeologico di Pompei il 29 e il 30 giugno 2022: William Kentridge (Johannesburg, 1955), ha debuttato con il film OH, TO BELIEVE IN ANOTHER WORLD, Sinfonia N. 10 di Dmitrij Šostakovič, basato sulla stessa sinfonia eseguita dalla Luzerner Sinfonieorchester diretta da Michael Sanderling. Un’opera corale in cui il brano accompagna un lungometraggio realizzato con la sovrapposizione di collage, performing art, riprese ottenute con microcamere digitali che riprendono teatri e sale abbandonate. Lo spettacolo si inserisce nella programmazione di Pompeii Theatrum Mundi, la rassegna teatrale ideata dal Teatro Nazionale di Napoli, in sinergia con il Parco Archeologico di Pompei e con il Campania Teatro Festival: una manifestazione che ospita artisti internazionali con un cartellone che arriva fino al 16 luglio 2022, ispirata quest’anno al “sentimento dell’umano”, a un senso di umanità calpestato in questo periodo storico dal moltiplicarsi di guerre e tumulti.

WILLIAM KENTRIDGE A POMPEI

OH, TO BELIEVE IN ANOTHER WORLD prende i passi da un fatto storico accaduto il 5 marzo 1953, quando morì il dittatore Stalin. Nell’estate e nell’autunno dello stesso anno, Šostakovič compose la sua decima sinfonia. Erano passati otto anni dalla nona, e quindi il ritorno al genere sinfonico fu una decisione importante, che sanciva una resa dei conti con lo stalinismo, un grottesco ritratto musicale del tiranno. Naturalmente, le reazioni alla decima Sinfonia vennero accolte con reazioni contrastanti in URSS, mentre l’Occidente riconobbe il brano come una delle opere più importanti del compositore. Così, attraverso quest’opera, l’artista sudafricano – che da sempre mette al centro della sua ricerca l’analisi di colonialismo, sfruttamento e capitalismo – riattualizza una vicenda del Novecento dimostrandone l’attualità in relazione con i fatti odierni, primo su tutti la critica al regime dittatoriale. E, in occasione dello spettacolo ha dichiarato, non senza celare la propria volontà di sperare in un domani migliore: “La situazione in cui ci troviamo non può essere lo stato finale del mondo; ci deve essere una condizione migliore per tutti, artisti compresi”.

– Giulia Ronchi

https://teatrodinapoli.it/

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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