Ferdinandea, l’isola fantasma. Clément Cogitore in mostra al Madre di Napoli
Nel 1831 emerse un’isola vulcanica di fronte alla Sicilia. I governi di mezza Europa si accapigliarono per piantarvi la loro bandiera. Dopo qualche mese però l’isola scomparve. Ora un artista racconta quella storia
Mistero sfuggente, inafferrabile. Un’epifania tra reale evanescente e pattern informale, a cavallo tra metafisico e fisico.
FERDINANDEA, L’ISOLA CHE VISSE SOLO SEI MESI
“Il mistero nascosto nella materia” è la “ragione di un’opera d’arte” per Clément Cogitore (Francia, 1983), e l’episodio di geopolitica surreale ottocentesca evocato dall’isola di Ferdinandea – emersa e scomparsa in soli sei mesi, “sfuggendo” per Natura all’umana arroganza di dominio delle potenze in lotta per impadronirsene – si carica, nelle sue immagini, della stessa visionarietà dell’Isola dei morti di Arnold Böcklin.
Memoria, desiderio, paura, nevrosi mediano la riconoscibilità paesaggistica e persino l’oggettività archivistica di documenti proposti come opere tra le opere. Ma l’effetto delle testimonianze concrete è quasi quella dei bestiari medievali: accrescere il fantastico, dare plausibilità al sogno, o all’incubo.
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Clément Cogitore. Ferdinandea. Exhibition view at Madre, Napoli 2022. Photo Amedeo Benestante
L’ENIGMA DI CLÉMENT COGITORE AL MADRE DI NAPOLI
In una fluida consapevolezza di mezzi, che usa pittoricamente il filmico, poeticamente l’oggettuale e dinamicamente le fotografie, che grazie a un accorto montaggio in vetro a cassettoni sembrano emergere come immagine in movimento, in perfetta consonanza tra significato e significante, ampliata e liricizzata dalla sovrimposizione di enigmatiche scritte in più lingue e alfabeti.
Se dunque “era la terra che inviava segnali”, come ammonisce una di esse, è all’intangibile psichico che dai terremoti di ogni terra, interiore ed esteriore, dovremo prestare il sonar della nostra attenzione.
– Diana Gianquitto
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