Futuro Antico. Intervista a Elmgreen & Dragset
Dopo il successone della mostra alla Fondazione Prada di Milano, nella rubrica curata da Spazio Taverna i celebri artisti danesi Elmgreen & Dragset ci parlano di corpo e digitale, del concetto di verità e della costruzione di nuove comunità. Per prevedere come sarà il futuro
Michael Elmgreen (Copenhagen, 1961) e Ingar Dragset (Trondheim, 1969) vivono a Berlino e lavorano come duo dal 1995. Elmgreen & Dragset hanno tenuto mostre personali in istituzioni di tutto il mondo, tra cui EMMA – Espoo Museum of Modern Art, Espoo (2020); The Nasher Sculpture Center, Dallas (2019-20); The Whitechapel Gallery, Londra (2018–2019); Tel Aviv Museum of Art (2016); UCCA, Pechino (2016); PLATEAU, Samsung Museum of Art, Seul (2015); Astrup Fearnley Museet, Oslo (2014); Victoria and Albert Museum, Londra (2013-14); Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam (2011); ZKM Museum of Modern Art, Karlsruhe (2010); Museo de Arte Contemporáneo de Castilla y León (2009); Serpentine Gallery, Londra (2006); Tate Modern, Londra (2004) e Kunsthalle Zürich (2001).
Elmgreen & Dragset hanno partecipato alle biennali di Bangkok (2018), Istanbul (2001, 2013, 2011), Liverpool (2012), Singapore (2011), Mosca (2007, 2011), Venezia (2003, 2009), Gwangju (2002, 2006), San Paolo (2002) e Berlino (1998).
Quali sono le vostre fonti di ispirazione nell’arte?
Il minimalismo è stato fin dall’inizio una predilezione duratura e ha contribuito a plasmare il nostro approccio artistico. Essendo cresciuti in Danimarca e Norvegia, dove il design minimalista è così radicato culturalmente e visibile in tutti gli aspetti della vita quotidiana, ci è sembrato istintivo guardare all’arte minimalista internazionale degli Anni Sessanta, in particolare al lavoro di Donald Judd, che ha sviluppato questo linguaggio visivo essenziale in cui l’opera scultorea ricorda un oggetto di design funzionale, ma nella maggior parte dei casi non ha più alcuno scopo utilitaristico. Il modo in cui gli artisti della Minimal Art usavano il loro linguaggio formale per discutere l’oggetto d’arte stesso o criticare un formato espositivo era particolarmente interessante per noi. Ma la cosa più influente è stata forse la teoria del filosofo francese Michel Foucault sulle strutture di potere, quando abbiamo iniziato a lavorare insieme. Abbiamo anche intitolato tutta una serie di opere Strutture senza potere. Un’altra fonte di ispirazione è stata Félix González-Torres, un pioniere nel combinare minimalismo e temi queer e nell’usare il quotidiano per trasmettere il profondo. Nelle nostre sculture scopriamo che l’uso di un’estetica disadorna può rendere più evidenti alcune “verità” su oggetti o situazioni particolari, il che significa che spesso nuovi livelli di significato possono essere rivelati o aggiunti più agevolmente.
Quale progetto vi rappresenta di più? Ci raccontate la sua genesi?
Questa è una domanda difficile a cui rispondere, in quanto alcune nostre opere rappresentano approcci artistici diversi e possono cambiare significato con il passare del tempo. In un certo senso lavoriamo in un flusso di coscienza, in cui un progetto si basa naturalmente sull’ultimo e conduce al successivo. Se dovessimo scegliere una mostra, forse una sarebbe quella alla Whitechapel Gallery del 2018, This is How We Bite Our Tongue, dove abbiamo trasformato lo spazio espositivo principale in una piscina abbandonata e abbiamo tenuto una presentazione dei nostri vari approcci alla scultura nelle restanti sale. Michael viveva a Londra da molto tempo e la questione della gentrificazione stava diventando sempre più urgente durante il periodo in cui Boris Johnson era sindaco, con sempre più spazi e strutture pubbliche chiuse a causa di tagli finanziari, in particolare nella zona dell’East End, dove si trova la Whitechapel Gallery. Così abbiamo riconfigurato l’intero spazio al piano terra, trasformandolo in una piscina pubblica abbandonata che ricorda leggermente i bagni pubblici vittoriani, con polvere e detriti dove dovrebbe esserci l’acqua. Le persone erano così convinte dall’installazione o così abituate alla gentrificazione che stava modificando la città intorno a loro che abbiamo sentito alcuni visitatori dire che si ricordavano quando l’edificio era una piscina pubblica! Il lavoro ha suscitato molto dibattito, il che è stato grandioso nel rappresentare ciò a cui spesso miriamo: mascherare l’impostazione convenzionale del white cube in modo che non sia più riconoscibile come uno spazio espositivo nel senso tradizionale.
Tuttavia, la nostra recente mostra alla Fondazione Prada intitolata Useless Bodies? potrebbe essere un altro esempio. È una delle nostre più grandi mostre e abbiamo incluso installazioni site specific che hanno trasformato radicalmente quattro delle sedi dell’intero complesso. La mostra ha riunito anche opere d’arte provenienti da diverse fasi della nostra carriera, tutte sotto un’unica tematica, che si interroga su dove e come ci adattiamo fisicamente al mondo ultra-digitale di oggi.
Qual è per voi l’importanza del Genius Loci nel vostro lavoro?
Se con Genius Loci si riferisce al carattere di un luogo, piuttosto che a qualcosa di religioso o spirituale, allora è abbastanza centrale nel nostro processo creativo. Molte delle nostre opere sono realizzate in stretto dialogo con i contesti che le circondano e, quando si inizia una nuova mostra o una scultura pubblica, il luogo o l’architettura del luogo e il suo significato sono solitamente il nostro punto di partenza. Guardiamo quali sono le scelte estetiche che stanno dietro a certi elementi di design e cosa significano, oltre ai processi sociali legati a un luogo, sia oggi che nel passato. Anche l’utilizzo del sito è significativo, poiché potremmo lavorare con o contro tali fattori d’uso durante lo sviluppo di un progetto. Spesso troviamo che attirare l’attenzione su relazioni o usi inaspettati di un determinato luogo possa essere un modo efficace per sollevare questioni importanti.
Da un punto di vista diverso, i luoghi dove abbiamo scelto di posizionare le nostre sculture sono importanti. Quando installiamo un’opera in un nuovo contesto, in una nuova mostra o Paese o accanto ad altre opere, queste possono iniziare a raccontare una storia diversa, anche se riferita alla loro nuova posizione in modo inaspettato. Per noi è importante che le nostre sculture non abbiano significati statici ma rimangano dinamiche.
PASSATO E FUTURO SECONDO ELMGREEN & DRAGSET
Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credete che il futuro possa avere un cuore antico?
Il futuro si basa sulle esperienze passate. Il passato è una parte integrante del presente che plasmerà il nostro futuro. Le nostre decisioni di oggi influenzeranno le situazioni a venire. Per quanto crediamo nell’importanza della storia, sentiamo anche che è nostro compito leggere le cose da una prospettiva personale e contemporanea. “Che storia ci sta raccontando ora questo documento o manufatto?”. Questo non vuol dire che non siamo interessati a fatti e contesti storici, ma crediamo che una rivalutazione possa insegnarci qualcosa di nuovo sulle nostre società attuali, su chi siamo ora. La storia è sempre stata riscritta secondo parametri etici di epoche diverse. Quindi forse è il contrario… il passato ha un cuore per il futuro?
Che consiglio dareste a un giovane che vuole intraprendere la vostra strada?
Meglio non avere paura ed evitare di provare a fare la cosa “giusta”.
In un’epoca di post verità, il concetto di sacro ha ancora importanza e forza?
Nessuno di noi è religioso, quindi forse arriviamo alla parola “sacro” da un’altra direzione. Nel nostro lavoro, tendiamo effettivamente a cercare di eliminare le abitudini che rafforzano la venerazione. Per molto tempo abbiamo lavorato con il concetto del white cube, trovando modi per sfidare questo formato espositivo onnipresente che così spesso crea una gerarchia tra l’opera d’arte e lo spettatore. In generale, preferiamo un approccio più diretto, in cui si può interagire con un’opera d’arte in modo autentico e senza cerimonie, in maniera che possa evocare reazioni personali o livelli di comprensione individuale. Con la “verità” che oggi ci viene fornita così spesso attraverso titoli di notizie discutibili e feed di social media, è più difficile trovare occasioni in cui si possa decidere le proprie verità e pensiamo che incontrare l’arte senza rituali o cerimonie sia oggi più prezioso che mai. La sacralità è un costrutto sociale e abbiamo una propensione a esaminare tali processi o questioni.
Come immaginate il futuro? Potreste darci tre idee che secondo voi guideranno i prossimi anni?
Con la guerra, le crisi climatiche e la recessione all’orizzonte, il nostro futuro non può più essere costruito sulla convinzione di un’espansione senza fine che ha plasmato gli ultimi cinquant’anni. Sembra abbastanza urgente che i nostri sistemi di valori subiscano alcune drammatiche rivalutazioni, ma la maggior parte dei nostri leader politici sembra tutt’altro che pronta ad assumersi la responsabilità di tali cambiamenti. La società diventa sempre più atomizzata, quindi trovare modi per coinvolgere nuovamente le persone nella creazione di comunità reali, e non false online, è una sfida legata a molte altre questioni. Le prospettive queer e trans su genere, famiglia e costruzione di comunità influenzeranno il futuro. Nessuno vorrà essere rinchiuso in un’unica identità ristretta. Le nuove generazioni più esperte di tecnologia renderanno molto presto totalmente ridondanti le persone di mezza età come noi, il che significa che potremo dedicare più tempo a pensare a come rallentare le cose. Di fronte a tanta solitudine e depressione ovunque, la collaborazione sarà la norma piuttosto che l’eccezione, anche tra artisti e creativi.
‒ Ludovico Pratesi
https://www.spaziotaverna.it/
http://www.elmgreen-dragset.com/
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