Tre bravi artisti italiani incontrano la ceramica in Salento
Salvatore Arancio, Riccardo Baruzzi e Alice Visentin hanno trascorso un periodo di residenza in Salento e ideato una serie di opere ora in mostra al Palazzo Ducale di Cutrofiano, in provincia di Lecce
C’è l’autenticità alla base del percorso che in questi ultimi tre anni ha portato in Salento artisti da diverse geografie, invitati a relazionarsi con materiali della tradizione artigianale locale, soprattutto la ceramica, e con la storia recente e passata del contesto artistico, dal mosaico di Otranto alla stretta attualità. Quest’anno il duo curatoriale composto da Francesco Scasciamacchia e Davide Notarpietro, fondatori dell’associazione Cijaru, si è spostato a Cutrofiano, antico centro ceramico che meriterebbe un netto rilancio attraverso l’arte contemporanea (Antonio Marras da anni produce qui i suoi lavori in ceramica). Attraverso il loro impegno – augurando una necessaria continuità –, questo rilancio potrà avvenire mettendo in dialogo artisti della contemporaneità con il sapere artigianale del luogo, sulla scorta di esempi ormai ampiamente navigati come Faenza e Montelupo.
Tre sale del Palazzo Ducale di Cutrofiano accolgono i lavori concepiti grazie alla collaborazione con il talentuoso artigiano Giuseppe Colì (tra gli eredi di una famiglia storicamente attiva in questo centro con il proprio laboratorio) da Salvatore Arancio, Riccardo Baruzzi e Alice Visentin.
LA MOSTRA AL PALAZZO DUCALE DI CUTROFIANO
Salvatore Arancio (Catania, 1974) è ormai un decano della ceramica contemporanea, i suoi progetti recenti hanno ribadito quanto la sua ricerca sia ormai in simbiosi con i processi di lavorazione, le tecniche della tradizione che costantemente modifica e associa a nuovi processi. A Cutrofiano ha concepito un nucleo di cinque sculture dal profilo biomorfo. Sembrano rocce provenienti da un paesaggio remoto, comunque sconosciuto. Dalle loro superfici iridescenti e dai neri affiorano orecchi e brandelli di natura: così Arancio ci restituisce elementi in cui tutto convive, in un unico flusso vitale, natura, umano, paesaggio. E ci consegna una visione sospesa, ancor più amplificata dallo spazio in cui la ospita, il perimetro di un ambiente spoglio, anch’esso librato in una dimensione atemporale.
Nelle sculture e nell’installazione (recipienti con motivi zoomorfi e una serie di Pignate raccolte nelle case del paese, ritoccate con segni istintivi di bombolette spray e sospese al soffitto) concepite da Alice Visentin (Ciriè, 1993) si avverte un tratto di pigrizia, o comunque una mancanza di dimestichezza con questo materiale. Lontana è difatti l’energia che solitamente c’è nei suoi dipinti. Ma un progetto come quello di Cijaru convince anche per questo, perché consente di avvicinarsi a tecniche e materiali magari mai adottati. D’altronde una residenza è anzitutto un’esperienza e nel caso di Alice Visentin è stata l’occasione per confrontarsi con la ceramica. La sala d’ingresso della mostra è invece affidata a Riccardo Baruzzi (Lugo, 1976), con un ciclo di spaventapasseri che associano idealmente ruralità ancestrali ravennati (la sua terra d’origine) e salentini. Rami rintracciati nell’agro del paese sono associati a brandelli di ceramica che un tempo servivano ai contadini per scacciare le api dagli alberi. C’è una magia degli antichi riti agresti che persiste.
‒ Lorenzo Madaro
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