Il coraggio di (non) essere un artista. La mostra di Christian Frosi a Bergamo

La GAMeC di Bergamo ospita la mostra di un artista che ha scelto di interrompere la sua attività a partire dal 2012. A essere esposte sono le opere realizzate nell'arco di una carriera durata un decennio

Cosa significa essere artisti? E si può abdicare a questo ruolo in maniera definitiva? La mostra che la GAMeC di Bergamo dedica a Christian Frosi (Milano, 1973) affonda le radici in un dibattito secolare, denso di interrogativi e povero di risposte certe. Intitolare una monografica a un artista che un decennio fa ha deciso di non essere più tale – sull’orlo del grande salto verso il successo – è una sfida dagli esiti potenzialmente distruttivi.
Invece l’intelligente curatela di Nicola Ricciardi – anche direttore artistico della fiera miart che ha recentemente scelto Bergamo come città in cui vivere – non ha paura di affrontare uno dei nodi più ostici di sempre: l‘assenza dell’artista. In questo caso, tuttavia, non si tratta di un’assenza anagrafica, ma di un’assenza consapevole. A partire dal 2012 Frosi scioglie lentamente i legami con le proprie opere e, in generale, con il contesto che fino a quel momento aveva fatto da sfondo alla sua attività durata un decennio e ritmata dalle canoniche tappe di un percorso verso la consacrazione globale.

Christian Frosi, La Stanza Vuota, Veduta dell'installazione GAMeC, Bergamo, 2022, Photo © Lorenzo Palmieri, Courtesy GAMeC Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Christian Frosi, La Stanza Vuota, Veduta dell’installazione GAMeC, Bergamo, 2022, Photo © Lorenzo Palmieri, Courtesy GAMeC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

LA STORIA DI CHRISTIAN FROSI

Dalle mostre personali in Italia e all’estero fino a collettive di spessore – come la prima Triennale di Torino nel 2005, Sindrome Italiana, la jeune création artistique italienne al Magasin di Grenoble nel 2010 e Fuoriclasse, allestita alla GAM di Milano nel 2012 e incentrata sugli allievi di Alberto Garutti – la presenza di Frosi non passava inosservata nella schiera delle giovani promesse che stavano per assicurarsi la notorietà, grazie anche al consenso di gallerie desiderose di puntare su di loro – nel caso di Frosi, è emblematico il suo rapporto con la galleria Zero… di Milano.
Eppure Frosi decide, senza comunicati roboanti, di prendere le distanze dall’essere artista e di smettere. Una scelta apparsa incomprensibile a molti, ma ben supportata, se la si osserva con attenzione, dalla sua stessa poetica. Lo scarto all’ultimo momento, il guizzo geniale a poche ore dall’inaugurazione di una mostra, la tendenza a non chiudere le proprie opere nei recinti espositivi, ma ad andare oltre, nel segno della precarietà e dell’imprevisto, lasciano intendere fin dall’inizio un approccio mutevole a un ruolo – quello dell’artista – al quale lo stesso Frosi non assegna una veste granitica.
Nell’intervista con Gyonata Bonvicini pubblicata su Flash Art, le risposte all’accusa di essere “criptico” sono nitide: “È necessario essere costantemente alla ricerca dell’identità del proprio lavoro, e questo è possibile solo se non ci si accontenta delle risposte che ci si dà dopo pochi anni. una critica che non trovo pertinente a ciò che intendo per lavoro di un artista. Non ho la pretesa romantica di avere un immaginario da regalare al mondo, le mie opere sono spesso delle prove, degli esperimenti linguistici, ognuno con la propria direzione e indipendenza”.

Christian Frosi, La Stanza Vuota, Veduta dell'installazione GAMeC, Bergamo, 2022, Photo © Lorenzo Palmieri, Courtesy GAMeC Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Christian Frosi, La Stanza Vuota, Veduta dell’installazione GAMeC, Bergamo, 2022, Photo © Lorenzo Palmieri, Courtesy GAMeC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

LA MOSTRA SU CHRISTIAN FROSI A BERGAMO

La mostra bergamasca riavvolge il filo dell’esperienza di Frosi, alzando il sipario sul riallestimento, in chiave riadattata, della rassegna andata in scena nel 2007 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Un colpo d’occhio sulla gestione del linguaggio plastico e della sua (non) connessione con lo spazio da parte dell’artista, che plasma le opere – il dirigibile dal candore abbacinante, la sinuosa installazione di sabbia – con la medesima estemporaneità di interventi al limite del performativo – come la nuvola di sapone ideata per la sua prima personale a Milano nel 2003. La materia, per Frosi, è un momento di passaggio verso qualcos’altro, che non rientra nelle maglie della pianificazione, della stringente progettualità. Ne è prova il fatto che spesso l’artista presentasse il suo intervento solo agli sgoccioli dell’opening, in barba alla visualizzazione preventiva degli ingombri.
Ciò che catturava il suo sguardo era la ricombinazione degli elementi, non necessariamente in una logica spiazzante, ma di certo secondo un criterio, ancora una volta, altro.
Fra la trentina di opere allestite nella sede bergamasca, a spiccare è New Title OIOIOIOIOIO, nella quale una base di spugna accoglie l’intero sistema di illuminazione della galleria Zero…, smontato e ricombinato dall’artista, azzerandone la funzione originaria. Un approccio che guarda certamente alla rivoluzione delle Avanguardie e che si spinge oltre, attirando plausi e critiche feroci proprio per l’impossibilità di incasellarne origini, obiettivi e traguardi. L’individualità artistica, per Frosi, è un concetto fluido, da porre in discussione, ad esempio mescolando la propria pratica a quella di un altro artista, Diego Perrone, con il quale Frosi collabora quasi fossero un’entità unica e altra, erodendo il confine identitario dell’essere artista. Scegliendo infine di interrompere la sua attività, senza fornire spiegazioni di sorta, Frosi scompagina nuovamente le carte e le aspettative, chiamandosi fuori da un destino solo in apparenza già scritto, come dimostrano le fortune non sempre lineari di quanti hanno esordito con lui. Nel solco di una generazione che non ha avuto vita facile, spinta su un trampolino di lancio troppo corto e senza reti di salvataggio ad attutire il rimbalzo.

– Arianna Testino

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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