La rivoluzione gentile di Grazia Varisco in mostra a Milano
La mostra allestita al Palazzo Reale di Milano rende omaggio alla carriera pluridecennale di Grazia Varisco. Lungo un itinerario visivo nel quale la geometria riconfigura la realtà
Opera-spazio-spettatore: la triangolazione, tipica dell’idea di opera aperta, messa in atto da Grazia Varisco (Milano, 1937) è rigorosa e costante lungo tutta la sua carriera. La scelta di una pittura/scultura antirappresentativa, paradossalmente geometrica e (nei primi periodi) cinetica, si inscrive in una filosofia fondamentale all’epoca in cui l’artista creò il suo stile, ovvero la democratizzazione dell’opera d’arte, l’esplorazione di uno spazio comune e coincidente tra opera e mondo. L’esaustiva mostra al Palazzo Reale di Milano ricostruisce con dovizia di particolari tutte le fasi del percorso dell’artista, con un prologo inaspettato dedicato ai Materici di fine Anni Cinquanta, primo passo verso un abbandono completo della forma tradizionale del quadro e della scultura. Il riporto di pezzi di realtà che caratterizza queste opere giovanili si trasforma poi, nelle serie successive, in una volontà di ridisegnare la realtà tramite l’opera d’arte.
Grazia Varisco, Percorsi Contemporanei 1957 2022, Palazzo Reale, Milano, 2022, Veduta della mostra, Courtesy Archivio Varisco, photo Thomas Libis
LE OPERE DI GRAZIA VARISCO IN MOSTRA A MILANO
La “rivoluzione gentile” dell’artista (radicale ma non oltranzista nei toni e dotata di sense of humour) inizia pienamente con le celebri Tavole magnetiche (1959-62), che interpellano lo spettatore chiedendogli di spostare a piacimento le forme geometriche disseminate su un pannello. Gli Schemi luminosi variabili (1962-69) trasformano poi la sala che li ospita in un gigantesco caleidoscopio che diventa totale quando si entra nella Dilatazione spazio-temporale di un percorso, ambiente creato nel 1969 e qui riproposto. Sempre negli Anni Sessanta, cicli di lavori come i Reticoli frangibili e i Mercuriali proseguono l’idea di rendere la visione cinetica e rifrangente, non inerte ma collaborativa. Le Extrapagine, poi, intraprese nel 1973, rendono il libro scultura e la scultura libro, facendo della precarietà uno strumento di espressione plastica. E le “staccionate” del ciclo Between (1973-81) sono una felice sorpresa, in quanto meno conosciute rispetto ad altre opere e dotate di grande freschezza anche viste oggi.
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Grazia Varisco, Percorsi Contemporanei 1957 2022, Palazzo Reale, Milano, 2022, Veduta della mostra, Courtesy Archivio Varisco, photo Thomas Libis
LA MOSTRA DI VARISCO A PALAZZO REALE
A partire dalle Meridiane e dagli Gnom-oni (entrambi intrapresi a metà Anni Settanta), la tendenza si fa sempre più architettonica: l’intersezione tra le geometrie dell’opera e le coordinate del luogo ospitante evoca anche utilizzi aperti e anticonvenzionali dello spazio pubblico. Ciò avviene pure nelle opere dagli Anni Ottanta in poi, periodo nel quale l’inventiva dell’artista continua a nutrirsi di nuove forme ‒ basti citare i cicli Fraktur (1987) e Double (2001), tra i tanti che vengono ampiamente presentati in mostra. E dopo una rigorosa ricostruzione di un’intera carriera, si chiude con un bel fuori programma, due collage “d’occasione” realizzati durante l’isolamento dovuto alla pandemia. Un solo appunto: per quanto ben allestita e capace di valorizzare l’interazione con lo spazio che è propria dei lavori, l’esposizione procura una marcata sensazione di accumulo. È davvero necessario, come spesso accade a Palazzo Reale in occasione delle retrospettive dedicate ai maestri italiani (si pensi alla mostra di Bonalumi del 2018), esporre così tanti esemplari di ogni ciclo?
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Stefano Castelli
Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…