Tutta l’arte pubblica da vedere a Tirana. I 6 progetti curati da Harabel
L’equilibrio precario tra umanità e natura, quello tra potere politico e libertà, il passato e il presente di Tirana: sono alcuni dei temi esplorati dalle opere di arte pubblica installate nella capitale albanese, dalle periferie al centro storico
Quella di Silva Agostini è l’opera che chiude il cerchio di Public Art, progetto voluto dall’associazione non profit Harabel che porta l’arte contemporanea nello spazio pubblico di Tirana, la vivacissima capitale albanese. L’organizzazione, fondata dalla promotrice culturale Ajola Xoxa assieme all’artista Driant Zeneli, opera nella volontà di rendere fruibile e accessibile l’arte a tutti i cittadini, portandola in spazi abitati quotidianamente, dalle piazze periferiche al centro storico passando per i parchi. Uno strumento catalizzatore che unisce interventi urbani e attività didattiche, affiancando la ricerca artistica al coinvolgimento di curatori, architetti, sociologi, editori, scienziati e altri professionisti provenienti da disparati ambiti. Un progetto che ha portato a Tirana opere di artisti del calibro di Adrian Paci e Sislej Xhafa, aprendo la riflessione a temi inerenti la politica, l’umanità, la storia, l’ambiente. Ecco quali sono.
– Giulia Ronchi
ADRIAN PACI, CALLIGRAPHY
“Tirana è la nostra capitale“, “I nostri amati leader vivono a Tirana“, “Tirana sta diventando più bella di giorno in giorno“. Sono queste le frasi scritte a mano e incise su due lastre di bronzo affisse su una panchina di scuola, tratte da un quaderno del 1975. Calligraphy, l’opera realizzata da Adrian Paci nel 2020, riflette sul rapporto tra potere politico e linguaggio come strumento di manipolazione, un codice di stampo patriottico e propagandistico inculcato ai giovani studenti. Un’opera che assume maggior rilievo per la sua collocazione, posta nella piazza di Tirana su cui si affacciano due ministeri, oltre alla cattedrale ortodossa e all’ex Teatro Nazionale.
ALBAN MUJA, ENOUGH IS ENOUGH
Le due sponde del fiume Lana, in una delle zone più frequentate della capitale, sono unite da una scultura in ferro di dimensioni monumentali (della lunghezza di 15 metri per 1,8 di altezza), a formare la scritta “ENOUGH IS ENOUGH”. Si tratta della prima opera del suo genere per l’artista albanese Alban Muja, che si è ispirato alla frase detta dal presidente George Bush nel 2007 durante la sua visita a Tirana: “Ad un certo punto, prima o poi, devi dire basta, il Kosovo è indipendente!”. Enough is Enough porta con sé un riferimento esplicito alla guerra del Kosovo e all’accoglienza fornita ai rifugiati da parte del governo albanese, ma si eleva anche a una visione più universale e umanitaria, al perenne e instabile, scricchiolante, rapporto che intercorre nella storia tra potere e libertà dell’essere umano.
SADIK SPAHIJA, ZÂNI
Si tratta di un’imponente installazione di 16 metri di altezza e lunghezza composta da forme longitudinali in ferro, eppure la sua pesante monumentalità è spezzata da un senso di leggerezza che dialoga con il cielo, con la luce e con l’aria che attraversa i suoi spazi di vuoto. Zâni, l’opera dell’artista Sadik Spahija, prende spunto dall’elemento naturale, dalla foresta, e rappresenta la raffigurazione scultorea di un intreccio di alberi le cui chiome sono mosse dal vento, stagliandosi con i suoi volumi dinamici sullo spettatore. “Zâni non vuole essere quello che non è”, spiega l’artista. “Questo è un lavoro che cerca di trasmettere la pace e l’armonia tra la natura e l’urbano. Non cerca di trasmettere alcun messaggio artisticamente codificato, ma di sottolineare, ancora una volta, che meno è meglio e che la natura ha creato bellezza molto prima di noi, accidentalmente e senza alcun errore”.
SISLEJ XHAFA, BLETA
L’ex discarica di Tirana, collocata in una vasta area alla periferia della città e oggi di proprietà privata, è destinata a diventare in futuro un parco aperto al pubblico, con un percorso di arte pubblica contemporanea. La prima opera di questo progetto è Bleta di Sislej Xhafa, parola che in albanese significa “ape”. L’opera è composta da una cornice rettangolare su cui è tesa una rete, che pare suggerire l’idea di una porta cui guardare attraverso, oppure il riparo momentaneo per un ecosistema fragile.
LUMTURI BLLOSHMI, THE SKULL
È lampante il rapporto tra inquinamento e morte – dell’ecosistema e con esso anche dell’uomo – dell’opera The Skull, realizzata da Lumturi Blloshmi nel 2009 e installata nella sala centrale dell’Universy of Arts di Tirana, dopo aver preso parte a Manifesta 14 in Kosovo. Riprendendo il tema del teschio come filo conduttore della tradizione che passa attraverso la storia dell’arte (oltre ad essere esplicito omaggio al lavoro analogo di Damien Hirst), l’artista realizza un’opera in resina sulla cui superficie sono attaccate centinaia di mozziconi di sigaretta.
SILVA AGOSTINI, THREE TIMES BLACK
I tre parallelepipedi di Silva Agostini – che possono evocare una casa, o un rifugio – vengono esposti alle intemperie, all’umidità, al cambio di temperature e agli agenti atmosferici. Il risultato è una serie di tracce che si formano sulla superficie e vengono considerate dall’artista al pari di immagini pittoriche. Three Times Black riflette sul mutamento dello stato di resti architettonici che vengono esposti alle variazioni della natura, sulla memoria impressa sulla loro parte esterna e sulla dicotomia tra civiltà e natura in un momento di crisi ambientale e globale.
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