Nuovi mecenati dell’arte. La cantina Feudi di San Gregorio in Irpinia
L’azienda ripensata come cantina d’autore nel 2004, ha avviato da qualche anno un progetto di mecenatismo che ha portato alla realizzazione di diverse opere d'arte. Ora è il turno dell’artista romano Pietro Ruffo, aspettando i Fallen Fruit
È al cospetto degli scatti potenti che Mimmo Jodice ha dedicato ai vigneti irpini secolari della cantina Feudi di San Gregorio che si rintraccia l’embrione di un progetto avviato nel 2014 in collaborazione con la Fondazione di Comunità San Gennaro, per esplorare il ruolo dell’arte come valore generativo della comunità. La serie di foto in bianco e nero oggi esposte nella lobby della storica (ma modernissima) azienda vinicola di Sorbo Serpico (Avellino) sono il frutto della prima residenza d’artista promossa da Antonio Capaldo, Presidente di Feudi di San Gregorio dal 2009, e sua moglie, vera promotrice della collezione d’arte che la cantina ha riunito negli anni proprio a partire dall’impulso della fondazione napoletana guidata da Padre Antonio Loffredo, figura essenziale nella rinascita di quel Rione Sanità di cui, nel ruolo di parroco illuminato, ha guidato il riscatto sociale puntando sulla valorizzazione del patrimonio storico artistico e del capitale umano.
FEUDI DI SAN GREGORIO E L’ARTE. LE ORIGINI DEL PROGETTO
Con l’idea di sostenere economicamente le attività della fondazione, di cui Mimmo Jodice – “figlio” del Rione Sanità – è presidente onorario, Feudi di San Gregorio ha infatti avviato il progetto Etichette d’artista, esito ultimo del coinvolgimento dei fotografi, pittori e designer chiamati a realizzare le proprie opere site specific in cantina, per poi trasformarle in etichette in edizione limitata (il ricavato della vendita delle bottiglie è devoluto interamente alla causa). Anche su queste basi poggiano i riconoscimenti di società benefit e B corp ottenuti dall’azienda tra il 2021 e il ‘22. Il mecenatismo artistico della proprietà si nutre di questo approccio e alimenta a propria volta l’impegno a preservare la bellezza del territorio – evidente facendo un giro in cantina, negli spazi ripensati nel 2004 dall’architetto Hikaru Mori e dai designer Massimo e Lella Vignelli, e negli oltre trecento ettari di vigne che tutelano la biodiversità locale – e le tradizioni della comunità rurale che lo abita. L’intervento artistico, in questo sistema, può generare nuovi codici di linguaggio e interpretazione della cultura del vino. E contribuire a fare della tenuta – aperta anche all’ospitalità, con il ristorante Marennà e le camere per gli ospiti destinate presto ad aumentare – un laboratorio di idee e un luogo di confronto. Con la spontaneità che ha guidato finora la selezione e l’arrivo degli artisti accolti in contrada San Gregorio, dove il sud che non ti aspetti si manifesta in paesaggi d’un verde intenso e condizioni climatiche tutt’altro che miti (la pioggia qui cade in media per 200 giorni l’anno, ed è la fortuna della viticoltura locale).
DA MIMMO JODICE A MARINELLA SENATORE. GLI ARTISTI IN CANTINA
Jodice, dicevamo, ha dato inizio alle danze nel 2014: “Avevo ammirato le sue foto degli uliveti del Beneventano in mostra al Palazzo delle Esposizioni di Roma, pensai di proporgli un progetto analogo incentrato sui nostri vigneti. Non è stato semplice convincerlo, considerava chiusa la sua parentesi di lavori su committenza per aziende, c’è voluto un lungo carteggio epistolare”, ricorda Capaldo. “Ma quando è arrivato qui ha finito per appassionarsi all’idea, è rimasto con noi quasi un mese. E così è stato con gli artisti venuti dopo di lui: noi lasciamo massima libertà espressiva, sulla creatività e sulla scelta dello spazio. Il mondo del vino è legato a una dimensione temporale di imprevedibilità, pazienza, scoperta che stimola la sensibilità artistica. È un terreno storico, ancestrale, naturale. Sono convinto che se avessimo dato agli artisti un brief imposto non avremmo ottenuto lavori così aderenti al nostro DNA, come invece finora è stato”.
Della residenza di Marinella Senatore, che per la cantina nel 2018 ha realizzato una serie di acquerelli, Capaldo ricorda la curiosità: “Un giorno la trovammo sdraiata sotto a un grande serbatoio in acciaio, lo stava fotografando dal basso, per ricavarne degli spunti”. Prima era stata la volta del duo Vedovamazzei (2016), analogamente alle prese con un progetto pittorico.
IL CANTO DELLA TERRA DI PIETRO RUFFO
L’autunno 2022 segna l’arrivo di un nuovo protagonista, Pietro Ruffo (Roma, 1978), artista legato alla scuola del Pastificio Cerere, che con Il canto della terra – pittura a terzo fuoco su ceramica – si cimenta con la terracotta istoriata, affiancando questa tecnica al prolifico portfolio di minuziosi disegni su carta a penna Bic. Anche arrivando in Irpinia, Ruffo si è speso molto in disegni che immortalassero la vita della comunità di Feudi di San Gregorio, in vigna e cantina. Ne resta traccia in venti fogli, parte dei quali esposti negli ambienti interni della struttura. Stavolta, però, i disegni ‒ scene di paesaggio e, soprattutto, ritratti – hanno dato origine al ciclo rappresentato sulla pancia dell’imponente anfora smaltata che ora campeggia all’ingresso della cantina, nell’anfiteatro all’aperto che accoglie chi visita l’azienda. “Visitando la cantina, mi hanno colpito, in un angolo, 5 grandi anfore per la vinificazione”, spiega Ruffo a proposito della genesi dell’opera. “Il vaso è già nell’antichità classica un oggetto che racconta storie, la cartolina di una civiltà. Inoltre permette di lavorare su uno sviluppo narrativo ciclico, come una colonna coclide: mi ha affascinato questa possibilità, funzionale a restituire un ritratto di famiglia dell’azienda, dalle vite secolari alla bottiglia finale”. Ruffo ha seguito personalmente anche il disegno e la realizzazione dell’anfora – che in fase finale ha richiesto una cottura a 500° C per una settimana, per la smaltatura che ha fissato i disegni in rosso vino, su fondo bianco – nella fornace Manetti Gusmano all’Impruneta. Ma l’artista romano firma anche l’etichetta in edizione limitata per la Fondazione San Gennaro che quest’anno identifica 1.998 esemplari di DUBL +, il metodo classico a base Greco di Feudi di San Gregorio. Il tema si lega alla serie CONSTELLATIONS – acquerello e intagli su carta intelata – in cui Ruffo indaga i temi della storia universale attraverso un lavoro sulle carte geografiche avviato da tempo.
WORK IN PROGRESS. LA RESIDENZA DEI FALLEN FRUIT
Solo il prossimo anno, invece, sarà svelato l’ennesimo progetto site specific promosso dalla cantina irpina, con l’idea di valorizzare una palazzina già adibita a uffici, che diventerà invece foresteria per gli ospiti, con vista sui vigneti. Per decorare le pareti esterne dell’edificio è già al lavoro, in queste settimane, il duo californiano Fallen Fruit (al secolo Austin Young e David Allen Burns), prima incursione nell’arte internazionale di Feudi di San Gregorio. Con il consueto approccio colorato e barocco al tema naturale (in Italia ne hanno già dato prova all’orto botanico di Palermo, mentre ancora per qualche mese si apprezza l’intervento al Chiostro del Bramante di Roma, in occasione della mostra Crazy), i Fallen Fruit svilupperanno un progetto grafico su Bacco e gli orti della tenuta, per la prima volta facendo a meno della carta da parati (siamo in esterno, quindi si lavora con la pittura spray). Inaugurazione nella primavera 2023.
‒ Livia Montagnoli
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