Germano Celant: da Milano a Napoli le istituzioni italiane ricordano il grande critico e curatore
Chi era Germano Celant? Un programma di incontri itineranti in tutta Italia e questo ricordo di Alessandra Mammì raccontano il grande curatore morto per Covid nel 2020. Il calcio di inizio è stato dato alla Accademia di San Luca a Roma, lo scorso 13 settembre
Chi è stato, cosa ha rappresentato e cosa ci ha lasciato Germano Celant? É la domanda delle domande che Marco Tirelli, vicepresidente dell’Accademia di San Luca, rivolge a pubblico e relatori all’inizio di un percorso dal titolo “Cronistoria di un critico militante” che dopo molti incontri, giornate di studi, resoconti e ricordi personali dovrebbe portarci a una risposta.
CHI ERA GERMANO CELANT
E sebbene io stessa abbia conosciuto e frequentato per molti anni Celant, ora seduta nella sala della storica Accademia pesantemente drappeggiata di rosso e funestata da un caldo afoso, mi sembra di non saper assolutamente rispondere. La foto scelta per consacrare l’iniziativa, proiettata dietro il tavolo dei relatori non aiuta. È un ritratto di critico da manuale: un Celant pensoso in bianco e nero con sguardo fermo verso l’infinito e il futuro. Ma in quel ritratto c’è tutto lui? O ci arriverà un altro volto all’esaurirsi del fitto calendario scelto per ripercorrerne vita e opere? Una giornata di studi dopo l’altra per lavorare “come intagliatori su un diamante grezzo e arrivare alla fine a vedere la luce e la purezza della pietra” ha metaforicamente descritto l’operazione il presidente Paolo Icaro. Format nuovo, molto celantiano, proposto non a caso da due artisti (Tirelli e Icaro) uniti nel voler restituire un ruolo centrale a questa Accademia, fondata a metà del Cinquecento da Federico Zuccari per rivendicare all’artista un posto diverso e più nobile di quello di un artigiano e che ora in tempi di egemonia del mercato e di un’arte trattata come prodotto più che pensiero, è bene risvegli il suo sopito spirito. È da qui, infatti, che parte la proposta di questa Cronistoria in quanto per una figura “larger than life”, come Celant non bastava una mostra o un convegno: era necessario un pellegrinaggio e un tempo lungo. Ci sono tutti e due nel programma.
IL PROGRAMMA DI INCONTRI SULLA FIGURA DI GERMANO CELANT
Nove appuntamenti, che forse cresceranno, da qui al 20 aprile quando l’ultima pennellata al corale ritratto sarà data da una impetuosa, conclusiva “lectio magistralis” di Salvatore Settis. Nove stazioni sparse sull’intero paese, da Milano a Napoli, da Prato a Venezia, da Roma a Torino. Nove istituzioni dove lui ha lasciato il segno dalla Fondazione Prada (in primis) al MAXXI, dalla Triennale al Madre, dal Pecci a Rivoli… Dunque, per tornare alla domanda con cui Tirelli apre il dibattito e provoca i relatori, le risposte già da questa prima giornata esplodono in ogni direzione. Chi era Celant? Quel complesso e completo critico militante che segue la sua vocazione come lo descrive Antonella Soldaini (qui a rappresentare lo Studio Celant) in un tentativo di sintesi della sua carriera che occuperà almeno venti minuti solo per una asciutta descrizione. Un giovane che si inventava la vita giocando a biliardo da professionista nella Genova dei primi anni Sessanta? Come lo ricorda Paolo Icaro tornando con la mente al baretto dove si capisce che l’attuale Presidente deve essere stato battuto a boccette parecchie volte: “Vinceva sempre non solo perché era abile nel convincere lo sfidante a puntare un po’ di palanche ma perché governava la pallina con geometrie perfette e imprevedibili. Vinceva la bellezza di quella geometria”, conclude lirico. Oppure è il Celant cresciuto, uomo di potere e di prestigio che al primo incontro intimidisce Chiara Costa, allora giovane ufficio stampa della Fondazione Prada. E anche nei miei ricordi riemerge quella figura che metteva in soggezione per lo sguardo impenetrabile, il total black degli abiti illuminati da anelli metallici, l’aspetto severo da guerriero più che il guerrigliero dell’Arte Povera degli esordi. Era la sua armatura. Quella che si costruiscono i timidi (e conoscendolo meglio ho sempre avuto il sospetto che in fondo lui lo fosse). Ma durava poco quell’immagine se l’interlocutore lo interessava, perché a quel punto diventava curioso, empatico e partivano tantissime domande e profonde risate.
CELANT ALLA FONDAZIONE PRADA
Lo dice anche Chiara Costa, che ora della Fondazione Prada è responsabile della programmazione, quando racconta come deve alla sua attenta guida una formazione costruita passo dopo passo dal dipartimento comunicazione a quello editoriale fino alla produzione delle mostre. Il vasto territorio Celantiano. Libri, mostre, cataloghi generali, archiviazione, rubriche sul giornale (il mio, il nostro vecchio “Espresso” dove Germano parlava d’arte, Bruno Zevi scriveva di architettura e Umberto Eco aveva la sua “Bustina di Minerva”). L’immagine che mi colpisce arriva da Luca Massimo Barbero: “Caro Tirelli nel chiedere chi era Celant, tu non hai fatto una sola domanda, ne hai fatte almeno otto: e pretendere un’unica risposta è come chiederci di cuocere un uovo su un Vulcano”. La frase non è sua. È una citazione di Arturo Martini, avverte, ma la metafora è perfetta. Barbero ammette di non averlo conosciuto a fondo ma di esserne stato a fondo contaminato: per questo forse arriva subito al punto o a uno dei fondamentali punti del Celant universo. Il suo rapporto con il passato che non è rapporto con la Storia, se per storia s’intende un romanzo già scritto. Il passato per Celant era un magma da attivare, da rileggere da rivoltare se necessario con lo sguardo del presente. Mai per attualizzarlo e piegarlo al gusto corrente, avverte Barbero. Tutt’altro anzi, il passato era proprio quello che doveva mettere in discussione il gusto corrente. Lui tratta il passato “come culla e non come tomba” e mentre il direttore della Fondazione Cini parla, il ricordo va a mostre come Futuro, presente passato alla Biennale del ’97; la genovese Arte e architettura; Arts &Food. Rituali dal 1851 alla Triennale di Milano del 2015… e le tante ricognizioni nelle varie sedi della Fondazione Prada che portano all’ultima coraggiosa quasi impossibile impresa di ricostruzione di un universo Post Zang Tumb Tuum. Arte Vita e politica Italia 1918-1943. Molto più che una mostra: un progetto seminale in tutti i suoi aspetti dall’ideazione all’allestimento. Così, si arriva a pensare ben fece il giovane Germano a non chiudersi in studi accademici ma a scegliere di discutere con gli artisti, attraversare il mondo partendo dal presente e dalla visione del futuro e persino a giocare a boccette con Paolo Icaro discutendo di geometria delle palline. E anche se forse, in qualche angolo della sua mente, il non esser chiamato dottore può aver preso la forma di un rimpianto, in realtà è stata la sua/nostra fortuna. Il desiderio di conoscenza unito alla libertà di pensiero e al nutrimento che l’arte e la ricerca offrivano nei tumultuosi anni della sua formazione gli han regalato uno sguardo sul passato che pochi avrebbero potuto osare. È forse per questa spericolatezza che sentiva così forte il bisogno di appoggiarsi ai fatti, alle cronache, ai dati, alle certezze di un archivio e di un’archiviazione. Lo chiamavano “il notaio” con punta acida alcuni ambienti romani negli anni Settanta. Ma per far le rivoluzioni forse un bravo notaio ci vuole. Lui lo è stato. E di notai rivoluzionari ne nascono pochi in un secolo.
– Alessandra Mammì
Il programma:
13 settembre 2022, Accademia Nazionale di San Luca, Germano Celant in prospettiva
28 settembre 2022, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, L’attività di Germano Celant in rapporto alla genesi e agli sviluppi dell’Arte povera a Torino
6 ottobre 2022, Triennale di Milano, Allestimenti delle mostre metodologia espositiva nella pratica curatoriale di Germano Celant
27 ottobre 2022, Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee – Museo Madre, L’attività critica di Germano Celant e le sue incursioni nel territorio campano
15 novembre 2022, MAXXI, Germano Celant in dialogo con il linguaggio architettonico
3 dicembre 2022, Fondazione Prada, Il metodo espositivo di Germano Celant alla Fondazione Prada: dalle mostre a carattere monografico all’interdisciplinarità dei linguaggi nei progetti tematici
febbraio 2023, Centro Pecci, La scrittura editoriale di Germano Celant e i legami con il suo archivio
2 marzo 2023, Fondazione Cini, L’attività e il rapporto di Germano Celant con le istituzioni veneziane
Le Giornate di Studio si concluderanno il 20 aprile 2023 con una lectio magistralis di Salvatore Settis presso l’Accademia Nazionale di San Luca a Roma.
Le Giornate tematiche di studio sono aperte al pubblico
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