Lingua, memoria e cultura nella mostra di Flora Deborah a Roma
Cosa sono le lingue se non semi da cui fioriscono culture, modi di pensare e approcciare la vita? La mostra dell'artista franco-israeliana Flora Deborah da Gaggenau a Roma riflette sul background culturale-linguistico e su come influisca sulle relazioni umane
Flora Deborah è un’artista franco-israeliana, nata a Evian, cresciuta a Milano e attualmente basata a Tel Aviv. La sua mostra Semi offre l’occasione per un dibattito che, in questi tempi di barriere e nazionalismi, lascia spazio alla bellezza dell’alterità, dell’ibridismo, del fertile incontro. Perché le radici sono essenziali e possono creare innesti inattesi.
L’artista propone a tutti i suoi familiari di mandarle via posta una pietra proveniente dai luoghi in cui abitano. Rivolge la proposta anche ai visitatori che varcano la soglia di Gaggenau, invitandoli a lasciare un sasso in una ciotola. Secondo la tradizione ebraica, sulla tomba non vengono lasciati fiori, bensì pietre.
LA LINGUA SECONDO FLORA DEBORAH
L’artista giunge in Israele nel 2016 e visita i luoghi dove i suoi genitori si sono incontrati, come il Kibbutz Baram. Da qui nasce una videoinstallazione scava e manipola la terra cruda. L’artista conserva la pelle morta staccatasi dai piedi dopo l’azione e la dispone componendo la silhouette stilizzata della casa. Ciò enfatizza l’umiltà dell’essere umano che si ricongiunge in maniera spontanea con la natura, ma anche la dignità del suo corpo, che non ha paura di fiaccarsi. Realizza poi un albero genealogico composto di calchi di lingue. La lingua è rappresentata in qualità di organo ma, per estensione, allude al complesso di parole e locuzioni con cui un popolo si esprime. La sua famiglia si caratterizza infatti per un profluvio di idiomi e provenienze: si parla turco (sua madre), francese (suo padre), yiddish (nonna paterna), spagnolo (nonno paterno), giudeo-spagnolo (nonni materni). La nonna, che vive a Milano, viene ripresa nel video Ojo Burakado mentre opera rituali antichi: getta acqua e sale quando un ospite la viene a trovare o brucia sassi all’interno di una padella per allontanare il malocchio. Con la sparizione dei testimoni, rischia di venire meno il patrimonio linguistico che essi veicolano, come il giudaico-spagnolo, che potrebbe diventare “lingua morta”.
LA MOSTRA DI FLORA DEBORAH A ROMA
Per l’opera Kiss Me, I‘m French Flora Deborah chiede ai visitatori di mangiare cioccolata fondente che, grazie a uno stampo in silicone, è stata modellata nella foggia della sua lingua. La lingua custodisce il pensiero, fa germogliare scambi e comunicazione. Nutrirsi metaforicamente della lingua dell’artista è un atto che permette di creare un ponte. In ultimo, cosa rappresentano i piedi-civetta di Lilith? Figura mitologica antichissima (risale al III millennio a.C.), secondo la tradizione ebraica sarebbe stata la prima moglie, ribelle e indomita, di Adamo. Un demone notturno associato ad adulterio, stregoneria, lussuria. Assunse il ruolo di vessillo durante l’emancipazione femminile di fine Ottocento. Compare in diverse culture: la Coga sarda, creatura misteriosa frutto delle credenze popolari, si intrufolava nelle case per uccidere i neonati maschi. I piedi di Lilith vogliono tuttavia essere un’esortazione a “mettersi nelle sue scarpe”, per assumersi il coraggio dell’autodeterminazione, combattere i pregiudizi con intelligenza ed empatia prima di condannare al rogo le ombre dell’ignoto.
Giorgia Basili
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