La mostra più provocatoria di Richard Serra fu a Roma. Da rivivere oggi al Macro
Piccola rassegna molto importante al MACRO. Una ricostruzione fotografica della prima mostra personale di Richard Serra alla galleria La Salita nel 1966
Richard Serra: Animal habitats live and stuffed… Roma, La Salita, 1966, fin dal titolo, documenta in maniera didascalica, attraverso materiale d’archivio e relative testimonianze, una mostra che il gallerista Gian Tomaso Liverani promosse strenuamente come “la libertà di esprimere il proprio pensiero con qualunque mezzo si ritenga più idoneo”. Era il 1966 quando nella Capitale, centro nevralgico di un fermento artistico internazionale, un emergente Richard Serra (San Francisco, 1939) destò non poco clamore e accese polemiche, finite anche sulle pagine del Time, per l’esposizione di animali vivi. Oggi Animal habitats live and stuffed scatenerebbe, legittimamente, l’ira degli attivisti per i loro diritti, eppure la sua “provocazione zoologica” aprì la strada a Kounellis e Pascali, rappresentando una pagina cruciale per l’arte italiana del Novecento.
GABBIE E SCULTURA SECONDO SERRA
Tuttavia il focus monografico in bianco e nero proposto oggi al MACRO di Roma in parte disattende l’intemperante spirito delle inconsuete ricerche zoologiche e tassidermiche dello scultore americano ‒ Leone d’oro alla carriera della Biennale di Venezia del 2001‒ realizzate in collaborazione con la moglie Nancy Graves. Un’operazione artistica più che un’esposizione, che, contaminando l’idea delle Wunderkammer settecentesche con l’immaginario dei rigattieri locali, presso la galleria La Salita ostentava una serie di gabbie con animali vivi o impagliati, accostate ad assemblaggi di vari oggetti, affastellati e reificati in una sorta di minimalismo simulacrale.
Ricorrendo a materiali non artistici, Serra tentava di stabilire una nuova sensibilità scultorea, che, nella messa in discussione della sua stessa formazione, invocava una rinnovata immediatezza percettiva.
La contestazione dei medium tradizionali e del linguaggio formale precedente includeva anche il ricorso al ripetitivo gesto quotidiano di nutrire quegli animali, evidenziando un’evoluzione processuale e performativa dell’arte, insolita per la sua poetica espressiva ma non per altri artisti a lui contemporanei. In tal senso, la stessa concezione delle gabbie può considerarsi un’estensione della scultura in senso stretto, che, in un’accumulazione razionalizzata e serializzata, ammiccava già a una fenomenologia minimalista.
LA MOSTRA DI RICHARD SERRA A ROMA
Si tratta, dunque, di una mostra fondamentale per il percorso artistico di Serra, che nel baluginio del suo amarcord rimarca, sia in termini culturali che autobiografici, un legame diretto con l’Italia e in generale con l’Europa: infatti fu la visione di Las Meninas di Velázquez al Museo del Prado a farlo riflettere sull’illusione e la rappresentazione in termini spaziali; così come la sua permanenza a Firenze (1965-66), dove s’interessò alla storia dei giardini zoologici, fu d’ispirazione per Animal habitats live and stuffed quanto per la sua reiterata analisi sul confine tra naturale e artificiale.
‒ Rossella Della Vecchia
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati