I mondi dei disegni di Paul Klee in mostra a Lugano

70 opere provenienti da una collezione-gioiello: è quanto aspettarsi dalla mostra che il MASI a Lugano dedica all’universo di Paul Klee. Fra disegni, incisioni e acquerelli

La grandezza di Paul Klee (Münchenbuchsee, 1879 – Muralto, 1940), e di pochi altri artisti come lui, sta nell’avere ricodificato il mondo secondo un alfabeto personale ma credibile, in qualche modo oggettivo. Il suo segno è sì libero al massimo grado, ma allo stesso tempo risponde a un sistema completo e determinato, che trascrive la realtà ‒ trasfigurandola senza per questo tradirla né scadere nel lirismo o nell’onirismo.
Una dimostrazione efficace di tutto questo si trova nella mostra che il MASI dedica al grande artista attingendo da una sola, preziosa collezione: quella di Jorge Helft, nato nel 1934 e protagonista di una vita vissuta sotto il segno dell’arte, e della moglie Sylvie, musicista sposata nel 2002. In mostra, settanta esemplari tra disegni, acquerelli e incisioni offrono una coinvolgente immersione nell’universo sui generis creato da Klee.
Filone numericamente massiccio e per niente minore, il disegno è parte fondamentale della sua produzione e influenza anche le opere realizzate con altre tecniche. Le sue composizioni su carta, che hanno la leggerezza e la nobile disinvoltura degli appunti, sono in realtà mondi compiuti e definitivi, condensazioni di piani spaziali e temporali, di descrizione razionale e di alterazione anarchica delle coordinate abituali. L’ampiezza della raccolta dei coniugi Helft, che non si concentra solo su Klee ma trova in lui uno dei suoi punti forti, consente una lettura complessiva della sua parabola creativa, dal 1914 alla prematura scomparsa. L’allestimento, ben studiato dalle curatrici Francesca Bernasconi e Arianna Quaglio, chiama a una lettura intima dell’opera, riunendo tutti i lavori in un’unica stanza che è fitta ma ariosa – come la poetica che contiene.

Paul Klee, Metamorfosi interrotta, 1939. Gessetto su carta su cartone. Collezione privata. Photo © Nicolas Borel

Paul Klee, Metamorfosi interrotta, 1939. Gessetto su carta su cartone. Collezione privata. Photo © Nicolas Borel

I TEMI DELLA MOSTRA DI KLEE A LUGANO

La suddivisione tematica è rigorosa ma elastica, con poca soluzione di continuità, tanto da far cogliere al primo sguardo come il progetto di Klee non sia episodico ma “totale” sin dall’inizio ‒ e coerente anche quando, negli ultimi anni, la malattia rivoluziona il mondo personale dell’artista. Sfilano via via e si intersecano, dunque, le sette sezioni dedicate al tema della natura (descritto come un regno ambiguo, accogliente eppure insidioso), al periodo tra le due guerre (con esperienze decisive come quella del Bauhaus), alla figura umana e animale (l’idea di ibrido e di metamorfosi è qui all’ordine del giorno), agli spunti narrativi (accennati, aleatori ma suggestivi e stimolanti), alle arti performative (esplorate da Klee a livello “filosofico”, oltre che concreto), al periodo ultimo e alle pubblicazioni d’artista (qui compaiono anche creazioni di altri artisti dello stesso periodo).
Non esistono generi, né categorie, nei fogli di Klee. Una figura come La strega con il pettine (1922), ad esempio, è assieme ritratto, caricatura, astrazione parziale di figura, disegno veloce eppure maestoso e ragionato, definitivo. La geometria del corpo risente di quella del mondo e allo stesso tempo la influenza: lo stesso avviene anche in un’opera coeva come Giochi d’acqua (sempre del 1922) e, in modo diverso, in un acquerello come Esperienza crudele del 1933. Qui la temperatura emotiva della situazione accennata risiede nella forma stessa delle linee, nelle direttrici esili eppure assolute del segno.

Paul Klee, Spiriti del teatro, 1939. Acquerello su carta su cartone. Collezione privata. Photo © Nicolas Borel

Paul Klee, Spiriti del teatro, 1939. Acquerello su carta su cartone. Collezione privata. Photo © Nicolas Borel

KLEE AL LAC DI LUGANO: PROSPETTIVE IBRIDE

L’altra stanza dei fantasmi (1925), una delle opere più rappresentative dell’intera mostra, vive dal canto suo di una compenetrazione totale di aspetti psicologici e concreti, di simbolo e presenza effettiva, di prospettive credibili e mentali. Illustrazione, del 1928, è un ottimo esempio di come il “ricamo” del segno dell’artista non punti al realismo ma, anzi, produca accenni di metamorfosi nelle fattezze dei personaggi che sono umani e mostruosi, animali e “minerali” (tutto il vivente si manifesta in Klee senza soluzione di continuità, nella sua dimensione innata e in quella sociale). In un lavoro come Cattiva mami, del 1939, si evidenzia poi come negli ultimi anni la struttura dell’universo delineato dall’artista sia ancor più paradossale e radicale, regolata da un rimescolamento delle direttrici spaziali che corrisponde anche a una libertà assoluta e definitiva.
Sono solo alcuni esempi di una mostra non facilmente raccontabile, perché ogni foglio apre prospettive che meriterebbero un’esperienza prolungata e attenta, impegnativa anche dal punto di vista ottico ‒ non solo per le dimensioni ridotte delle opere ma anche perché l’eloquenza di Klee gioca in sottrazione, in negativo, in controluce. Qualsiasi spunto è per lui utile a una trasfigurazione dell’esistente, dal corpo (umano e animale) al paesaggio, dall’orografia alla musica e al teatro: una lettura del mondo utopica al massimo grado ma capace di spazzare via qualunque scetticismo grazie alla massima coerenza interna. Perché la stilizzazione non riassume l’esistente ma lo amplifica, lo incarna, gli restituisce complessità e profondità.

Paul Klee. La collezione Sylvie e Jorge Helft, exhibition view at MASI Lugano. Photo Luca Meneghel

Paul Klee. La collezione Sylvie e Jorge Helft, exhibition view at MASI Lugano. Photo Luca Meneghel

IL SENSE OF HUMOUR DI KLEE

Quel che continua a sorprendere in un progetto così ambizioso come quello di Klee, anche a distanza di decenni, è il fine sense of humour che contraddistingue le sue opere – caratteristica particolarmente evidente nei fogli esposti al MASI. L’estrema capacità di sintesi strappa un sorriso perché dà vita al paradosso di un mondo intero riassunto in pochi tratti; la consapevolezza amara e divertita della vanità delle ambizioni umane impregna di sé ogni tratto; la capacità di giocare contemporaneamente con codici alti e bassi fa il resto. E l’ironica sintesi permane e diventa in un certo senso “eroica” nell’ultimo periodo, quando Klee affronta il proprio decadimento fisico e le sue opere diventano ancor più crude, quasi primitiviste, ma non smentiscono la volontà di farsi beffe della solennità del mondo aprendo altre prospettive, più nascoste e più vere.

Paul Klee. La collezione Sylvie e Jorge Helft, exhibition view at MASI Lugano. Photo Luca Meneghel

Paul Klee. La collezione Sylvie e Jorge Helft, exhibition view at MASI Lugano. Photo Luca Meneghel

LA REALTÀ SECONDO KLEE

L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è” è la citazione più ricorrente di Klee. Una mostra come quella di Lugano dimostra ancora una volta come ciò non vada inteso in senso spiritualista né trascendentale, né tantomeno poetico-lirico. Riscrivere la realtà significa per Klee rivelarla senza mascherarne nemmeno gli aspetti grotteschi, tragici, insensati. La sua è un’opera che è ancorata nello spirito della sua epoca (dunque per niente impolitica), e allo stesso tempo lo trascende – motivo per cui ci parla ancora oggi con un’intensità che pochissimi altri nomi del Novecento possono vantare.
Con la mostra di Klee il MASI conferma la validità delle sue proposte, di alto livello ma dal taglio non scontato. Da non perdere è anche la mostra sulle Poesie industriali di Marcel Broodthaers allestita fino all’11 novembre, così come la retrospettiva di Pietro Roccasalva nell’adiacente Collezione Olgiati fino al 18 dicembre.

Stefano Castelli

Articolo pubblicato su Grandi Mostre #30

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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