L’arte controversa di Mario Sironi in mostra ad Abano Terme
Si ripercorre la carriera artistica di Sironi attraverso 80 opere provenienti da collezioni private. Un viaggio tra illustrazione, manifesti, bozzetti e le migliori prove di pittura in cui si intrecciano i riferimenti al Novecento italiano
Sono circa 30 le collezioni private da cui provengono le opere di Mario Sironi (Sassari, 1885 – Milano, 1961) esposte al Museo Villa Bassi di Abano Terme. Ce lo rivela Alan Serri, che di recente ha ereditato dal padre Ertemio la gestione della Galleria 56 di Bologna, una realtà che da decenni è punto di riferimento per le opere del pittore. Il progetto era già nell’aria prima dello scoppio della pandemia e, finalmente concretizzato, ha caratteristiche assai interessanti, sia perché espone dipinti e lavori su carta che non uscivano dai loro caveau o dalle abitazioni dei collezionisti da svariati decenni, sia perché l’itinerario antologico si pone come un’ulteriore tappa della rivalutazione di un artista tanto discusso quanto tormentato. Come è ben noto, la sua vicenda lo ha portato a essere uno degli artisti prediletti durante il Ventennio fascista, mentre dopo la caduta del regime lo ha visto precipitare in una condizione di emarginazione dolorosa, a cui si sono aggiunti gravi fatti privati che purtuttavia non hanno mai allontanato Sironi dalla pittura.
LO STILE E LA VICENDA DI MARIO SIRONI
Mario Sironi aveva 15 anni quando dipinse un delizioso paesaggio dai toni accesi, opera che introduce i visitatori fra i primi lavori dell’artista nato a Sassari, cresciuto a Roma e trasferitosi a Milano nel 1929: le prove più antiche esposte nel seminterrato di Villa Bassi sono perlopiù su carta, dai disegni, spesso potentemente satirici, destinati a diventare illustrazioni per riviste d’epoca come Il Popolo d’Italia, ai bozzetti e ai manifesti sia pubblici sia realizzati per la Fiat, azienda per la quale Sironi lavorava. Già si delinea in questi esiti giovanili il suo stile monumentale che si affianca a un’attrazione – allora assai trendy – per la velocità, per il movimento, per l’industrializzazione e per i paesaggi urbani dai toni cupi.
Sono i rapporti con il Novecento italiano – dal Futurismo al Cubismo, alla Metafisica e oltre – quelli che risaltano nelle opere disseminate tra le sale affrescate del piano nobile della villa. E non ci sono peraltro solo gli echi del secolo breve: le figure sintetiche, decisamente primitive, affondano le loro radici nella tradizione italiana del Quattrocento, ma a ben guardare si potrebbero rintracciare le loro origini anche nell’arte etrusca. Se gran parte dei lavori hanno un carattere “privato”, non mancano le testimonianze dell’attività pubblica di Sironi. Di particolare rilievo il grande cartone per la decorazione murale realizzata tra il 1935 e il 1936 in un’aula di Ca’ Foscari a Venezia e del bozzetto preparatorio per la stessa opera monumentale: un’occasione preziosa, peraltro, per stipulare una partnership tra la sede museale di Abano e l’università veneziana. E non si può non notare, come sottolinea anche la curatrice Chiara Marangoni, la predilezione di Sironi per la tecnica della tempera: pur essendo meno “luminosa” rispetto all’olio, gli garantiva un’estrema velocità d’esecuzione, fattore non di poco conto per un pittore così richiesto dalla committenza di regime.
LE ULTIME OPERE DI MARIO SIRONI
La sezione allestita al piano superiore di Villa Bassi è l’orgoglio degli organizzatori della mostra. Qui infatti sono radunate le opere degli ultimi anni di vita di Sironi, quelle a cui spesso non si presta grande attenzione. E in effetti non mancano le sorprese: deluso e amareggiato, solo ed emarginato, l’anziano pittore accende i suoi quadri con tocchi di colore acceso. Compaiono campiture blu, rosse, gialle, mentre le composizioni si strutturano su una griglia che evoca le ricerche di Massimo Campigli. E man mano le forme perdono la loro riconoscibilità, avvicinandosi sempre più alle tendenze informali che proprio nei tardi Anni Cinquanta si affacciavano clamorosamente sullo scenario artistico, a testimonianza di un legame ininterrotto tra il pittore e il suo tempo. “Adoro il bello che mi offre l’arte e la natura: non credo ad altro”, scriveva Sironi in una lettera del 1903. E a quel suo credo profondo rimase fedele, fino alla fine.
Marta Santacatterina
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