Dieci filosofe trasformate in icone bizantine. Filippo Riniolo in mostra a Torino
Donna Haraway, Rosa Luxemburg e Judith Butler sono solo alcune delle personalità raffigurate da Filippo Riniolo con una tecnica antica, che si rifà alle icone bizantine ma trasmette un messaggio fortemente attuale
La filosofia è la madre di tutte le discipline, spiega Filippo Riniolo (Milano, 1986) mentre parla delle sue opere negli spazi di Muta Torino. Senza di essa non ci distingueremmo dagli animali. Nonostante la filosofia sia stata una materia esclusivamente maschile nel passato, Riniolo ci mostra dieci filosofe che nel Novecento sono state capisaldi del pensiero contemporaneo grazie al loro attivismo e alla loro forza politica. Da Simone de Beauvoir, autrice de Il secondo sesso, a Naomi Klein, esponente del movimento no Global, da Hannah Arendt a Carla Lonzi, unica italiana presente nel lavoro di Riniolo, le personalità rappresentate diventano la chiave del passato per poter capire al meglio il presente e il contesto storico attuale.
Raffigurate come icone religiose, di queste donne non vediamo il volto, ma sono rese riconoscibili da alcuni tratti caratteristici che restano impressi nel nostro cervello. Come le icone bizantine e ortodosse, non sono i volti a rendere caratteristici i soggetti rappresentati, ma i simboli: se nelle icone San Pietro è riconosciuto dalle chiavi e la Madonna dall’abito blu, allora Angela Davis è riconoscibile dai suoi capelli afro e dal pugno chiuso, Simone Weil da un vestito da lavoro blu e da un fucile e Edith Stein dall’abito monacale.
LA MOSTRA DI FILIPPO RINIOLO DA MUTA TORINO
La tecnica, imparata durante una residenza a Istanbul, è quella delle antiche icone bizantine, perfezionata negli ultimi sette anni, e consiste nell’utilizzo della tempera all’uovo e della foglia d’oro applicata con la pietra d’agata, restituendo l’effetto religioso e antico delle tavole da cui l’artista prende ispirazione e allo stesso tempo contribuendo a far risaltare la stilizzazione delle figure. Anche l’allestimento si rifà al passato: appese in obliquo, le opere riprendono le pale d’altare presenti nelle chiese, assumendo ancora più forza e valore politico. Questo aspetto è enfatizzato maggiormente dall’allestimento delle opere al piano inferiore, dove Donna Haraway, Judith Butler e Rosa Luxemburg sono posizionate in un ambiente che ricorda una cripta antica, in cui raccogliersi in preghiera.
Riniolo ci mostra come fare nostro il passato, apprendendo da esso per poter essere attivi nel presente. Le icone non sono dunque un punto di arrivo di una ricerca pittorica durata anni, ma un punto di inizio per un qualcosa di più grande che riguarda tutti.
Silvia Rossetti
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