Il piccolo grande cuore di Giosetta Fioroni in mostra a La Spezia
Dagli Anni Sessanta ai Duemila: è questo l’arco temporale in cui si inscrivono le opere di Giosetta Fioroni in mostra a La Spezia. Opere che parlano di materia e vita vissuta
“C’era una volta una bambina con sguardo intenso”. La personale di Giosetta Fioroni (Roma, 1932) al CAMeC della Spezia si apre come una fiaba, con le parole dell’artista che, nella sua autobiografia (pubblicata da Corraini nel 2013), ricorda l’origine del proprio nome: la mamma lo sceglie ispirandosi a quello dell’attrice Josette Day, celebre protagonista, poi, del film di Jean Cocteau La Bella e la Bestia. E se il padre è uno scultore, la madre di Giosetta è marionettista e crea per la figlia magnifici spettacoli, con personaggi rivestiti e scenari dipinti da lei stessa. Così “la magia del teatrino si concentrò nel piccolo / grande cuore di Giosetta”, come scrive la Fioroni, e lei divenne l’artista che conosciamo.
Il percorso espositivo che da qui prende il titolo è articolato in quattro grandi sale al primo piano del museo e raggruppa oltre quaranta opere. Dal ciclo degli Argenti, con il Nudo di Rossana (1965) in bella evidenza, emergono molti personaggi cari all’immaginario collettivo, tratti da fotografie proiettate sulle tele e poi sagomati con colori industriali come l’argento. Alle ricerche degli Anni Sessanta e Settanta si susseguono nella seconda sala i lavori degli Anni Ottanta, in maggioranza legati al teatro e, nella terza sala, quelli degli Anni Novanta e Duemila, dove ricorrono anche rimandi al cinema e una maggiore matericità. L’eclettismo virtuoso di Giosetta si spinge fino alle ceramiche tridimensionali, orientate verso il cromatismo più acceso nelle opere che concludono la mostra.
GIOSETTA FIORONI TRA POP ART ROMANA E TEATRINI
I temi dei diversi decenni emergono tutti. L’atmosfera della Scuola di Piazza del Popolo, di cui Giosetta Fioroni è l’unica rappresentante femminile, e la frequentazione del Caffè Rosati con Franco Angeli, Tano Festa, Mario Schifano, Cesare Tacchi, Umberto Bignardi, Mario Ceroli, Jannis Kounellis e Mimmo Rotella si riscontrano proprio negli stilemi – da Pop Art romana – degli Argenti, che attingono anche da immagini della storia dell’arte.
La collaborazione con poeti e scrittori – Giosetta nel 1964 incontra Goffredo Parise, con il quale intreccia una lunga relazione – per libri e opere grafiche e la realizzazione di film segnano le opere successive, sempre più stratificate anche attraverso l’uso del collage e materiali diversi (All about Petote, 1999-2000; “Per chi se non per te io provo amore”, 2008). Le sue radici familiari la portano a esprimersi nei Teatrini, spesso costituiti da scatole di legno con spioncini per interni miniaturizzati, sorta di “giocattoli per adulti”.
LE OPERE DI FIORONI IN MOSTRA A LA SPEZIA
Le letture dei saggi di James Frazer sulla magia e la religione e di Vladimir Propp sulle fiabe, quando negli Anni Settanta Giosetta si trasferisce in Veneto dal suo compagno, danno vita a un immaginario incantato, la cui eco ancora compare, ad esempio, nel dipinto del 2014, che non a caso s’intitola Il ramo d’oro (presente in mostra). Si tratta di un grande varco per un piccolo dettaglio, in basso, quasi fuori campo: una casa. È forse la dimora sul Piave, quella in cui Giosetta trascorre con Parise “i giorni più felici della nostra vita”?
Nel 1993 l’artista si avvicina alla plasticità della ceramica. Con il supporto di Davide Servadei della Bottega Gatti di Faenza riesce a modellare nuove forme, in un’ideale “unione di pittura e scultura”. È questa una delle parti più interessanti della mostra, in cui si ammirano due opere della serie Vestiti, abiti scultorei che stanno in piedi da soli, “iperpittorici”, immaginati indosso a protagoniste dei romanzi ottocenteschi, come quelli di Jane Austen (2006). Le maioliche smaltate appese alle pareti, come La grande casa e la piccola capanna (2006), aprono altri microcosmi, che rimandano inevitabilmente ai Teatrini.
La casa del sogno (2012), invece, colorata a smalto e olio su specchio, richiama le impronte delle mascherine per lo spray di Schifano, le sue stelle e i suoi blu. Sembra quasi che gli Anni Sessanta siano ancora presenti. Sembra, nel ritratto fotografico di Marco Delogu, Senex (2002), posto in un lightbox alla fine del percorso, che Giosetta stessa sia “qui con noi” in mostra. Si avverte nell’aria come lei sia rimasta giovane, mentre continua a lavorare e a creare mondi nel suo studio a Trastevere, nell’anno del suo novantesimo compleanno.
Linda Kaiser
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