I quadri-scultura di Stefano Cescon a Milano
Nello showroom milanese della Gaggenau arriva la mostra “Terra!” con i quadri-scultura in cera e paraffina di Stefano Cescon. Abbiamo intervistato il curatore Sabino Maria Frassà
In occasione della mostra di Stefano Cescon (Pordenone, 1989) presso Gaggenau DesignElementi Hub di Milano, abbiamo intervistato Sabino Maria Frassà, curatore e fondatore del Premio Cramum, la cui ottava edizione è stata vinta proprio da Cescon.
Cosa c’è ancora da dire e raccontare sulla e con la pittura?
Il colore e la materia si fondono nelle opere in mostra di Stefano Cescon, caratterizzate da un inedito grande formato. Il gesto pittorico quasi scompare, sostituito da una sedimentazione di colori che offre all’osservatore l’illusione di trovarsi di fronte a concrezioni minerarie stratificate e caratterizzate da inattesi collassi di colore tra uno strato e l’altro. L’arte di Cescon vive così nell’incessante ricerca di equilibrio tra tecnica ed estro creativo, controllo e imprevedibilità.
Da dove deriva il titolo dell’esposizione?
Cristoforo Colombo nel suo diario scriveva che non si può attraversare l’oceano se non si ha il coraggio di perdere di vista la riva. Per Stefano Cescon l’arte è tutto questo: ha significato viaggiare, scoprire una nuova terra e farla diventare casa. È riuscito ad andare oltre le proprie Colonne d’Ercole e ha continuato a navigare in modo costante e coerente verso una nuova direzione: liberarsi delle etichette e delle distinzioni tra ambiti artistici (pittura e scultura, bi-tridimensionalità) unendo il passato (la cera) con il presente (la paraffina derivante dagli idrocarburi).
Qual è l’obiettivo principale della mostra e come è collegata alle precedenti a tua cura?
La ricerca materica nell’arte è il tema centrale del percorso artistico Materiabilia promosso da Gaggenau e Cramum di cui la mostra Terra! è la terza tappa (dopo le personali dedicate a Paola Pezzi e Flora Deborah). L’allestimento si concentra così sul palesare la meraviglia della materia che, per Stefano Cescon, finisce con il coincidere con il colore stesso. Alle opere appese alle pareti si affiancano quelle totemiche collocate su supporti in cristallo, che permettono una lettura a 360° delle opere.
LE OPERE DI STEFANO CESCON IN MOSTRA A MILANO
Le opere di Cescon, definite quadri-scultura, appaiono contraddistinte da un’ambivalenza espressiva, da un doppio carattere.
Sì, Stefano Cescon rifinisce fin nei minimi dettagli anche il retro e concepisce le proprie opere in modo tale che ci siano due “visioni” contrastanti e complementari: se il fronte è sempre lucido e rimanda a delle lastre di pietra, il fianco spesso a bugnato è materico e rileva il processo di sedimentazione. Nel visitatore si forma come un cortocircuito sensoriale tra l’apparente durezza del fronte e la morbidezza dei lati.
In questa mostra, viene quindi condiviso dall’artista un nuovo approccio creativo?
Esatto. Marcel Proust, riguardo a Cristoforo Colombo, diceva: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi“. La scoperta di una nuova materia (la cera d’api) e della scultura sono stati i nuovi occhi di Stefano Cescon, il cui percorso prende le mosse dall’esperienza maturata attraverso la pittura ‒ dallo studio della luce e dell’equilibrio cromatico ‒ per poi volgere a una dimensione creativa più vicina all’atto di “costruire” e all’aspetto artigianale e materico dell’opera.
La cera è la vera protagonista della rivoluzione artistica in atto?
Se la cera è stato uno dei primi materiali impiegati nella pittura (basti pensare all’encausto egiziano, greco e romano), l’artista conferisce a questa sostanza vita e tridimensionalità, realizzando opere che non sono semplici quadri, ma materia che si proietta nello spazio.
Cescon sarà arrivato alla sua nuova formula attraverso numerosi tentativi, fallimenti ed errori.
Non esiste l’idea di errore o correzione: al termine del procedimento di realizzazione, l’opera ha “ritmo” (come ripete spesso l’artista) e funziona o semplicemente non può che esser distrutta. Una scelta che dipende solo dall’artefice, in base alla sua sensibilità e al suo viscerale senso della composizione, questa sì eredità di una vita passata a fare e studiare pittura. In questa tensione verso un nuovo ordine, dopo aver innescato il processo, risiede tutto il piacere dell’artista: l’arte è viaggiare, scoprire una nuova Terra e farla diventare “casa”.
Giorgia Basili
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