Percepire la realtà. Le tre nuove mostre di Fondazione ICA a Milano
Tra minuziose ossessioni, immagini dionisiache e paesaggi dell’anima, le tre nuove mostre inaugurate alla Fondazione ICA di Milano propongono un’ampia varietà di linguaggi, riunendo artisti italiani e internazionali
Nel quartiere milanese a sud dell’Ex Scalo Ferroviario di Porta Romana, dove fervono i lavori per il nuovo Villaggio Olimpico, l’arte contemporanea è di casa: tre istituzioni private (Fondazione Prada, Fondazione ICA – Istituto Contemporaneo per le Arti e Viafarini.work) si dimostrano sempre più centri propulsori per il panorama artistico di Milano. Nello specifico, in questo autunno 2022, Fondazione ICA presenta tre mostre. Due collettive e una personale dell’artista cipriota Polys Peslikas offrono al pubblico la possibilità di apprezzare modalità alternative di percezione della realtà che ci circonda.
PITTURA IN MOSTRA ALLA FONDAZIONE ICA
La prima delle tre mostre in cui ci si imbatte è Small Fixations, a cura di Chiara Nuzzi. Come suggerisce il titolo, le ventitré opere esposte sono di piccole dimensioni, realizzate da cinque artiste nate tra la fine degli Anni Settanta e i primi Anni Novanta e provenienti da Italia, Giappone e Stati Uniti. Grazie alla scelta curatoriale di non suddividere le opere in base all’artista, lo spettatore può farsi guidare dalla propria curiosità alla scoperta di queste piccole fissazioni. La densità di particolari, sia a livello iconografico che propriamente pittorico (basti vedere la minuzia con cui Jennifer J. Lee rappresenta il pizzo), trasformano ciascuna di queste tele in una poetica e intimamente ossessiva visione della realtà. Gli intrecci di un’opera con l’altra, i dialoghi che si instaurano a partire da una sensibilità comune sono i punti di forza di questo allestimento.
Si passa dunque dalle riflessioni di Chiara Enzo sulla fragilità del corpo ai paesaggi liminali di Marta Naturale, dagli ambienti distopici di Alexandra Noel alla precisa ma semplice calibrazione cromatica di Yui Yaegashi senza soluzione di continuità. Small Fixations è una mostra che non cerca il rumore di tanta arte monumentale, bensì il sussurro di una pittura che gioca sul limite tra conforto e tensione.
I DIPINTI DIONISIACI DI POLYS PESLIKAS A FONDAZIONE ICA
Rimanendo al piano terra di Fondazione ICA, è possibile visitare la personale di Polys Peslikas (Limassol, 1973), intitolata Reenactments (Bacchus) e curata dal direttore di ICA Alberto Salvadori. Anche in questo caso, i dipinti selezionati sono di dimensioni ridotte e costellano le pareti bianche della Fondazione. Le figure di Peslikas emergono, senza contrasti, dalle cromie blu e viola dei dipinti, assumendo forme dai contorni indefiniti. Osservando attentamente, tuttavia, si scorgono fisicità e genitali maschili: la riflessione sugli intrecci fra genere, identità e orientamento sessuale è infatti una delle tematiche principali del lavoro di Peslikas.
La necessità dell’artista di esprimere il versante dionisiaco della vita umana attraverso la pittura (acquista così senso il riferimento a Bacco presente nel titolo) è una risposta alla parzialità della nostra conoscenza della natura. Come scrive il curatore nel testo critico che accompagna la mostra, prendere coscienza dell’insensatezza della vita rende necessario “abbandonarsi in toto a essa, con un coraggioso ‘dire di sì’, rinnovandosi ogni volta, perpetrando un perpetuo incedere e cedersi, nel cercare di rimanere noi stessi”.
LA MOSTRA “HOW FAR SHOULD WE GO?” A FONDAZIONE ICA
La natura è anche la protagonista della collettiva How far should we go?, curata da Rossella Farinotti. Nelle stanze del primo piano di Fondazione ICA, infatti, sono esposte le opere di otto artiste e artisti che formalizzano una comune attenzione nei confronti dei concetti di “paesaggio” e “habitat” utilizzando linguaggi molto differenti tra loro. L’allestimento, grazie ad accostamenti ben riusciti, crea un percorso omogeneo e piacevolmente straniante, complici gli ambienti dal passato industriale, volutamente non restaurati del tutto. Un esempio di tali giustapposizioni si può trovare in una delle stanze che si affacciano sul corridoio centrale: qui, il dialogo fra l’installazione di Lucia Cristiani e i dipinti a frottage di Linda Carrara si risolve nel contrasto fra la trasparenza del vetro e la densità dell’olio sulla tela, fra la delicatezza del perlaceo vapore aromatizzato al tiglio e l’irruenza viscerale della pittura rosso sangue.
In mostra anche alcune stampe dell’artista marchigiana Silvia Mariotti, in cui elementi vegetali si confondono in un ambiente acquatico, nonché due composizioni di Giovanni Oberti, tra cui un nido di merlo adagiato su un cuscino. Tra le altre opere in mostra spiccano le sculture di Alice Ronchi, i dipinti su tavola di Cleo Fariselli, una scultura realizzata da Ettore Favini e le stampe di Irene Ferrara. How far should we go? è una commistione di linguaggi, toni e intenzioni volta alla riflessione sulle modalità di interazione antropica e spirituale con i nostri habitat interiori ed esteriori.
Alberto Villa
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