Tutta l’attualità di Andy Warhol a Milano
La mostra alla Fabbrica del Vapore ripercorre la carriera del re della Pop Art. Dimostrando come la sua opera rimanga perturbante e pertinente nonostante i cambiamenti dello spirito del tempo
Non si finisce mai di riscoprire Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 ‒ New York, 1987). Innanzitutto perché la sua produzione fu sterminata e molto più diversificata di quanto si pensi. E poi perché nella sua idea di serialità si sviluppa un’inesauribile felicità espressiva. L’impianto di base della spersonalizzazione rimane il punto fondamentale, che però viene veicolato da sprazzi di “estetica pura”.
Si riscontra tutto ciò anche nella mostra sul re della Pop Art aperta alla Fabbrica del Vapore, intitolata La pubblicità della forma. Al campionario delle sue icone più note, ben nutrito a inizio percorso, si affiancano diverse variazioni nelle altre sezioni della mostra, con alcune rarità e lavori poco visti. Anziché ripercorrere le immagini arcinote raccolte in mostra (da Marilyn a Liz, da Mao alla zuppa Campbell), vale la pena attraversare “a campione” alcuni degli spunti sorprendenti o particolari che si incontrano.
LA MOSTRA SU WARHOL A MILANO
Warhol emerge ancora una volta come grande disegnatore, inserendosi in quella stirpe novecentesca che unisce Picasso, Matisse e altri autori: pochi tratti, allo stesso tempo istintivi e calibratissimi, riassumono il mondo e la figura con slancio che non è realistico ma futuribile.
Alla Fabbrica del Vapore, il segno di Warhol si trova naturalmente nella bella selezione di disegni degli Anni Cinquanta (produzione un tempo trascurata e oggi imprescindibile, che comprende lavori per la pubblicità e ritratti autonomi), ma anche in molte delle opere successive, quando nelle serigrafie compare l’inconfondibile tratto dell’artista insieme al colore e alla figura.
Altri momenti imprevisti sono poi la collaborazione con Arman (un’accumulazione di “rifiuti” del processo creativo di Warhol), le citazioni di artisti del passato come Munch e Leonardo e Chocolate del 1983, realizzato con cioccolato e gesso su tela (qui la tendenza all’astrazione diventa quanto mai conclamata).
CINISMO E DISILLUSIONE IN ANDY WARHOL
Straordinario anche il ritorno all’illustrazione pubblicitaria per la moda negli anni maturi, ovviamente più smaliziato rispetto agli Anni Cinquanta, mentre risulta appropriata la scelta di lasciare ampio spazio al ciclo Ladies and gentlemen, momento “proverbiale” nel percorso dell’artista ma non così conosciuto nella sua interezza.
Oggi che tutti i lati della società di massa sono ormai squadernati davanti ai nostri occhi e tutto ha ormai una “identità grafica”, le creazioni di Warhol si percepiscono con occhi diversi: lo shock relativo all’introduzione di tratti dell’estetica comune nell’ambito delle fine arts è ormai neutralizzato. Eppure percorrere una sua mostra rimane un’esperienza fortemente perturbante, a causa dei tratti diffusi di cinismo, disillusione, accenni alla morte e critica implicita: quando un’opera è capace di superare indenne i cambiamenti dello spirito del tempo, essa diventa definitivamente attuale.
Stefano Castelli
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