Un anno di The Drawing Hall, lo spazio di Bergamo dedicato al disegno
Un capannone nella periferia bergamasca dedicato al disegno contemporaneo: è The Drawing Hall, lo spazio che ha accolto artisti del calibro di Stefano Arienti, Luisa Rabbia e Gian Maria Tosatti. Abbiamo fatto il punto con i fondatori
The Drawing Hall ha aperto un anno fa: l’artista Andrea Mastrovito ha deciso di fondare a Grassobbio, in provincia di Bergamo, insieme a Walter Carrera, visual designer e fotografo, e Marco Marcassoli, regista e fondatore di Yanzi Srl, uno luogo dedicato al disegno contemporaneo. La scelta, una sfida che va controcorrente rispetto allo spazio usualmente esiguo riservato a questa espressione dell’arte, alla base della ricerca e della evoluzione del pensiero e del linguaggio artistico, merita un approfondimento.
In questi dodici mesi, The Drawing Hall ha ospitato cinque esposizioni, mentre si è appena conclusa la mostra di Ian Tweedy, e prima di lui, a partire dai disegni dello stesso Mastrovito, sono state ospitate esposizioni di Stefano Arienti, Luisa Rabbia, Gian Maria Tosatti. Nomi di rilievo nella scena dell’arte contemporanea, riuniti in uno spazio di ricerca in cui artisti e curatori si confrontano sui temi del disegno e delle sue molteplici manifestazioni, sia nel momento progettuale e propedeutico alla realizzazione dell’opera, sia nel suo essere opera d’arte. Abbiamo cercato di capire come è andato questo anno di vita di TDH, quali scelte siano state fatte, quali reti create, cosa sia migliorabile e quali caratteristiche lo contraddistinguano da spazi privati e gallerie. Infine, abbiamo chiesto di raccontarci, oltre al display e al progetto curatoriale, la realtà dei Quaderni, la pubblicazione che viene realizzata per ogni mostra, e che pare essere una dimensione espansiva rispetto al disegno, offrendo l’opportunità di rivedere l’opera su carta nella sua riproduzione. Che il disegno sia segno di riflessione e spazio libero di discussione, dall’antichità ai giorni nostri, è cosa certa, forse serviva proprio uno spazio come The Drawing Hall per ricordarlo al pubblico, agli artisti, e al mondo dell’arte anche e, soprattutto, italiana.
INTERVISTA AI FONDATORI DI THE DRAWING HALL
Andrea, come è il bilancio di questo anno di The Drawing Hall? Aspetti positivi e migliorabili della vostra proposta?
Gli aspetti positivi sono tantissimi. Ai primi due posti metterei due elementi entusiasmanti: la risposta degli artisti e quella del pubblico. Tutti gli artisti coinvolti hanno accettato con slancio la sfida, comprendendo perfettamente la natura della nostra iniziativa, che guarda proprio al cuore della pratica di ogni artista. Dall’altra parte, il pubblico: sono venute a trovarci migliaia di persone, è stato qualcosa di incredibile per una realtà così sperimentale, appena nata, in periferia.
Durante gli opening, poi, data la situazione assolutamente informale, si è sempre creata una grande alchimia tra pubblico e artisti, qualcosa di unico. Questo perché il disegno è, fra tutti, il medium più democratico. Ci sono stati tanti altri aspetti positivi, come la qualità delle mostre, sempre altissima grazie alla generosità degli artisti, così come sempre alta è stata la qualità dei due supporti che le accompagnano, ovvero i Quaderni e i video-documentari, che Walter e Marco curano alla perfezione. Sicuramente, invece, ci sono dozzine di cose che vanno ancora migliorate, prima fra tutte la questione economica che, per uno spazio non profit, è fondamentale. A ruota verrà tutto il resto.
Come sono state accolte le mostre che avete prodotto in questo anno di attività?
Curiosità, grande interesse ed entusiasmo: il pubblico qui a Grassobbio è molto eterogeneo e troviamo che ciò sia un valore aggiunto, perché permette agli artisti di confrontarsi – direttamente – con i vari aspetti della realtà, non soltanto con i frequentatori abituali di gallerie e musei. E, di mostra in mostra, abbiamo notato che agli opening arrivano sempre numerosi artisti: anche questo è un ottimo segnale, ci fa pensare che, forse, stiamo andando nella direzione giusta e che c’era effettivamente bisogno di uno spazio del genere.
Quali opere sono state presentate e come è stata pensata la mostra di Ian Tweedy?
Ian ha lavorato tutta la scorsa estate per questa mostra a The Drawing Hall – curata da Elisa Carollo ‒, preparando tre serie di lavori, in cui il disegno si camuffa, di volta in volta, da pittura, fotografia e murales. A queste opere si aggiunge il lightbox creato nella vecchia fabbrica di Crespi d’Adda pochi giorni prima dell’opening: la realizzazione dell’opera è stata interamente filmata da Marco e il risultato, grazie anche alla stupenda location, è un video magico e magnetico, dove la mano di Ian guida lo spettatore tra le pieghe della notte.
LE CARATTERISTICHE DI THE DRAWING HALL
Come strutturate la vostra proposta curatoriale e in quale direzione volete andare?
Andrea è il direttore artistico e si confronta continuamente con artisti e curatori per trovare soluzioni che possano mappare al meglio la situazione del disegno in Italia. La scelta ricade sempre su artisti italiani che vanno dai 35 ai 60 anni e dal percorso chiaro e ben delineato, e che hanno lasciato un segno in questi primi vent’anni del XXI secolo. Per “segno” intendiamo opere memorabili, o al contempo una pratica artistica che abbia influenzato colleghi e generazioni successive, o che si sia distinta per la propria unicità. Gli artisti invitati finora hanno tutti queste caratteristiche.
I Quaderni di TDH sono un supporto fondamentale per espandere il display espositivo oltre la contingenza della mostra e per affiancare l’opera. Me ne parlate? Quanti sono, come nascono e come sono curati anche dal punto di vista editoriale?
Forse i Quaderni sono la parte fondamentale di tutto il lavoro di The Drawing Hall, in quanto rappresentano il vero e proprio studio critico della pratica del disegno degli artisti selezionati. Al momento ne abbiamo pubblicati cinque: Andrea Mastrovito (abbiamo iniziato giocando in casa, per capire se quest’avventura potesse davvero funzionare), Stefano Arienti, Gian Maria Tosatti, Luisa Rabbia e Ian Tweedy. Tutti i quaderni hanno 80 pagine (tranne il primo, di 64 pagine), sono impostati graficamente da Walter Carrera e da Maria Tassi e, pur simili nel formato, sono tutti profondamente diversi, difficilmente ripetono la stessa formula.
Ce li descrivete nello specifico?
Il primo Quaderno si concentra esclusivamente sui disegni preparatori di Mastrovito per le grandi vetrate absidali della chiesa di San Giovanni XXIII a Bergamo, e i testi che lo accompagnano sono la trascrizione delle interviste che Marco ha realizzato per il video sulla chiesa stessa. Il secondo, su Arienti, mostra tutte le Meridiane realizzate dall’artista durante il primo lockdown e tutti i suoi interventi pubblici “disegnati”, mentre il testo di Ilaria Bernardi ripercorre tutta la produzione sotto la lente d’ingrandimento del disegno. Il Quaderno dedicato a Tosatti, invece, non si focalizza su una serie di lavori ma, anzi, propone una panoramica sui disegni dal 2005 a oggi, e il testo di Andrea Mastrovito lo inquadra nel contesto internazionale svelandone le molteplici nature e influenze, dalla scrittura alla musica, dal cinema al teatro. Questo quaderno contiene anche un pezzo autografo di Tosatti, ripreso da una precedente collaborazione tra lui e Mastrovito. Il quarto Quaderno, dedicato a Luisa Rabbia, è il primo a presentare opere inedite, realizzate apposta per l’occasione, e così la curatrice Veronica Santi ne approfitta per ripercorrere tutto il cammino dell’artista identificando nei disegni della Rabbia tematiche sociali, etiche e spirituali che emergono quindi prepotentemente nella serie di nove opere presentate in mostra. Per l’ultimo Quaderno, Left Behind di Ian Tweedy, con la curatrice Elisa Carollo abbiamo pensato a un volume che fosse centrato sulle tre serie di opere realizzate ad hoc per la mostra, e su cui il testo si sofferma individuando nei confini, nei muri e nelle tracce il punto da cui muove tutto il lavoro di Tweedy. In chiusura, oltre a una serie di immagini di lavori precedenti, un breve e intenso testo autografo di Ian completa alla perfezione lo studio della sua pratica. Speriamo presto di poter presentare tutti i Quaderni al pubblico in qualche sede ufficiale, ci stiamo lavorando.
GLI ARTISTI E IL DISEGNO
Secondo voi come è interpretato il disegno oggi in Italia?
Per noi, il disegno è alla base di tutto. Per l’Italia, purtroppo, non è esattamente così: viene considerato figlio di un dio minore quando, invece, fuori dai nostri confini, è dagli Anni Settanta che il disegno è stato sdoganato, liberato dalla sua funzione di supporto all’opera fatta e finita, fino a diventare opera finale esso stesso. Diciamo che in Italia si può e si deve fare molto di più, e qualche segnale in realtà ultimamente c’è stato, dalla Scuola di Santa Rosa alla Milano Drawing Week passando per la mostra 141. Un secolo di disegno in Italia presso la Fondazione del Monte a Bologna a cura di Maura Pozzati e Claudio Musso che l’anno scorso ha fatto il punto della situazione sul disegno italiano.
Quali sono i riferimenti europei e internazionali per l’attività di TDH?
Naturalmente prendiamo spunto da The Drawing Center, che a New York è forse l’istituzione che, meglio di tutte, ha saputo interpretare i vari cambiamenti del mondo dell’arte nell’ultimo mezzo secolo, ponendo, per primo, il disegno al centro della propria ricerca. Grandi spunti, poi, ci arrivano dalle varie pubblicazioni internazionali dedicate al disegno, che in questi ultimi dieci anni si sono moltiplicate in modo significativo. Senz’altro la scena newyorkese è quella che, al momento, ci influenza di più, dato che Andrea fa la spola tra Bergamo e la Grande Mela e non è un caso che due dei quattro artisti esposti quest’anno a The Drawing Hall vivano a New York: Luisa Rabbia e Ian Tweedy.
Avete stretto reti, collaborazioni, alleanze su cui volete investire?
Primariamente con gli artisti. Pensiamo davvero che se gli artisti sapranno stringere alleanze fra loro, stimandosi e aiutandosi, il disegno e, anzi, tutta l’arte italiana, potrà averne grande giovamento e visibilità. Questo è il punto da cui partire. Le istituzioni e le gallerie, in questo discorso, vengono inevitabilmente dopo.
Quali sono gli elementi su cui vorreste lavorare ancora?
Come prima cosa vorremmo rendere disponibili online, al più presto, i PDF dei Quaderni e degli spezzoni dei video realizzati da Marco. È qualcosa di importante perché ci permetterà di raggiungere ancora più gente e di mostrare quanto il disegno italiano contemporaneo sia in grandissima forma.
Come finanziate TDH? È una strategia vincente?
Fino a oggi TDH è vissuto grazie ad autofinanziamenti (come era inevitabile, appena aperto!), crowdfunding, donazioni e molta generosità da parte di tutti, ma senz’altro sarà fondamentale, a breve, riuscire a strutturarci bene per accedere ai bandi pubblici. E chissà, magari Bergamo Brescia Capitale della Cultura potrebbe essere un’opportunità in tal senso.
Anticipazioni per la prossima stagione?
L’anno prossimo cambieremo leggermente la nostra formula, anche per via del fatto che Bergamo, con Brescia, appunto, sarà Capitale italiana della Cultura. Non possiamo ancora rivelarti gli artisti che esporremo, ma possiamo dirti che, oltre alle monografiche, abbiamo in mente un grande progetto collettivo, una grande festa del disegno.
Silvia Scaravaggi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati