Arte contemporanea e controllo
Se il display, il dispositivo diventano la componente essenziale dell’arte contemporanea, la sua autonomia si azzera. Diventando anch’essa schiava delle logiche di controllo che governano la società
“Abbiamo fatto a meno del cerone, di nasi posticci, di pance imbottite con i cuscini – di tutto ciò insomma che l’attore indossa nel camerino prima della rappresentazione. Avevamo reputato prettamente teatrale che l’attore si trasformasse da un tipo all’altro, da un personaggio all’altro, da una silhouette all’altra – sotto lo sguardo del pubblico – in un modo povero, servendosi soltanto del proprio corpo e della propria arte. La costruzione di una espressione facciale fissa grazie all’uso esclusivo dei muscoli dell’attore e dei suoi intimi impulsi raggiunge un effetto di una transustanziazione tipicamente teatrale, mentre invece, la maschera apprestata da un truccatore rimane soltanto un trucco” (Jerzy Grotowski, Per un teatro povero, Bulzoni, Roma 1970, p. 27).
“Soltanto un trucco”: l’equivalente dei nasi posticci e delle pance imbottite, degli ammennicoli del teatro “ricco” opposto a quello “povero”, nel sistema attuale dell’arte contemporanea è rappresentato da tutto ciò che pertiene al display. Tutto ciò, quindi, che non ha a che fare con l’opera ma che ci allontana da essa, e che anzi la comprime in una condizione limitata, limitante di oggetto. Un oggetto da esporre, un oggetto tra i tanti dal momento che è il dispositivo, l’apparato a occupare (teatralmente) il centro della scena; a dirci cioè come dobbiamo pensare e sentire (sentirci), come dobbiamo disporci, a darci istruzioni e a imporci comportamenti. E a imporre se stesso come l’apparato-che-ha-ragione, che emana i significati e le idee “giuste”, i punti di vista corretti, indiscutibili – e così l’opera e il suo autore sono cool e quindi sono migliori di chi non lo è… l’opera e il suo autore “sanno” mentre noi non sappiamo (perché gliel’hanno detto? Perché lo sapevano già prima? Perché sono privilegiati e ammessi quindi nella cerchia, nel ‘bottone’, nell’élite di coloro che possono sapere che cosa è successo al mondo e come bisogna comportarsi? oppure – molto più semplicemente – è tutta una finta, una recita?).
ARTE FIGHETTA E CONTROLLO
La rigidità del dispositivo che regola l’arte contemporanea mima naturalmente quella del controllo più generale all’interno della società: ogni passo, ogni scelta, ogni momento, ogni attività sono compartimentati e indirizzati – la deviazione e la digressione sono freddamente scoraggiate. L’artista fighetto/a è quello/a che accetta volentieri questo stato di cose complessivo, questo complesso di valori (questa ideologia) – e si occupa anzi di trasferirli fedelmente nell’opera e nella successione di opere. L’opera d’arte, così, non si dispone affatto a intervenire sulla realtà – vale a dire: nei cervelli delle persone – a influenzarla, costruendo nuovi modi di pensarla e di viverla; ma si appresta a offrire un (altro) modo di intrattenimento, che conferma una volta di più ‘come-si-fa’, ‘come-si-vive’: come si sta al mondo oggi.
“Perché ci occupiamo d’arte? Per abbattere le nostre frontiere, trascendere i nostri limiti, riempire il nostro vuoto – realizzare noi stessi. Non è questo il punto d’arrivo ma è piuttosto un processo mediante il quale quello che è tenebre in noi lentamente diventa luce. Nella lotta con la nostra personale verità, nello sforzo per liberarci della maschera che ci è imposta dalla vita, il teatro con la sua corporea percettività, mi è sempre parso un luogo di provocazione, capace di sfidare se stesso ed il pubblico violando le immagini, i sentimenti e i giudizi stereotipati e comunemente accettati – tanto più stridente in quanto personificato dagli impulsi intimi, nel corpo, nel respiro di un organismo umano. Questa dissacrazione dei tabù, questa trasgressione causa lo shock che lacera la maschera, permettendoci di offrire il nostro essere nudo a qualcosa di indefinibile ma che contiene Eros e Charitas” (ivi, p. 28).
ARTE E FALSIFICAZIONE
9 gennaio 2023. Gli unici (eco)sistemi in cui è nata e cresciuta l’innovazione radicale sono quelli ipercritici.
8 gennaio 2023. Identità / memoria / intersoggettività relazionale / contesto / ambiente / rapporto / situazione / opera-processo-fare / sapere / struttura / errore-imprevisto-CODICE / deviazione-digressione / flusso / scrittura / emotività-affetto / AMORE / empatia / disposizione-attitudine-cazzimma VS. controllo-ordine-accettazione.
“Come un meccanismo di distorsione che fosse stato rimosso; una distorsione voluta. E tutto a un tratto è diventato linguaggio chiaro. (…) Qualunque linguaggio menzognero crea all’istante in una singola mossa una pseudorealtà, contaminando la realtà, fino a liberare la Menzogna. Nel momento in cui qualcuno mente diventa separato dalla realtà. Ha introdotto la falsificazione lui stesso. C’è una cosa che nessuno può costringerti a fare (58): mentire. Si mente solo per il proprio profitto. Tutto si basa su una decisione interiore invisibile al mondo. Nessuno ti dice mai: ‘Mentimi.’ Il nemico dice: ‘Tu lo farai e crederai a certe cose.’ Falsificare è una tua decisione, a fronte della sua coercizione.” (Philip K. Dick, 8 luglio 1974: il primo giorno della crisi costituzionale -allegato alla lettera per Claudia Bush del 16 luglio 1974, ne L’Esegesi, a cura di Pamela Jackson e Jonathan Lethem, Fanucci Editore, Roma 2015, p. 59).
Christian Caliandro
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