Modulare lo spazio. Paolo Scheggi in mostra a Milano
Cardi Gallery rende omaggio a Paolo Scheggi, il più giovane degli spazialisti, con venticinque opere fra tele, sculture e ambienti immersivi
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Il recente risveglio dell’attenzione per il coinvolgimento dell’occhio e per i suoi meccanismi di fronte all’opera d’arte è ben più che una tendenza: è il sintomo di una rinnovata considerazione di stampo visivo e percettivo che pone al centro l’esperienza sensoriale dello spettatore. In Italia, le grandi mostre dedicate al lavoro di Olafur Eliasson a Torino e Firenze, così come la doppia rassegna su Piero Dorazio a Verona e la collettiva L’occhio in gioco a Padova, ne sono validi esempi. L’ultima mostra di Cardi Gallery a Milano si inserisce in questa stessa linea di ricerca: Making Spaces è il titolo della retrospettiva dedicata a Paolo Scheggi (Firenze, 1940 – Roma, 1971), curata da Ilaria Bignotti e realizzata in collaborazione con l’Associazione Paolo Scheggi.
L’artista toscano ebbe una carriera certamente breve, stroncata a soli trent’anni, ma decisamente ricca di incontri: il suo lavoro, infatti, fu seguito da critici del calibro di Giulio Carlo Argan e Germano Celant. A poco più di vent’anni, Scheggi aveva già elaborato le celebri (e apprezzate dal mercato) Intersuperfici, sovrapposizioni di tre tele su cui si aprono forature di diverse dimensioni e forme – benevolmente chiamate “lacune” da Gillo Dorfles – che creano vere e proprie prospettive interne. Nelle Intersuperfici, di cui la mostra propone nove esemplari, Scheggi adempie in pieno alle istanze della ricerca spazialista, accostandosi a Lucio Fontana e moltiplicandone i livelli. I monocromi di Scheggi sono teatro di uno spazialismo modulare, meno dirompente rispetto ai tagli di Fontana, ma non per questo privo di tensione.
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Paolo Scheggi, Zone riflesse, 1963, Acrilico rosa su tre tele sovrapposte, 60 x 70 x 6 cm, Collezione Franca e Cosima Scheggi, Milano
LE OPERE DI PAOLO SCHEGGI DA CARDI GALLERY
Il pregio della mostra di Cardi Gallery è quello di mettere in luce anche un lato meno conosciuto del lavoro dell’artista toscano: la sua vicinanza al mondo del progetto, del design (fu in contatto, tra gli altri, con Bruno Munari, Mario Brunati e Nizzoli Associati), così come la creazione di ambienti. Il piano inferiore della galleria espone un dialogo fra le più note Intersuperfici e le configurazioni successive e sperimentali degli Inter-ena-cubi, composizioni di cubi di cartone o metallo in cui, ancora una volta, sono il pieno, il vuoto e le ombre che nascono dal loro incontro a dominare. Al piano superiore, invece, sono esposti esempi dell’attività progettuale di Scheggi e la ricostruzione di Interfiore, un’ambiente immersivo fatto di cerchi fluorescenti sospesi nel buio, realizzato per la prima volta alla Galleria La Tartaruga di Roma nel 1968. Come sottolinea la curatrice, Scheggi, nonostante il profondo legame con l’arte del suo e del nostro tempo, “è un artista classico, figlio dell’Umanesimo e delle sue turbolenze”, proprio per l’attenzione che riponeva nelle leggi della costruzione spaziale e dello sguardo.
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Paolo Scheggi, Inter-ena-cubo, 1968, Moduli di cartone azzurro fustellato e plexiglas,102 x 102 x 11,5 cm, Collezione Franca e Cosima Scheggi, Milano
L’ASSOCIAZIONE PAOLO SCHEGGI
Making Spaces è l’occasione per riscoprire un protagonista delle neo-avanguardie italiane degli Anni Sessanta. I recenti successi, anche internazionali, del lavoro di Scheggi (tra cui l’ingresso di un Inter-ena-cubo nelle collezioni della Tate Modern di Londra, ora in mostra a Shanghai) sono il risultato di un’attenta attività di archivio e promozione da parte dell’Associazione Paolo Scheggi, gestita dalla figlia Cosima Scheggi e dalla curatrice Ilaria Bignotti.
Alberto Villa
https://www.associazionepaoloscheggi.com/
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