Artribune Podcast: Mimmo Paladino per Monologhi al Telefono
L’artista racconta il processo continuo del suo lavoro tra passato e del presente, come la sua ultima esperienza sul set con “La Divina Cometa”, presentata alla Festa del Cinema di Roma lo scorso ottobre
Pittore, scultore e incisore, Mimmo Paladino (Paduli, 1948), è annoverato tra i principali esponenti della Transavanguardia. Distaccandosi quasi completamente dal quadro delle definizioni, l’artista ha costituito negli anni un articolato patrimonio di opere, monumentali e non, che lo collocano tra il dentro e il fuori. Numerose sono, infatti, le mostre personali e le opere pubbliche realizzate, in Italia e all’estero. Con le spalle rivolte verso qualsiasi forma di rappresentazione realistica, l’artista percorre una strada a senso unico che esplora antiche fonti archeologiche, mitologiche e storiche verso una figurazione che esalta le infinite possibilità di relazione tra le forme.
ALLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA: “LA DIVINA COMETA”
Artista di grande curiosità sperimenta numerose tecniche sin dagli esordi, che lo vedevano interessato all’immagine fotografica. Risale al 1968 il suo primo esperimento filmico in pellicola. Negli ultimi anni si dedica all’audiovisivo privilegiando da sempre l’elemento della decostruzione. In occasione della festa del Cinema di Roma ha presentato “La Divina Cometa”, il suo nuovo progetto cinematografico che unisce idealmente il capolavoro letterario di Dante Alighieri alla grande tradizione napoletana. L’artista, a sedici anni dal suo ultimo film realizzato sulla traccia del romanzo di Cervantes, Don Chisciotte della Mancia, torna a esplorare lo strumento della macchina da presa in un lavoro corale che ha coinvolto attori non professionisti e grandi interpreti, intellettuali e musicisti.
IL MONOLOGO DI MIMMO PALADINO
Nell’intervista al telefono Mimmo Paladino parla della sua ricerca artistica partendo dai suoi primi esperimenti iniziati intorno alla fine degli anni Sessanta. L’artista definisce poi la sua passione per l’arte cinematografica riferendosi a una sua dichiarazione trasmessa su Pittori e Scultori di Antonia Mulas del 1984. Riguardo al processo creativo che porta alla realizzazione di un’opera d’arte, Paladino descrive un processo quotidiano di sperimentazioni che lo portano man mano verso l’intuizione, e afferma: “C’è un processo analitico sempre, però questo processo analitico non deve raggelare mai quello che è l’intuizione anche estemporanea”. Citando una delle sue opere, la Porta di Lampedusa – il monumento dedicato alla memoria dei migranti deceduti in mare – l’artista osserva: “Ormai non è più un’opera d’arte, è qualcosa che va al di là, non certo per merito mio”. Sul suo ultimo lungometraggio, invece, racconta l’esperienza di un lavoro corale che prevede manodopera e maestranze, un lavoro molto diverso da quello che normalmente fa il pittore: “Io nel mio studio non ho assistenti, lavoro io la tela, il materiale, il gesso, il legno…”. Un’intervista densa di spunti, dal carattere spontaneo e non troppo formale, che fornisce una visione approfondita del suo lavoro.
Donatella Giordano
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