A Torino hanno buttato via le Luci d’Artista di Enrica Borghi. Ecco perché
L'installazione “Palle di neve”, che dal 1998 aveva illuminato più volte le vie del capoluogo piemontese, è finita al macero durante l'Amministrazione Appendino. Oggi il Comune risponde che erano irrecuperabili
Gira molto in questi giorni la notizia secondo cui il Comune di Torino avrebbe buttato le Luci d’Artista Palle di neve di Enrica Borghi – un’installazione composta da 150 grandi fiocchi di materiale plastico riciclato – perché andavano restaurate e occupavano troppo spazio in magazzino. Le cose però non stanno proprio così. L’opera sì, quella è stata buttata, però nel 2017 – quindi dall’Amministrazione Appendino – e su precisa indicazione degli ingegneri della municipalizzata Iren che, stando all’attuale assessorato alla Cultura, definirono i globi di polistirolo e plastica “irrecuperabili”.
TORINO BUTTA LE LUCI D’ARTISTA DI ENRICA BORGHI
Le Palle di neve di Borghi – grandi tra gli 80 e i 150 centimetri l’una e realizzate, come da prassi per l’artista, con materiale di recupero – avevano a più tornate illuminato la città con le loro forme fiabesche. Acquisiti nel 1998 – proprio per la prima edizione della manifestazione di arte pubblica luminosa ideata da Fiorenzo Alfieri e diventata simbolo della città -, i fiocchi avevano viaggiato in Italia e in Europa ed erano stati esposti per l’ultima volta nel 2017 in via Vanchiglia (come già per la loro inaugurazione). Ora, dopo tanti anni di onorato servizio e un massiccio restauro nel 2005 (in cui erano state anche sostituite le lampadine con i led) le opere sarebbero state da buttare.
Certo, fa un po’ impressione che abbia finito per andare al macero un’installazione nata proprio per sottrarre alle discariche il polistirolo e le bottiglie di plastica di cui erano composte le sfere, ricombinati a formare dei suggestivi cristalli di ghiaccio. Bottiglie scelte, peraltro, non solo come simbolo dell’usa e getta, ma anche come oggetto connesso con gli stereotipi femminili della cura della casa e della cucina, che Borghi ha spesso commentato nel proprio lavoro (vedasi l’ironica opera Venere di Milo). Stando agli ingegneri consultati dal Comune a suo tempo, però, era inevitabile che i lavori, realizzati con materiali deperibili, sarebbero diventati irecuperabili, soprattutto dopo vent’anni di esposizione: e infatti, ci dicono oggi dall’assessorato, i cristalli erano rotti e intrisi di smog.
IL COMMENTO DI ENRICA BORGHI
L’ultimo anno della loro esposizione, quel lontanissimo 2017, il Comune aveva contattato l’artista chiedendole se fosse interessata a riprendersi l’opera, regolarmente comprata. “Si trattava di un chilometro di via, per me era praticamente impossibile“, racconta l’artista ad Artribune. Già allora venne ventilato lo “smaltimento”, al che Borghi rispose di mantenere, se possibile, almeno le sfere meno deteriorate o dei campioni per poterle riprodurre: “Luci d’Artista era in crisi, potevamo fare una cosa ridotta con una ventina di Palle”. Poi la conferma dello smaltimento, riemerso da qualche settimana per una semplice ragione: al comparire delle nuove Luci d’Artista, dopo la sospensione causata dalla pandemia, effettivamente s’è sentita la mancanza di Palle di neve. Ricontattato il Comune, la risposta è stata la medesima, tutto ciò che resta dell’opera sono i campioni delle tre dimensioni. “Avevo inizialmente preso atto della cosa, per via del deterioramento delle opere, ma ora penso che forse si poteva fare di più. Magari contattando delle Fondazioni… E viene da chiedersi: il Comune può eliminare un’opera pubblica? E poi, un’opera d’arte come la smaltisci?”
Giulia Giaume
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