Conservazione preventiva dell’arte contemporanea. Guggenheim Venezia ci lavora assieme al Cnr

Con il supporto di Ispc e Iac, il monitoraggio dei flussi di visita e delle condizioni ambientali nelle sale di Palazzo Venier dei Leoni servirà a definire un piano di salvaguardia delle opere in collezione, contribuendo anche a migliorare la fruibilità del museo

Come ottimizzare il percorso di visita museale e insieme lavorare sulla conservazione preventiva delle opere d’arte? Concorre alla decisione finale anche il livello di inquinamento ambientale. È quanto emerge dalla collaborazione tra il Cnr e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, che ha preso le mosse l’estate scorsa da una campagna di analisi della qualità dell’aria effettuata all’interno di alcune sale e teche in cui sono conservate le opere della collezione lagunare, nella sede di Palazzo Venier dei Leoni. L’indagine, condotta dal Consiglio nazionale delle ricerche con il supporto dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Ispc) e dell’Istituto per le applicazioni del calcolo “Mauro Picone” (Iac), ha coinvolto direttamente il dipartimento di conservazione del museo, studiando anche i flussi di visita. La campagna, ancora in fieri, ha per ora restituito i risultati sui fattori antropici, concentrandosi sul numero di visitatori per sala, sui tempi di permanenza davanti ad alcune opere e sui percorsi seguiti tra le sale. E i dati raccolti permetteranno di studiare soluzioni utili a migliorare la fruibilità del museo.

Peggy Guggenheim Collection, Venezia. Photo Matteo de Fina

Peggy Guggenheim Collection, Venezia. Photo Matteo de Fina

L’INDAGINE SULLA QUALITÀ DELL’ARIA IN COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM

Ma l’impegno dei prossimi mesi sarà rivolto principalmente al monitoraggio delle condizioni ambientali e della qualità dell’aria in alcune sale, per studiare i principali inquinanti gassosi, organici e inorganici attraverso campionatori passivi. In particolar modo ci si concentrerà sugli ambienti che espongono i capolavori più noti della collezione, dal Paesaggio con macchie rosse n. 2 di Vasily Kandinsky del 1913 a La donna luna di Jackson Pollock del 1942, ma la rilevazione coinvolgerà anche le teche in cui sono conservate le sculture Dinamismo di un cavallo in corsa + case di Umberto Boccioni del 1915 e Testa a conchiglia di Jean Arp, del 1933 circa. A monitoraggio concluso, le informazioni sugli inquinanti gassosi saranno correlate ai risultati del costante screening di parametri ambientali quali temperatura, umidità relativa e concentrazione di CO2, e al numero di visitatori registrato nelle sale interessate. Solo allora, incrociando il materiale raccolto, si procederà alla caratterizzazione dei diversi ambienti, per stilare un piano di conservazione preventiva quanto più possibile esaustivo e aggiornato sulle necessità del museo e delle opere in collezione.

Peggy Guggenheim Collection, Venezia. Photo Matteo de Fina

Peggy Guggenheim Collection, Venezia. Photo Matteo de Fina

GLI INVESTIMENTI IN CONSERVAZIONE PREVENTIVA

Del resto il manifesto programmatico della Collezione Peggy Guggenheim attribuisce un ruolo essenziale alla ricerca e allo sviluppo di metodologie innovative e scientificamente avanzate per la conservazione dell’arte moderna contemporanea. A questa missione sono legati i progetti di collaborazione internazionale già avviati da tempo con imprese e centri accademici di eccellenza (Nanorestart e Apache project, tra gli altri) in grado di coadiuvare le istituzioni dedite alla conservazione dei beni culturali. E costante è anche l’impegno per ottimizzare il processo di conservazione preventiva delle sculture presenti nei giardini di Palazzo Venier dei Leoni, nella peculiare condizione microclimatica della Laguna. Estendere l’orizzonte di indagine anche agli ambienti museali non fa che confermare l’interesse a definire un piano sempre più efficace e completo a tutela della collezione.

Livia Montagnoli

https://www.guggenheim-venice.it/it/

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