L’arte incontra la musica nella mostra di Mirco Marchelli a Lecce
Tre madrigali “dialogano” con le installazioni site specific in mostra alla Fondazione Biscozzi | Rimbaud di Lecce. L’autore di questo incontro è l’artista e compositore Mirco Marchelli
La compenetrazione tra arte contemporanea e musica colta è al centro della ricerca condotta dal compositore e artista visivo Mirco Marchelli (Novi Ligure, 1963), protagonista della mostra Voci in capitolo alla Fondazione Biscozzi | Rimbaud di Lecce. Diciotto opere polimateriche site-specific si stagliano a gruppi di sei nelle tre sale della Fondazione, in corrispondenza con il suono lieve, intenso e ipnotico del brano in tre parti a sei voci miste, composto ad hoc da Mirco Marchelli su testi di Edoardo Sanguineti. La scelta di musicare i versi di Sanguineti è determinata dal “legame estetico” con il poeta, considerato da Marchelli “il più avanzato di tutti, per esempio nella destrutturazione del linguaggio”.
In stretta connessione con i lavori in mostra, il brano composto da Marchelli è formato da tre madrigali tratti dall’opera di Gesualdo da Venosa, diffusi in ciascuna delle tre sale espositive. In particolare, il compositore ha rielaborato la partitura del Miserere, un brano omoritmico inserito nei Responsoria, l’opera a sei voci del celebre madrigalista del Cinquecento, creando una nuova partitura polifonica e contrappuntistica.
LA MOSTRA DI MIRCO MARCHELLI A LECCE
Definito dal curatore Paolo Bolpagni “un’opera totale”, il progetto espositivo è caratterizzato da un preciso rapporto numerico tra le opere modulari, le voci e gli spazi di allestimento. Giocando con ironia sul significato dell’espressione “voci in capitolo”, il titolo della mostra richiama sia il termine “capitolo” inteso nell’accezione di “collegio ecclesiastico”, per la vicinanza della Fondazione Biscozzi | Rimbaud alla chiesa delle Alcantarine di Lecce, sia le sei voci impiegate nel brano: soprano, mezzosoprano, contralto, basso, baritono e tenore. Concepite nell’equilibrio di un peculiare gioco combinatorio, le sei voci si ricollegano idealmente ai diversi soggetti ritratti, figurativi e geometrici, e alle variegate connotazioni cromatiche delle opere. E c’è anche una precisa corrispondenza tra le voci e i differenti materiali impiegati ‒ stoffe, cemento e gesso su tavole di legno –, le tecniche e i linguaggi espressivi utilizzati, che spaziano dalla pittura all’incisione fino all’assemblaggio. Ma, precisa Marchelli, “la musica non è una ‘sonorizzazione’ della mostra e le opere polimateriche non sono una ‘traduzione visiva’ della composizione. È il tentativo di mettere in scena una rappresentazione vocale”.
Cecilia Pavone
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