Uno spazio dove fermarsi e riflettere. La mostra alla Galleria Artra di Milano

“La solitudine dello spazio”, curata dalla storica dell'arte Angela Madesani, raccoglie le opere di sei artisti di diverse generazioni che creano un ideale panorama di meditazione

Grandi spazi, palazzi vuoti e sterminati silenzi popolano lo spazio ipogeo della Galleria Artra di Milano, punteggiata da tele, fotografie e sculture per la mostra collettiva La solitudine dello spazio. Appartengono a generazioni e tecniche diverse i sei artisti che affrontano il tema del paesaggio aperto e desolato, antropizzato ma naturale, nel percorso curato dalla storica dell’arte nonché contributor di Artribune Angela Madesani. È una visione ad accomunarli, nonché una radicale assenza: quella dell’essere umano. Ne emergono degli spazi vuoti e (finalmente, viene da pensare) scevri di rumore e folla. Si crea così un’atmosfera meditativa: il tempo pare essersi fermato, così da lasciare ai visitatori di questo white cube un margine di respiro dalla frenesia della vita contemporanea.

Compongono questa collezione di still life le case impossibili delle Città distanti di Cioni Carpi (1923-2011), utopistiche ed evocative, accanto ai grattacieli e alla bandiera estone – con il bianco della neve, il nero dei boschi e l’azzurro del cielo – di Marco Neri (1968), e ancora alle grandi tele, belle e speranzose nella loro solitudine estrema, di Pier Paolo Curti (1972). Deserti sono anche gli archivi e i ristoranti di Prato, la cui comunità cinese e toscana popola (nella sua assenza) la serie di scatti di Jacopo Valentini (1990), Unicacina. Qui giustapposti, spiccano gli scatti di pura architettura del giovanissimo (ed ex studente di Madesani) Marcello Maranzan (1999) – già venduti durante l’esposizione e sostituiti – e alle desolate e liriche opere di Luca Pancrazzi (1961), che con una micro-città su una colonna e due lavori su carta crea dei “non luoghi” post-apocalittici stranamente familiari e, allo stesso tempo, sovietici, midwestern e desertici.

LA SOLITUDINE DELLO SPAZIO SECONDO LA CURATRICE ANGELA MADESANI

Il tema è quello della solitudine del paesaggio, o meglio, della solitudine dell’uomo nel paesaggio. Si parte dalle opere su carta di Carpi – che mostrano queste case dalle geometrie assurde, che si aprono su prati luminosi e porte rosse – per poi seguire un percorso senza una prevalenza linguistica e che avvicina per la prima volta degli artisti che non avevano mai condiviso uno spazio”, racconta la curatrice della mostra, aperta fino a fine febbraio, Angela Madesani. “Questi spazi, i palazzi, le grandi città, sono luoghi dove noi siamo soli anche quando siamo circondati di persone: sono il nostro futuro, ma non devono esserlo per forza. Noi siamo stati a lungo isolati, in questi anni, ma non è cambiato nulla, anche perché non siamo mai stati davvero soli: eravamo iperconnessi, ipercollegati, e appena siamo usciti abbiamo ricominciato a comportarci come sempre. Eppure basta ritrovarci con noi stessi per riuscire a ragionare sul senso delle cose, su un mondo in cui la natura – la nostra, la mia, grande consolazione – abbia un altro spazio. In questo senso la mostra ha anche un taglio etico: sono tutte opere d’arte che guardano lontano, che spingono alla riflessione, e che permettono di osservare un orizzonte diverso, riguadagnando lo spazio per pensare”.

Giulia Giaume

www.artragalleria.it

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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