Fermare il tempo con la scultura. Mostra di Fabio Roncato a Lodi
Il fiume Adda trasformato in scultore grazie all’azione di Fabio Roncato. Attraverso l’ascolto dei materiali, cera e alluminio, l’artista strappa la materia dall’entropia e la mette in mostra negli spazi di Platea | Palazzo Galeano
La mostra Momentum (Adda) di Fabio Roncato (Rimini, 1982) per Platea | Palazzo Galeano, a cura di Gaspare Luigi Marcone, è frutto della sua ricerca sull’elemento naturale del fiume: una pratica che riflette sulle possibilità della scultura, non già nello spazio, ma nel tempo.
Attraverso il processo del riversamento della cera fusa nelle acque correnti del fiume, in questo caso l’Adda, l’artista strappa una forma dall’informalità del fluido, grazie alla reazione di solidificazione della cera. Dal fluido al solido, Roncato estrae una frazione di materia in un dato tempo (un momentum) isolandola dal Panta rei eraclitiano, per poi stabilizzarla con una seconda fusione in una scultura in alluminio. L’opera è il processo, in forma di lavoro aperto, in grado di suscitare una conversazione attiva con il pubblico, che, nel caso di Lodi, è con il territorio e il fiume Adda.
LA MOSTRA DI FABIO RONCATO A LODI
Nella materia convivono la carica entropica e la tensione all’ordine: compito dell’artista è provocare la materia, per scardinare il rapporto causa-effetto e aprirsi a nuove inedite narrazioni. C’è una frase di Albert Einstein del 1929 che esprime esattamente la visione di Roncato: “L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata. L’immaginazione abbraccia il mondo”. La materia è nelle mani dello scultore con il suo potenziale: rimanere in suo ascolto e decidere quando turbarne l’ordine è il gesto creativo, l’immaginazione che può innescare un nuovo percorso di conoscenza, in analogia al processo sperimentale della scienza.
Un processo di turbolenza deciso, agito e documentato in équipe, grazie all’intelligenza collettiva dei compagni che Roncato ha riunito intorno a sé: Marcello Calvi della Fonderia Cubro e il fotografo Daniele Marzorati, che hanno contribuito alla costruzione della mostra.
Neve Mazzoleni
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