Corpi estranei. La mostra di Cesare Viel a Palermo

Da una performance in Spagna fino a una mostra a Palermo, passando per un workshop con gli studenti. Cesare Viel, la cui ricerca si nutre di scrittura, disegno, azione performativa, installazione, approda tra le sale della pinacoteca di Villa Zito

Sono “corpi estranei” le opere di Cesare Viel (Chivasso, 1964) in mostra a Palermo, dissonanze o interferenze incastonate tra dipinti novecenteschi, lungo le sale della pinacoteca di Villa Zito. Un dialogo che spezza la linea delle cronologie e che vive di balzi temporali, trovando ratio e misura nella volontà di costruire connessioni sincere, immediate, mentre la sorpresa si rinnova nel contrasto tra la cifra concettuale e quella figurativa, tra il discorso contemporaneo e la memoria storica, tra la sintassi dei simboli e quella della narrazione. E il termine “estraneo”, in cui sopravvive l’eco del perturbante, amplifica la potenza e la fragilità di ciò che è miracoloso, inatteso, differente. Una ricchezza che problematizza ed estende l’orizzonte, come un tesoro in cui s’inciampa e con cui va mantenuto un contatto, fisicamente, eroticamente, filosoficamente, mentre tutto cambia dentro e intorno. Il respiro, lo spazio, le lettere di una frase, l’ordine dei ragionamenti, la traiettoria dei passi: ogni cosa è in movimento, ogni incontro/scontro tra oggetti, segni, soggetti è occasione da cui si origina il reale, immaginando quotidiane tessiture verbali, sonore, visive, gestuali. La voce di Cesare Viel, in un loop che ipnotizza e riempie le stanze, ribadisce la dolce ossessione di questo “respirare tutto, respirare spazio, spaziare tutto, immaginare di camminare…”.

Cesare Viel, Corpo estraneo. Toccare un tesoro, 2022, tappeto intessuto a mano in pura lana, colori vegetali. Photo Fausto Brigantino, courtesy ruber.contemporanea e l'artista

Cesare Viel, Corpo estraneo. Toccare un tesoro, 2022, tappeto intessuto a mano in pura lana, colori vegetali. Photo Fausto Brigantino, courtesy ruber.contemporanea e l’artista

IL TAPPETO DI VIEL NELLE COLLEZIONI DEL MUSEO RISO

Cesare Viel. Corpi estranei/Toccare un tesoro, a cura di Elisa Fulco e Giulia Ingarao, ideatrici del progetto insieme ad Antonio Leone, è l’ultima tappa di un cammino sviluppatosi tra l’Italia e la Spagna, a partire da settembre 2022. Un’idea promossa dall’associazione Ruber, che ha convinto la giuria del premio Italian Council e che ha contato su una rete di partner nazionali e internazionali, dalla Fondazione Pietro e Alberto Rossini all’Universidad de Málaga e alla Facultad de Bellas Artes de Málaga, queste ultime coinvolte in un’intesa performance per il Centre Pompidou Málaga, al margine di un workshop con gli studenti. E poi la Fondazione Sicilia, che ospita la mostra palermitana, e il Museo Riso, che in collezione acquisisce l’opera principale, un grande tappeto rosso (Corpo estraneo. Toccare un tesoro o un mistero, 2022), incarnazione del titolo-concetto: la grafia dell’artista è affidata alle mani di ricamatrici iraniane, in un corsivo che è trama sempre aperta e che ha la minuzia del gesto artigianale, l’intimità della scrittura, l’incisività del pensiero. Le due frasi giallo oro si dispongono in superficie secondo una specularità imperfetta, facendo del testo un corpo vivo, cangiante. Dettaglio che spinge il visitatore a percorrere il perimetro dell’opera, per assecondare la lettura. Proprio come si fa con le sculture, destinate a modificarsi di continuo con il mutare della luce, degli sguardi, delle prospettive.
E il colpo d’occhio è subitaneo, sulla soglia della stanza, dove il rettangolo vermiglio si accorda con la celebre serpentina di lava di Guttuso (Eruzione dell’Etna, 1934) e con il fuoco che riverbera sui due corpi in fuga ne Il risveglio dell’Etna (1934) di Pippo Rizzo. In una tensione dialettica, rispetto alla tragedia del racconto pittorico e alla maestosa irruzione del vulcano, il tappeto è isola, pausa, raccordo, luogo d’ascolto e di concentrazione, spazio comune, territorio della meraviglia e del mistero, in cui realizzare quell’ipotesi esistenziale orientata all’apertura e al movimento, all’esperienza della differenza e dell’imprevisto.

Cesare Viel, Scrivere il giardino, 2020, collage su carta. Photo Fausto Brigantino, courtesy ruber.contemporanea e l'artista

Cesare Viel, Scrivere il giardino, 2020, collage su carta. Photo Fausto Brigantino, courtesy ruber.contemporanea e l’artista

CESARE VIEL E LA PITTURA DEL NOVECENTO

Ancora al livello del suolo si colloca l’opera In un punto del mondo, composta da grandi fogli di carta su cui Viel ha trascritto di suo pugno una serie di osservazioni/indicazioni. Sono semplici frasi per suggerire una maniera possibile di sentire le cose, di spendere il proprio tempo nel mondo: nuova occasione di scambio e d’incontro con l’altro, suggerendo di “lasciare dei vuoti qua e là come pieghe”, di “aprire la tovaglia, metterla a terra come un corpo, un panorama vuoto, una pianura”, o ancora di “spostare e disporre gli oggetti sulla tovaglia, uno a uno, come parole vive che si ascoltano nel corpo”. Breviario minimo per un rituale immaginario, senza vincoli e senza scopo.
La vocazione performativa, nel lavoro di Viel, vive e sopravvive in ogni piega, in ogni processo di formalizzazione e di scrittura. E qui la parola scritta, che costruisce un paradigma fatto di azioni semplici (camminare, organizzare spazi, respirare) e di cose comuni (tovaglie, parole, pianure, silenzi), si aggancia agli scorci urbani (Chiesa della salute, 1948) o domestici (Natura morta con le mele, 1952) di de Pisis, a un pezzetto di campagna di Fausto Pirandello (Paesaggio, 1954), alle severe incisioni geroglifiche di Sironi, che nella pietra disegnano Personaggi e montagne (1942-44) o un’ambigua Composizione metafisica (1942-44), simili a reperti della modernità. Un unico catalogo di frammenti, intercettati lungo il flusso del quotidiano.

Cesare Viel, Corpi estranei, In un punto del mondo, performance. Photo Fausto Brigantino, courtesy ruber.contemporanea e l'artista

Cesare Viel, Corpi estranei, In un punto del mondo, performance. Photo Fausto Brigantino, courtesy ruber.contemporanea e l’artista

CESARE VIEL TRA PERFORMANCE E SCRITTURA

Occupa il centro di un’altra sala un giaciglio di balle di fieno, con immediato richiamo a una tra le più note opere di Viel, la performance Lost in meditation del 1999. E funziona, come il più spontaneo degli accordi, senza temere il rischio didascalico, il dialogo con la tela a tema agreste di Armando Pizzinato Mietitura (1955), ma anche quello con una soave marina di Carrà, Costruzioni sulla spiaggia (1957): tutti spazi di quiete metafisica, individuati in fondo al reale e qui riverberati anche nella serie di disegni Massi da scogliera (2022), grovigli di linee morbide e di volumi fluidi, ariosi, quasi che la pietra si sia fatta vento, fiume, sentiero. Un’armonia generale di rosa, ocra, grigi e azzurri domina l’ambiente, connettendo i dipinti, le carte e la scultura. Variazioni – diversissime – del concetto di spazio meditativo e di paesaggio naturale.
Ancora assonanze cromatiche tra le foglie di Tempio buddista a Bangkok (1911-12) di Galileo Chini, costruito da dense pennellate di matrice divisionista, e il verde squillante della serie Scrivere il giardino (2020), astrazioni segniche che galleggiano sul fondo bianco, innestandovi un principio ideale di vegetazione.
Cesar Viel, tra gli artisti italiani più affascinanti della sua generazione, prosegue con coerenza una ricerca che si nutre di equilibri tra la realtà più semplice, minuta, e la sua intelligente trasfigurazione poetica o concettuale. Un esercizio di intensità e di misura, che scansa pallidi clichè e sbavature retoriche. Un lavoro che è scrittura, sempre, in ogni modo: di corpi, di voci, di gesti, di parole. Nel disegno faticoso di identità continuamente ridiscusse, liberate, la linea tracciata sul foglio non è mai chiusa e lo spazio dell’incompiuto viene abitato, attraversato in ogni direzione. Lasciandosi sorprendere dall’immagine che vi sorgerà.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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