A Firenze i 30 anni della collezione Sandretto Re Rebaudengo
A Palazzo Strozzi va in mostra il meglio della collezione Sandretto Re Rebaudengo: tra intenti celebrativi e installazioni “hollywoodiane”, l’operazione svela un gusto mecenatistico meno affettato di quanto si possa pensare
Si intitola Reaching for the Stars. Da Maurizio Cattelan a Lynette Yiadom-Boakye la nuova mostra di Palazzo Strozzi: una parata di grandi nomi dell’arte contemporanea internazionale per celebrare, con più di 70 opere, trent’anni della Collezione Sandretto Re Rebaudengo, una delle più note e attive realtà collezionistiche in Italia nel campo dell’arte contemporanea. Raccolta nata e prosperata per merito di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, partendo, nel 1992, da uno studio visit londinese dall’artista Anish Kapoor, allora giovane promessa fresca della vincita del Turner Prize: un’epifania che ha portato l’ideatrice dell’omonima Fondazione a entrare in contatto con la storia recente dell’arte e riuscire persino a coltivarla, promuovendo negli ultimi decenni la conoscenza e la crescita di molti enfant prodige del panorama artistico mondiale.
COLLEZIONE SANDRETTO. LA MOSTRA A PALAZZO STROZZI
Quale scenario migliore di Firenze, dove il mecenatismo si è sviluppato nella sua accezione moderna, per encomiare trent’anni di acquisti, progetti e ricerca? Si parte dal cortile palatino con l’installazione di Goshka Macuga intitolata GONOGO, sincretica allusione alla fase di lancio di un razzo e alla poetica idiosincrasia del partire e non partire: il massiccio missile-giocattolo vorrebbe suggerire di guardare il cielo, ma offre, al contempo, un magniloquente proscenio rispetto al contenuto delle sale interne. Tuttavia Reaching for the Stars non è elegia di un’individualità ingombrante, come poteva essere il committente in epoca moderna, piuttosto sviluppa, attraverso una personale cronologia, un racconto trasversale della storia dell’arte attuale, con sparute finalità didattiche e un finale (aperto) decisamente gradevole.
L’origine del percorso espositivo è proprio la prima opera acquisita visitando lo studio di Anish Kapoor, 1000 names, e, per estensione, uno scorcio della Londra dei primi Anni Novanta, con Damien Hirst, Glenn Brown e Sarah Lucas; da questa scelta associativa, tutte le sale del Piano Nobile e i sotterranei spazi della Strozzina vengono suddivisi in base ai rapporti formali e contenutistici tra le opere, creando piccole mostre autonome all’interno del best of selezionato dalla Collezione Sandretto Re Rebaudengo. Così dal Made in Italy, dove spiccano le iconiche opere di Maurizio Cattelan, Paola Pivi e Lara Favaretto, si affronta il topos artistico del corpo (Bodies) con un intervento di Berlinde De Bruyckere, tele di Lynette Yiadom-Boakye, la terracotta “simulata” di Mark Manders, fino alle tematiche politiche e sociali più recenti, chiaramente sempre vicine e pertinenti alla sensibilità degli artisti in mostra e ben condivise dalla committenza. Emergono mirate attenzioni rivolte all’artista di genere femminile, a riprova di una volontà di ricerca da parte della Sandretto Re Rebaudengo continua nel tempo e lungimirante nella divulgazione. Fortemente voluta è l’interazione con le istituzioni e gli spazi esterni a Palazzo Strozzi, come le conferenze previste nelle splendide biblioteche della città e il progetto di Katja Novitskova presso Manifattura Tabacchi, oltre a numerose iniziative che coinvolgono università e visite guidate ai luoghi d’interesse del territorio circostante. Tutto questo nell’intento di elevare l’esposizione a piattaforma accessibile ed espansa, educando al valore relazionale del collezionismo odierno, non più accumulo provato di unicità e “frammenti” d’arte, bensì un meccanismo multidisciplinare, produttivo e coinvolgente.
GLI ARTISTI IN MOSTRA NELLA STROZZINA
Tornando alla mostra, la vera sorpresa è nelle sale basse conosciute come Strozzina, locali fin dal 2007 adibiti alla sperimentazione delle arti contemporanee, con un’ampia e raffinata proposta di opere video, persino insolita nel collezionismo italiano, spesso adagiato in muti apparati da salotto e poco disposto al carattere immersivo e meditativo della videoarte, come invece si ben coglie in The End – Rocky Mountains di Ragnar Kjartansson, sensata nella sua indole avvolgente. La cura nell’allestimento, il favore scenico di ambienti non “disturbati” da volumi e strutture rinascimentali, oltre all’indubbia caratura dei nomi considerati, da William Kentridge a Fiona Tan fino a Douglas Gordon e Philippe Parreno, premiano la sezione sotterranea di uno spicco quasi maggiore rispetto al Piano Nobile. Proprio nella peculiarità degli spazi, dal carattere intransigente, risiede una delle criticità di gestione di Palazzo Strozzi, per quanto, finalmente, non abbia dovuto affrontare forzose proposte site specific, preferendo riunire le molteplici e lecite letture delle opere nel solco di una costellazione circoscritta dalla stessa Sandretto Re Rebaudengo, simbolo del casato e della Fondazione.
Luca Sposato
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