Scorci d’infinito. La mostra di Nina Carini a Milano
L’elegante poetica di Nina Carini pervade la millenaria Basilica di San Celso a Milano, creando una dimensione parallela in cui si indagano le possibilità dell’infinito
Cosa possiamo fare per l’Infinito? Questa è una delle domande che danno origine ad Aperçues (“visioni, scorci”), la nuova mostra di Nina Carini (Palermo, 1984) negli spazi della Basilica di San Celso a Milano. L’incontro fra gli ambienti della chiesa e le delicate opere di Carini dà origine a un luogo nuovo e trascendente. La mostra, curata da Angela Madesani e Rischa Paterlini, propone una riflessione sui temi del tempo e del rapporto fra limite e infinito. Utilizzando materiali nobili e spesso semi-trasparenti, come l’alabastro o il vetro, le opere di Carini si situano a metà strada fra il visibile e l’invisibile.
LE OPERE DI NINA CARINI IN MOSTRA A MILANO
Ad accogliere i visitatori, ai lati dell’itinerario che da Corso Italia conduce alla basilica, alcuni ripetitori riproducono le voci di bambini che recitano i nomi di tribù, lingue o parti del mondo che stanno per scomparire. Entrando, si incontrano opere in dialogo con lo spazio espositivo. È il caso, per esempio, di Venere Bugiarda 3023, i cui vasi di fiori – alcuni effimeri, altri stabilizzati ‒ circondano un pilastro della basilica, o di Senza Voce, una scultura in alabastro inserita nel confessionale. Quest’ultima opera, anche per la sua posizione, risulta forse la più intima fra quelle in mostra. Come ci spiega l’artista, “in ‘Senza Voce’ ho cercato di riprodurre l’interno della mia gola, collegandola a una situazione di afasia”. Allestire quest’opera in un confessionale, luogo dedito alla liberazione dai nostri segreti e tormenti, la arricchisce di ulteriore ambiguità e profondità.
L’altare, poi, sottolinea la spiritualità dell’opera posizionata alle sue spalle: Mani come rami che toccano cielo. Realizzata durante la residenza presso Fonderia Battaglia, l’opera si compone di due lunghi rami di bronzo culminanti in mani (ottenute dal calco di quelle dell’artista) rivolte al soffitto della basilica. La tensione verso l’infinito, la forte dimensione spirituale e l’eleganza della fattura rendono quest’opera il fulcro di una mostra che, più che nella singolarità delle sue componenti, trova compimento nella loro reciproca inscindibilità.
Alberto Villa
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