Futuro Antico. Intervista al direttore degli Uffizi Eike Schmidt
Dalle sue fonti di ispirazione artistica all’importanza di condividere il sapere con le nuove generazioni, un dialogo a tutto campo con il direttore delle Gallerie degli Uffizi
Eike Dieter Schmidt (Friburgo, 1968) è uno storico dell’arte tedesco che dal novembre 2015 ricopre la carica di direttore delle Gallerie degli Uffizi di Firenze. Riconosciuto come uno dei massimi esperti e conoscitori di scultura europea del Rinascimento e Barocco, ha al suo attivo oltre 200 pubblicazioni scientifiche. È stato curatore della National Gallery of Art di Washington D.C., del J. Paul Getty Museum di Los Angeles e direttore del dipartimento di Scultura e Arti Decorative, responsabile per l’Europa, presso la casa d’aste Sotheby’s di Londra. Gli abbiamo chiesto come vede il futuro.
Quali sono i tuoi riferimenti ispirazionali nell’arte?
È assolutamente importante non avere un canone di riferimento rigido, ma essere curiosi avendo continuamente fonti di ispirazioni nuove. Come direttore di un museo, il mio ruolo fondamentale è quello di avere un occhio su tutte le discipline e avere diversi modelli di riferimento che siano sociali, come Falcone e Borsellino, o storici come il cardinale Leopoldo che, pur essendo un uomo di chiesa, studiava testi di teologia considerati eretici approfondendo religioni diverse dal cristianesimo e collezionando strumenti scientifici, autoritratti d’artista o ritratti d’artista fatti da altri artisti. È un modello remoto ma comunque attualissimo. Non posso citare artisti o architetti contemporanei perché sono troppo vicini, ce ne sono molti ma è bene avere con loro una relazione viva e dinamica!
Qual è il progetto che ti rappresenta di più? Puoi raccontarci la sua genesi?
Fra quelli realizzati recentemente direi i nuovi allestimenti della sale degli Uffizi. Dopo aver deciso di ampliare il museo raddoppiando gli spazi, questo progetto è cresciuto fino a una triplicazione delle sale espositive, avendo così la possibilità di ripensare la collezione senza rompere i nuclei originari, permettendo alle persone di continuare a visitare il museo aggiungendo nel frattempo il 40% delle opere che erano nei depositi. Assieme all’architetto Antonio Godoli abbiamo progettato delle teche che hanno una superficie completamente trasparente, aumentando la tutela ma anche la fruizione delle opere e permettendo ai visitatori di avvicinarsi a pochi centimetri di distanza dalle opere.
Abbiamo valorizzato aspetti contemporanei della collezione inserendo molte opere prodotte da artiste donne del passato e creando tensioni interessanti tra artisti di diverse epoche, trattando l’arte storica come se fosse una collettiva di arte contemporanea.
Che importanza ha per te il Genius Loci all’interno del tuo lavoro?
È molto importante che il Genius Loci venga definito a diversi livelli, è fondamentale come luogo specifico ma è ancora più importante considerare che siamo tutti esseri umani sul pianeta terra e questo è il nostro Locus per eccellenza, che unisce tutti gli esseri umani. Uno tra i tanti pianeti con la vita ma forse l’unico che avremo mai la possibilità di conoscere.
Al contempo il Genius Loci sono anche i pochi metri quadrati del mio studio e il luogo in cui esco a fare passeggiate nelle colline attorno a Firenze. In quanto pensatore sono molto aristotelico, peripatetico, mi muovo moltissimo così come faceva Heidegger, credo che sia necessario dare ritmo ai pensieri. Il Locus non è quindi un concetto stabile ma dinamico, non necessariamente correndo, ma andando avanti e indietro e guardando le cose da più angoli.
PASSATO E FUTURO SECONDO EIKE SCHMIDT
Quanto è importante il passato per immaginare e costruire il futuro? Credi che il futuro possa avere un cuore antico?
Da un punto di vista fisico, passato, presente e futuro esistono tutti allo stesso livello in contemporanea e questo ci aiuta a capire che opere o idee del passato possono essere attualissime oggi o essere fuori tempo ma diventare nel futuro, di nuovo, di grandissima importanza. È fondamentale riconoscere questa trasversalità nei tempi.
In un’epoca definita della post verità, ha ancora importanza e forza il concetto di sacro?
Il concetto di sacro non ha nulla a che vedere con il tempo. È un qualcosa di cui non possiamo fare a meno, così come il concetto di verità. Cambia il modo in cui definiamo queste idee e oggi certamente c’è una grande incertezza. Quella che potremmo definire post verità in realtà potrebbe essere una pre verità.
Le nuove tecnologie stanno ridefinendo la nostra epoca, che a lungo è stata definita come post moderna, e sarà molto probabile che grazie a queste rivoluzioni torneremo a dare una definizione del nostro tempo simile a qualcosa che c’è già stato.
Come immagini il futuro? Sapresti darci tre idee che secondo te guideranno i prossimi anni?
La nostra percezione del mondo viene fortemente determinata dalle nostre tecnologie così come il comportamento fisico, il pensiero, le nostre paure e le nostre speranze. In passato la possibilità di avere una videocamera installata sul telefonino ha cambiato radicalmente i nostri comportamenti e oggi la sfida è capire come cambierà il nostro modo di prendere appunti, di pensare o addirittura di non pensare.
Un secondo punto importante è la continua globalizzazione (anche questa determinata dallo sviluppo tecnologico), che sta evolvendo in maniera dialettica con tesi, antitesi e finora ancora poche sintesi.
Nel nostro lavoro ci troviamo a comunicare con tutto il mondo e dobbiamo trovare il modo di farlo in maniera coerente, sia livello digitale che con i visitatori fisici. Oggi i visitatori appartengono a una molteplicità di Paesi come mai è accaduto prima, ognuno arriva con la propria cultura e le sue preoccupazioni e il nostro obiettivo è rendere il museo un luogo di scambio culturale. C’è un enorme potenziale nel realizzare format che mettano insieme americani e coreani che visitano allo stesso tempo il museo, ognuno con i propri occhi e con i propri modelli di riferimento culturali.
Infine il terzo punto è generazionale: in tutti i Paesi più industrializzati abbiamo una forte denatalità e dobbiamo pensare che tutto il nostro sapere lo abbiamo acquistato nel corso di molti anni, se non decenni, ed è oggi necessario condividerlo con le nuove generazioni. Ogni generazione deve definire il proprio luogo nel mondo e questa è una situazione in cui ci sono sempre meno giovani che sono sempre più marginalizzati con il potere che è detenuto dalle generazioni più vecchie.
Quali consigli daresti a un giovane che voglia intraprendere la tua strada?
Consigliare di seguire la mia strada sarebbe già un errore, non bisogna mai cercare di andare sulle tracce di un altro. Posso consigliare di concentrarsi sulle cose che veramente ci affascinano e di avere una mente aperta e viaggiare. Fare attività diverse tra loro ci aiuta a vedere il mondo con prospettive diverse.
Marco Bassan
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