Light Art: è ancora ambientalmente sostenibile? Parola all’esperto
In un momento di forte crisi energetica, è d’obbligo interrogarsi sulla natura e sugli effetti della Light Art, che usa la luce come materia prima. Ne abbiamo parlato con Gaetano Corica, co-curatore del progetto “Fabbrica della Luce” alla Fabbrica del Vapore di Milano
Sempre più frequentemente, nelle grandi città italiane e soprattutto nelle aree metropolitane, vengono aperti nuovi luoghi e spazi per le arti e per gli artisti.
Lo scorso gennaio ha inaugurato la mostra del light artist Carlo Bernardini nel piazzale della Fabbrica del Vapore, a Milano, all’interno del progetto Fabbrica della Luce. L’evento è stato curato da due dei maggiori esperti italiani di Light Art: Gisella Gellini e Gaetano Corica.
Proprio a Corica abbiamo chiesto di riflettere sul rapporto tra un linguaggio “energivoro” come quello della Light Art e la crisi energetica che stiamo vivendo, aggravata dal conflitto russo-ucraino.
INTERVISTA A GAETANO CORICA
Cosa rappresenta il progetto Fabbrica della Luce?
La Fabbrica della Luce rappresenta il paradigma di una visione della Light Art come protagonista della progettualità urbana contemporanea e come elemento fondante nella definizione dell’identità di un luogo. È un progetto curato dal sottoscritto e da Gisella Gellini, architetto e docente del Politecnico di Milano. L’idea è che artisti di fama internazionale si misurino con la vastità del piazzale antistante la Fabbrica del Vapore, che diviene una tavola bianca atta ad accogliere un intervento progettuale site specific di grandi dimensioni che trasformi questo luogo di passaggio in uno spazio proprio dell’arte, una soglia immersiva a cavallo tra l’istituzione e il tessuto urbano della città di Milano. Il primo intervento, Il Punto dell’Infinito, è affidato a Carlo Bernardini, un artista di fama internazionale che da anni indaga il tema della luce attraverso l’uso della fibra ottica.
Quale potrebbe essere una sua personale definizione di Light Art e cosa permette a un artista di definirsi “light artist”?
La Light Art è una forma d’arte visiva che indaga la luce nella sua chiave esperienziale, privilegiandone una lettura soggettiva e sensoriale. La luce rappresenta il fulcro della ricerca teorico-tecnica della Light Art lungo tutte le fasi del processo creativo: dall’utilizzo come medium al suo perseguimento come fine espressivo e concettuale. L’enunciato rappresenta una personale visione, che attinge dalle sensibilità più contemporanee. Perché una lettura di questo tipo possa essere condivisa, è necessario affrontare il tema con quella maturità intellettuale che permetta il superamento di una rigida conformità a condizioni teorico-tecniche, a beneficio di un maturo confronto con le contraddizioni insite naturalmente in un tema di tale portata. Il light artist è, parafrasando una celebre frase di James Turrell, colui che si nutre di luce e la assorbe attraverso la propria pelle.
È possibile parlare di una storia della Light Art?
Risulta improprio far riferimento a una vera e propria storia della Light Art, in assenza di una ricerca storiografica di carattere collettivo che affronti il tema della produzione artistica in funzione del suo rapporto con la luce e con l’evoluzione tecnologica dei suoi strumenti di rappresentazione. Vi sono certamente una serie di episodi fondanti che, dai primi del Novecento sino a oggi, ne rappresentano i punti di riferimento, ma vi è la necessità di armonizzarne la relazione all’interno di una narrazione lineare, esauriente e stratificata.
Da anni porta avanti, insieme a Gisella Gellini, un progetto sulla Black Light Art. Da cosa nasce tale interesse?
Il progetto Black Light Art: la luce che colora il buio nasce nel 2016 dall’incontro di Fabio Agrifoglio (Fondazione Mario Agrifoglio) con Gisella Gellini e il sottoscritto. È incentrato sul lavoro di quegli artisti che indagano la relazione tra la luce di Wood e i pigmenti (o materiali) fluorescenti, generando nuovi registri espressivi. Caratteristica fondante di tale tecnica è il fatto che le opere varino i loro contenuti cromatici e formali, se illuminati da luce bianca o ultravioletta. Dall’Ambiente spaziale a luce nera di Lucio Fontana (1948-49) in poi, sono molti gli artisti che hanno sperimentato tale tecnica, dai maestri Gianni Colombo e Dadamaino ai capiscuola Mario Agrifoglio e LeoNilde Carabba, sino a numerosi contemporanei. La Black Light Art ha dimostrato nel corso del tempo una ricchezza contenutistica e suscitato un inalterato interesse di pubblico e critica, come evidenzia l’omaggio nell’ultima Biennale di Venezia all’opera del maestro giapponese Tetsumi Kudo.
LIGHT ART: STORIA ED EVOLUZIONI
Chi sono e come agiscono i principali organizzatori di eventi di Light Art?
Le esposizioni di Light Art sono progetti di grande complessità, che richiedono strutturate competenze progettuali e illuminotecniche, ingenti fondi per la realizzazione e l’installazione delle opere, studi di fattibilità che garantiscano la qualità estetico-espressiva dei progetti, assicurando al contempo la sicurezza del pubblico. Tali aspetti concorrono a concentrare questo tipo di esperienza all’interno di una ristretta cerchia di realtà museali ed espositive con una precisa vocazione e di festival di Light Art ben strutturati. Tra i principali festival della luce in Italia, trovano posto Luci d’artista (Torino, Salerno), Roma Glocal Brightness, Biennale di Light Art (Mantova), Festival internazionale della Luce (Bergamo, Brescia), Light Festival (Lago Maggiore), Water Light festival (Bressanone), Kernel festival (Monza).
Quale è il target di fruitori di opere di Light Art?
I progetti di Light Art possiedono una ricca stratificazione di significati e livelli di lettura, il cui entry level è caratterizzato dalla meraviglia con la quale qualunque tipo di pubblico si approccia istintivamente all’opera. Non esistono barriere elitarie di fruizione, sebbene la profondità della lettura di un lavoro sia naturalmente proporzionale al grado di competenza e di sensibilità del pubblico. Una classificazione sommaria del target può essere definitiva in base al tipo di mostra: l’esposizione museale richiama generalmente un pubblico qualificato, un festival si rivolge a un pubblico più variegato appartenente al bacino territoriale di riferimento, una galleria interagisce con fruitori abituali, molti dei quali interessati all’acquisizione di opere.
Qual è, invece, il target di acquirenti di opere di Light Art?
Gli acquirenti sono generalmente collezionisti edotti che dispongono di spazi adatti alla collocazione di queste opere. L’esempio certamente più illuminante è stato quello di Giuseppe Panza di Biumo, che nella seconda metà del secolo scorso ha acquisito un imponente nucleo di opere di Light Art, riuscendone a leggere prima di qualsiasi altro l’importanza e il valore. Guidato dalla sua statura culturale e sensibilità artistica, Panza ha saputo creare un unicum nella collocazione di queste opere all’interno di Villa Panza, divenuta oggi un importante centro di riferimento artistico contemporaneo.
LIGHT ART E CRISI ENERGETICA
La recente crisi energetica ha influito e in che modo sulla committenza e sulla produzione di opere e di eventi di Light Art?
La recente crisi ha acuito le difficoltà nell’organizzazione di eventi di Light Art, sia sul piano delle sponsorizzazioni che su quello della sostenibilità dei consumi energetici. Il dazio non è solo di carattere economico, ma rischia di divenire anche danno d’immagine, laddove alcune scelte programmatiche di carattere politico-culturale ne mettano in dubbio l’opportunità, prestando il fianco a una sterile retorica. La crisi non ha invece frenato la produzione di opere, essendo la sperimentazione di un light artist frutto di una profonda e urgente vocazione e il rapporto con la committenza solido e generalmente continuativo.
In un momento come quello che stiamo vivendo, dove anche la riflessione artistica, oltre che quella sociologica, politica e filosofica, indirizza verso tematiche di compatibilità e sostenibilità ambientale, è eticamente, oltre che esteticamente, sostenibile la produzione di opere energivore?
L’arte deve farsi carico di tutte quelle responsabilità che gravano sulla società e la sostenibilità ambientale è un’urgenza assoluta che non può essere derogata. Ma la risposta a una domanda così deve necessariamente essere altrettanto strutturata e consapevole. Il light artist è uno sperimentatore, che ha accesso “privilegiato” a tecnologie illuminotecniche che ottimizzano la resa qualitativa, limitandone i consumi. Da questo punto di vista, può rappresentare un esempio e segnare la strada per una maggiore consapevolezza nell’utilizzo della luce. Il progetto della Fabbrica della Luce esprime questa sensibilità, mediante installazioni a consumo ridotto e opere green che sfruttano e valorizzano la luce naturale, annullando qualsivoglia consumo.
Le opere di Light Art oltre al costo di acquisto hanno un costo di mantenimento. Quale influenza ha questo fattore sul loro mercato?
Una parte significativa delle opere di Light Art, in particolar modo quelle di produzione più recente, sono caratterizzate da un consumo esiguo che rende trascurabili i relativi costi di mantenimento. Questioni di maggiore complessità sono invece una corretta collocazione di un’opera di luce e l’accesso alle componenti soggette a naturale deterioramento, in un contesto tecnologico estremamente dinamico che ha accelerato negli ultimi decenni il processo di obsolescenza del prodotto illuminotecnico.
Quali sono le tue riflessioni come organizzatore di eventi di Light Art nel contesto socio-economico di deficit energetico e di aumento dei costi, diretti e indiretti, della produzione di energia?
Ritengo auspicabile, in particolare nell’attuale contesto, che esperienze consapevoli di Light Art possano trovare uno spazio sempre maggiore nella nostra progettualità culturale e urbana. La nostra civiltà ha spesso confuso il concetto di qualità della luce con quelli di quantità o intensità, specialmente nella sfera occidentale, che ha eletto la vista come senso privilegiato del proprio incedere. Il lavoro di un light artist può rappresentare uno strumento per educare alla cultura della luce, l’ambizione principale di quanti lavorano con passione e competenza in quest’ambito. Sulle fondamenta di questa consapevolezza può prendere forma un nuovo paradigma comune di sensibilità, qualità e sostenibilità nell’uso della luce.
Giuseppe Simone Modeo
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