Lucio Fontana e Alberto Giacometti in dialogo a Firenze
Al Museo di Palazzo Vecchio va in scena l’incontro fra due artisti apparentemente lontani, ma accomunati da un approccio critico e concreto alla materia
Artisticamente non si assomigliano troppo e nemmeno umanamente. Lucio Fontana (Rosario, 1899 – Comabbio, 1968) resta più interessato ai volumi che agli effetti cromatici prodotti dai materiali; mentre Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa, 1901 – Coira, 1966) predilige materiali scuri che assottigliano la forma dei corpi delle sue sculture. Al Museo di Palazzo Vecchio, fino al 4 giugno 2023, Fontana e Giacometti dialogano sulla verità dell’arte “conquistata attraverso l’esperienza della materia e dell’immaginazione”, come sottolineato dai curatori Chiara Gatti e Sergio Risaliti.
FONTANA E GIACOMETTI A FIRENZE
Nella Sala delle Udienze, attraverso le spigolature di terracotta dipinta di Fontana o i lavori in bronzo di Giacometti, si coglie la ricerca dei due artisti tesa al concetto di spazio.
“Rinunciando all’imitazione e sperimentazione fino all’estremo i limiti della rappresentazione simbolica e figurativa”, scrivono Chiara Gatti e Sergio Risaliti, “la pratica artistica di Alberto Giacometti e Lucio Fontana si impernia sul gesto e la manipolazione, sulla concertazione e la rinuncia alla forma definitiva. Figure dalle indoli opposte, ma accompagnate dalla stessa magnifica ossessione, quella per l’invisibile che è dentro e fuori di noi, nella carne e nel cosmo, nelle cellule e nelle stelle, Giacometti e Fontana lavorano la materia togliendole ingombro e opacità, alla ricerca di un assoluto che si rivela nei confini della materia stessa …”.
Le sculture di Fontana, installate nella Sala dei Gigli, evocano la natura in grosse sfere irregolari perforate da profondi buchi e fenditure: sculture eseguite in creta e successivamente fuse in bronzo. I Concetti spaziali. Natura sono volumi plastici che innescano suggestioni quasi primordiali per la ruvidezza della forma. La materia lasciata grezza ‒ e quasi a tratti informe – di Paulette (1938) e di Signorina seduta (1934) evoca il vento che modella, come una mano, la materia.
LA MATERIA SECONDO FONTANA E GIACOMETTI
Nelle sculture di Giacometti, lo spazio si carica di una forte valenza simbolica, perché identifica la solitudine dell’uomo. La rappresentazione dell’umano svela il fascino della realtà che lo circonda. Le sue figure filiformi, che si ergono su piedistalli, sono erose dal tempo. La materia, lavorata velocemente, accentua il senso di precarietà della vita, di inquietudine e di decadenza della materia.
“Uno struggente senso del sacro nutre il loro slancio verso l’ineffabile e l’insondabile. Sempre a ricercare”, osservano ancora Chiara Gatti e Sergio Risaliti, “il mistero dell’esistenza e del senso della vita, spingendosi fino a prima della cultura e all’irraggiungibile dell’infinito, Fontana e Giacometti rimandano a un altrove da afferrare con le mani, da ghermire nella materia, da reificare in una immagine, in un corpo, in un volto o in un gesto”.
Infine, la mostra tenta di dare rilievo alle tendenze e al ruolo sociale dell’arte tra gli Anni Quaranta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Il ritorno allo studio dei classici in Fontana, connesso a una nuova attenzione per l’uomo e il suo destino nel mondo contemporaneo in Giacometti, il quale produsse delle figurazioni incentrate sull’individuo da cui emergono le sue debolezze e le paure.
Andrea Carnevali
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