Perché Michelangelo Pistoletto è trattato come una rockstar
Acclamato da molti, soprattutto giovani, Michelangelo Pistoletto, dall’alto dei suoi quasi 90 anni, non è una rockstar, ma un artista che ha trovato il modo di veicolare un pensiero coerente, alla portata di tutti
Arrivato a Roma per inaugurare Infinity al Chiostro del Bramante, Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933) in sole 48 ore è stato invitato a tenere una lectio magistralis nell’aula magna dell’Accademia di Belle Arti; un paio di interventi radio e due interviste televisive (rispettivamente da Giovanni Floris per LA7 e da Serena Bortone per la Rai); una conferenza con Franco Bernabè al Palazzo delle Esposizioni (sold out), un’affollata anteprima stampa con interminabili domande di giornalisti nel suddetto Chiostro, un’inaugurazione con folla che ha messo a dura prova la sicurezza e persino un professionale colloquio post prandiale con chi scrive. Il tutto annunciando un tour di conferenze che neanche i Rolling Stones reggerebbero più e che prevede: il 23 marzo una tappa al Museo della Scienza di Milano; il 30 a Torino al Museo Egizio; il 19 aprile a Padova e poi nel corso di maggio/ giugno lectio magistralis a Salerno, Napoli, Bologna, Palermo per chiudere, dopo una serie apparizioni in Sardegna, con un incontro a Gubbio nel bosco di San Francesco accanto a Padre Fortunato in ottobre. E per non farsi mancare niente, dopo Roma, ecco che il 23 marzo inaugura una mostra al Palazzo Reale di Milano dal titolo La pace preventiva.
Intorno a tanto calendario si raccolgono ogni volta folle di fan (giovani soprattutto) che chiedono autografi e selfie mentre un immancabile presidio di groupie molesti si raccoglie persino sotto l’albergo come si conviene a una rockstar.
Ma la notizia è che Pistoletto non è una rockstar. È un artista di prestigio internazionale che all’età di 89 anni (ne compie 90 il prossimo 25 giugno) si trova in piena esposizione mediatica, oltre i confini della comfort zone che finora il mondo dell’arte aveva garantito anche ai suoi più famosi cittadini. Lo ha voluto lui. Con determinazione e una certa dose di coraggio. Una scelta meditata per raggiungere il più largo numero possibile di persone disposte a seguirlo nella costruzione di un progetto, il Terzo Paradiso, che non vuole essere rivoluzionario ma evolutivo, non vuole contrapporsi al mondo presente ma indicare una via di uscita alle troppe criticità che ci affliggono, vuole infine risolvere dialetticamente i conflitti della travagliata nostra contemporaneità.
L’ARTE E L’IMPEGNO DI PISTOLETTO
Il tutto attraverso l’arte come linguaggio universale e bisogno universale. Per questo ha tradotto la forza del suo pensiero dialettico con quella formula di un nuovo simbolo di infinito dal triplo cerchio pronto a ospitare il tempo futuro, che lui ha saputo rendere un brand di tanto pensiero. Per questo ha fondato nel 1998 quella Cittadellarte a Biella come luogo fisico, comunità e utopica visione di un cambiamento sociale. Per questo ha ottenuto una Laurea Honoris Causa all’Università di Torino, dove a conferirla è stata la facoltà di Scienze politiche, mica di Storia dell’arte. Per questo ha fondato in tutto il mondo ben 320 ambasciate del Terzo Paradiso che il 21 marzo si uniscono in un flash mob per invitare gli uomini del pianeta a intraprendere un cammino di coscienza e responsabilità.
“L’essere umano ha un potere distruttivo illimitato e sta portando il mondo alla catastrofe. Uniti mano nella mano, avviamo il cammino di una nuova umanità”, ha scritto come viatico di tanta strada.
Sono frasi di un leader, di un guru, di un maestro spirituale o di un profeta e non atteggiamenti da artista superstar dei nostri tempi, che pensa di aver raggiunto il culmine del successo quando è conteso dai brand del polo del lusso, calca i red carpet dei grandi festival, si immortala nelle photo gallery delle pagine mondane. Al nostro Michelangelo non interessa il red carpet. Vestito di sobria eleganza sabauda, dotato di naturale e autorevole postura, con il suo bel volto protetto dall’unica concessione civettuola (un immancabile panama bianco), Pistoletto conquista la sua gente con messaggi di concreta, creativa e rassicurante speranza. Il pubblico lo vuole, le televisioni lo richiedono, i follower lo inseguono per strada. Eppure a suo parere ci dice di non aver ancora raggiunto l’obiettivo: “È tutta la società che mi interessa, quindi siamo ancora molto lontani da quello che dovrebbe essere un vero intervento mediatico, quello necessario al mio progetto che è molto ambizioso e tocca i punti più profondi del vivere sociale”. Per questo, spiega, ha scritto un libro. Lo ha prodotto nei lunghi giorni di lockdown, quando, non potendo lasciare Biella, cercava comunque strumenti per parlare al mondo. Titolo La formula della creazione. Svolgimento: 346 pagine divise in 31 capitoli che ci accompagnano dalla nascita di Michelangelo alla nascita del Terzo Paradiso, della sinuosa formula “trinamica”, di Cittadellarte, delle paradisiache ambasciate.
LA COERENZA DI PISTOLETTO
Un libro che parla di responsabilità dell’arte e degli artisti, di utopia e di istituzioni, di estetica e di etica, di universo e multiverso, di memoria e tecnologia. Un testo politico sull’oggi e sul domani ma anche storico nei racconti di ieri. Insomma, una fatica totale e totalizzante che avrebbe dovuto raccogliere l’intera esperienza di Pistoletto. Invece non è tutto: “Dopo essere passato dal linguaggio visivo a quello scritto, ho capito che era necessario un ulteriore avanzamento verso la parola. È la parola adesso che mi permetterà di raggiungere il più vasto pubblico possibile, compito che la tecnologia, i social media, le infrastrutture mediatiche mi rendono anche più facile. Il mio nuovo lavoro è lo specchio virtuale che segue lo specchio visivo”. E quando chiediamo: “Se allarga così tanto il suo campo di azione, non ha paura di essere frainteso? Di esporsi con un linguaggio che parte dall’arte verso un mondo politico e sociale che di arte è ha digiuno?”, “Impossibile”, risponde categorico. “Come si può fraintendere un mio Quadro specchiante? Lo capiscono tutti. Qualcuno può approfondire il pensiero, rendersi conto che è una nuova visione dello spazio e del tempo, altri rimangono solo attratti dalla superficie dell’immagine, ma nessuno lo fraintende. Così come tutti mi capiscono quando parlo di ‘pace preventiva’ che va costruita ancor più che la guerra preventiva, o quando spiego come alla parola ‘protesta’ si deve opporre la parola ‘proposta’, e se un tempo ero tra i primi a parlare di sostenibilità oggi questo principio è entrato nelle leggi e negli ordinamenti di molti Paesi. Quindi sono ottimista”.
Tanto ottimista da riuscire evidentemente a trasmetterla questa fiducia, con un’energia e una forza che lascia sgomenti. Non solo per la sua età, ma per una certezza e coerenza unita alla tolleranza, che è cosa rara vedere. Torna alla mente un’immagine storica: un Pistoletto capelluto, barbuto, vestito di jeans e montone, che, in pieni Anni Sessanta, fa rotolare una gigantesca sfera di giornali per le strade di Torino. Energia fisica, azione teatrale, performance e manipolazione artigianale dei media pressati in cartapesta. E vien da tirare un filo rosso da quel roteare di carta stampata all’attuale vertigine di presenze mediatiche con cui riesce a portare urbi et orbi il suo messaggio. Quasi una profezia del Pistoletto che oggi riempie gli auditorium, mette in difficoltà persino un Giovanni Floris (fino allora convinto che parlar d’arte fosse una cosa frivola) e, uscendo dagli studi televisivi, si sente chiedere: “Ehi maestro ce lo famo un selfie?“.
Alessandra Mammì
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