Le opere di Irene Fenara e Carlo e Fabio Ingrassia a Roma
Con Irene Fenara e con Carlo & Fabio Ingrassia, Palazzo Braschi accoglie due nuove opere nell’ambito di Quotidiana, il programma espositivo sull’arte italiana della Quadriennale
Nel 2019 sul supplemento Robinson di Repubblica Daniel Pennac raccontò di aver sentito alla radio Lacan pronunciare una frase tanto comica quanto epifanica: “La realtà è dove s’inceppa!”. Sembra che Irene Fenara (Bologna, 1990) ne abbia fatto la propria poetica.
L’artista, in mostra nella sezione Portfolio a Palazzo Braschi fino al 9 aprile, lavora infatti sugli errori ottici delle videocamere di sorveglianza. Laddove la natura preme a ostruire la vista o i colori risultano alterati, Fenara subentra: “Mi interessa quando la macchina perde la sua funzionalità ed emerge l’estetica”. L’orizzonte nel quale ci si muove non è perfetto come vorrebbe la macchina né lo è essa stessa, come vorrebbe l’uomo. Così dall’anomalia può nascere la meraviglia di una stampa formato manifesto, che sembra un dipinto fitto di fogliame e sul quale l’artista non interviene affatto.
Nella serie Supervision (2018 – in corso), “i colori sono originali, non c’è ritocco”. L’operazione è solo quella dell’occhio dell’artista, un occhio umano che cerca nei ripetitivi circuiti meccanici l’imprevedibilità di uno sguardo umanizzato oppure animale, a sussurrare, forse, anche un dubbio terribile e sognante: se gli occhi sono specchio dell’anima, anche la videocamera ne possiede una?
FENARA E INGRASSIA PER LA QUADRIENNALE DI ROMA
“Le due nuove opere in mostra non sono indipendenti” – spiega Gian Maria Tosatti, direttore artistico della Quadriennale di Roma – “c’è una reciprocità di cui tenere conto”. Mentre Fenara ricava l’umana osservazione di un paesaggio da un dispositivo, in Carlo e Fabio Ingrassia (Catania, 1985) c’è “la fedelissima ricostruzione di uno spazio umano: è il loro occhio che si fa meccanico”. L’opera dei gemelli siciliani, scelta per la sezione Paesaggio e fruibile fino al 17 maggio, s’ispira al saggio L’arte radicale di Carlo e Fabio Ingrassia di Michelangelo Pistoletto, di cui si è inaugurata proprio in questi giorni la mostra al DART ‒ Chiostro del Bramante.
Se Fenara dona alle visioni a scadenza la salda persistenza della stampa di grande formato, gli Ingrassia puntano sul taglio minuto e sui colori a pastello. Astrazione novecentista (La Casa Rossa) del 2011-12 mette a fuoco, su un cartoncino Schoeller incastonato nel muro, quella che pare la deliziosa finestra di una casa delle bambole. Una fenditura concettuale sobria, con la sola pretesa d’inabissarsi nella memoria del fruitore, ricavarsi un vano nel ricordo.
“La contemporaneità di ogni esperienza artistica” – commentano gli artisti ‒ “ha una dignità antica”.
Francesca de Paolis
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