In mostra a Roma Duilio Cambellotti, il genio delle arti applicate
Scultore, illustratore, decoratore, scenografo, designer, pittore, grafico, incisore, arredatore: l’autodidatta Duilio Cambellotti va in mostra alla Galleria Russo di Roma
Un pubblico numeroso e affezionato gremisce le sale accoglienti della Galleria Russo a Roma in una stipata, salottiera confluenza di cultura e mondanità, per salutare la nuova mostra dedicata a Duilio Cambellotti, del quale la galleria detiene e gestisce l’intero archivio delle opere.
Con piglio muscolare e con un pizzico di ambascia ci infiliamo spediti nella calca e raggiungiamo Francesco Tetro, curatore del percorso espositivo insieme a Daniela Fonti. “Questa mostra è una tappa del nostro lavoro d’archivio. Ci siamo concentrati, in particolare, sul contributo di Cambellotti alle prime due Biennali Internazionali delle Arti Decorative di Monza (risalenti agli anni 1923 e 1925). Il nostro intento è quello di riportare alla luce un mondo che si è perduto: all’estero i musei d’arte decorativa esistono, da noi no (salvo qualche rara eccezione) e le opere si trovano tutte ammassate nei magazzini dei musei”, il tono umorale del curatore oscilla tra la dolente disillusione e la cauta speranza.
DUILIO CAMBELLOTTI IN MOSTRA ALLA GALLERIA RUSSO DI ROMA
Duilio Cambellotti (Roma, 1876-1960), geniale autodidatta, è stato scultore, illustratore, decoratore, scenografo, designer, pittore, grafico, incisore, arredatore. Sullo sfondo della sua volitiva formazione e della sua passione sincretistica, il pensiero e l’opera di William Morris e l’esempio fattivo del movimento Arts and Crafts per il rinnovamento e la rivalutazione delle arti applicate; oltre all’ideale wagneriano dell’opera d’arte totale. Lo testimoniano, per varietà d’ispirazione e per impegno multidisciplinare, le numerose opere in mostra (circa centosessanta), tutte provenienti dall’Archivio e realizzate nel quarantennio 1899-1939. Così come molteplici e polifoniche sono le emozioni che le forme-pensiero ideate dall’artista sollecitano nel riguardante: la tragica solitudine dell’agro romano ‒ a quel tempo ancora in gran parte malarico ‒ effusa da manufatti in bronzo dalla rigorosa essenzialità archetipale; l’astratta, algida, elegante pacatezza formale dei bozzetti a tempera per le scenografie del teatro greco di Siracusa; un sentimento quasi misterico del femminile, attinto da arcaici, mitologici immaginari simbolici. Concludiamo lasciando a Cambellotti l’ultima parola: “Nel ceto degli artisti, io sono stato sempre un irregolare, ma l’opera mia non si è limitata solo a un appagamento della vista: ho cercato di dire e comunicare qualche cosa di più”.
Luigi Capano
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