Abbandonarsi ogni tanto è utile. La mostra di Fabrice Bernasconi Borzì a Catania
Incompletezza, ironia e dualità sono gli aspetti chiave della mostra dell’artista italo-svizzero Fabrice Bernasconi Borzì alla galleria Massimo Ligreggi
Trasferitosi da Ginevra – città in cui nasce nel 1989 – a Catania all’età di ventinove anni, Fabrice Bernasconi Borzì ha sempre vissuto una costante dualità, fenomeno che inevitabilmente si è affiancato alla poetica della sua produzione artistica e che opportunamente Elsa Barbieri, curatrice della mostra alla galleria Massimo Ligreggi, riconosce essere “alla base dell’equilibrato conflitto tra forze che la sua opera esprime”. L’ironia che avvolge le opere e l’operato dell’artista si scontra ripetutamente con tematiche di tipo esistenziale e funzionale, rendendo il suo lavoro ricco di conflitti incessanti che non possono estinguersi a vicenda, ma che hanno necessità di sorreggersi e coesistere all’interno di quelle situazioni create per essere sovvertite.
La mostra Abbandonarsi ogni tanto è utile evidenzia già dal titolo tutto quell’agglomerato di significati che per Borzì è fondamentale per indagare l’esistenza e la sua estetica, con lo scopo di ridurli all’insignificante. Infatti l’abbandono, il tempo e l’utilità non sono altro che elementi compositivi della vita umana, fenomeni di contemplazione capaci di produrre una crisi, così come avviene in questa mostra.
LE OPERE DI FABRICE BERNASCONI BORZÌ A CATANIA
Opera cardine della mostra è one last tango, esposta sia in Svizzera che in Italia, testimonianza della dualità insita nell’artista. Due lame metalliche oscillano con velocità diverse e con intervalli di tre minuti circa – durata media di un tango –, generando forme che richiamano il ballo argentino, in cui le gambe dei ballerini si intrecciano fra loro per allontanarsi nuovamente. Intanto due ritratti osservano la scena, se ne appropriano o probabilmente sono i volti protagonisti dello spettacolo che l’artista ricrea.
La mostra si conclude con la solita incompletezza tipica delle opere di Borzì: un trittico di tele esposte al contrario riporta sul retro le scuse dell’artista per non saper dipingere, nonostante si appropri di telai di altissima qualità, realizzati con il miglior legno e con le migliori tele. Un ulteriore modo di mettere in discussione l’apparente qualità formale – anche quella dei rapporti umani – che può nascondere vuoti, falle funzionali, inciampi di percorso che svelano pericolosità e debolezze.
Mario Bronzino
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