Intervista a Giulio Locatelli, l’artista del tappeto volante
Risorgere da un momento difficile, sperimentare la resilienza, lasciarsi guidare dall’arte e dalla creatività. Ecco il focus del progetto Magic Carpet realizzato dall’artista Giulio Locatelli
Magic Carpet è un progetto nato dopo la pandemia dalla ricerca di Giulio Locatelli (Bergamo, 1993). Si tratta di un lavoro promosso dall’associazione culturale Platea Palazzo Galeano insieme all’unità operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’ASST di Lodi con cui l’artista sta realizzando un workshop di tessitura e un grande happening collettivo. L’opera che sarà creata è un grande tappeto magico, che fonde arte e cura.
Come è nato il progetto Magic Carpet?
Il progetto Magic Carpet prende forma la prima volta nel 2020 e si declina in più esperienze. L’idea è nata durante la pandemia, quando, come travolti da una tempesta, tutto ciò che ci sembrava certo e sicuro è andato sciogliendosi come filo di una matassa: le relazioni si sono interrotte, i legami più stabili tagliati. Magic Carpet, attraverso un’operazione artistica corale basata sulla cooperazione, vuole ricucire le ferite di questa tempesta, per ritessere un tessuto sociale lacerato, far riappropriare gli individui della propria identità. Il tappeto magico è un simbolo di rinascita, una cometa luminosa. L’obiettivo è quello di fornire ai più giovani strumenti e occasioni per accrescere la consapevolezza di sé. I partecipanti collaboreranno alla realizzazione di un grande lavoro di tessitura, un tappeto magico che potrà farli volare lontano.
In questo progetto l’arte diventa sinonimo di relazione e soprattutto di condivisione. Qual è stato il tuo approccio con i ragazzi coinvolti?
Magic Carpet coinvolge i ragazzi del servizio UONPIA ASST di Lodi, che grazie anche all’aiuto della Dott. Paola Morosini, della Dott.ssa Marta Bentivoglio e della Dott.ssa Marina Bonomi, lavoreranno fianco a fianco gli uni con gli altri per realizzare un’opera d’arte corale, a partire da una riflessione sul concetto di fiducia. Nel primo incontro i ragazzi si sono cimentati nella realizzazione di fogli di carta che successivamente taglieranno e inseriranno nel tappeto, lavorando insieme. Il mio approccio con i ragazzi è stato e sarà quello di cercare d’introdurli nel mondo fiabesco di Magic Carpet, facendoli sentire protagonisti della storia, lasciando loro libertà d’espressione e cercando di stimolare in loro creatività e fantasia. Sarò una sorta di regista, cercherò di cogliere i loro elementi e tessere un filo che li possa unire tutti.
Magic Carpet vuole raccontare la resilienza. Come artista, cosa significa questo per te?
Come artista è un privilegio e un onore condurre un tappeto volante che ha la capacità di aiutare persone ad adattarsi a nuove sfide e a riprendersi da situazioni difficili o traumatiche. Come creativo ritengo che si tratti di un insieme di abilità cognitive, emotive e comportamentali che permettono di superare le avversità che si presentano durante il processo creativo, che peraltro possono essere esportate anche ai problemi che si palesano nel cammino quotidiano di ognuno di noi.
Come immagini l’opera d’arte che sarà realizzata per Lodi in relazione alla città? Temi una sorta d’incomprensione?
Immagino un tappeto dalle mille sfumature di colore e un disegno intricato come un labirinto. Sogno a occhi aperti di salire a bordo del tappeto volante accompagnato da tutti i ragazzi che hanno partecipato, e di volare verso l’orizzonte, attraversando nuvole e stelle. Emozionato e impaurito sogno di aggrapparmi alla seta del tappeto, per poi rendermi conto di essere al sicuro, sorretto dalla fiducia. Non temo l’incomprensione, mi auguro soltanto che Magic Carpet possa essere una sorta di coriandolo colorato che ponga l’attenzione sull’importanza della fiducia in sé stessi e negli altri, diventando così la chiave per compiere imprese straordinarie.
Se in cima al tuo tappeto magico potessi esprimere un desiderio per il progetto, quale sarebbe?
Mi piacerebbe che Magic Carpet diventasse un simbolo, uno stendardo sotto il quale i ragazzi si possano sentire rappresentati. E mi piacerebbe avere la possibilità di far volare il progetto in più luoghi possibili, diventando così uno strumento di cura che possa permettere ai più fragili di sentirsi parte attiva di una collettività.
Gloria Vergani
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