Luce e solitudine nella mostra di Andrea Fontanari a Roma
Tagli obliqui, sguardi fugaci, atmosfere luminose e solitudini monocrome nelle opere su carta di Andrea Fontanari in mostra nella galleria di Francesca Antonini a Roma
È un mondo sospeso e insieme vivissimo quello che dà forma all’immaginazione di Andrea Fontanari (Trento, 1996). Da un lato ci svela il suo sguardo sull’intimità quotidiana di oggetti, stanze, scorci e strumenti di lavoro, dall’altro apre scenari con figure immerse nella luce zenitale, oppure abbandonate in una solitudine scura e monocroma.
In ogni inquadratura l’occhio osserva obliquo e indagatore, e il tempo della visione spesso non è quello dell’azione: non lo è nell’incontro famigliare sulla spiaggia, in cui figure, mare e cielo sono immobili eppure il vento agita panni e nuvole; non lo è nella posa del giovane che si osserva in uno specchio oscillante, né in quella dell’autoritratto da bimbo, fermo nell’instabilità della scena.
LA MOSTRA DI ANDREA FONTANARI A ROMA
Malgrado la sua giovane età, Fontanari sembra avvertire quel sentimento del tempo che rende immutabili e consegna alla memoria le immagini più care. Poi, d’improvviso, la sua visione spiazza, abbandona la dimensione metafisica e coglie da vicino cose e figure della vita di ogni giorno, ricondotte a una realtà privata e animata.
La maggior parte dei lavori in mostra è su carta: la mano scivola sicura sulle superfici più volatili, laddove il pastello nero traccia sagome isolate e incombenti; altrove carte più robuste accolgono in piccolo formato le brillanti stesure dell’olio.
Anche nella produzione precedente alla mostra romana l’artista preferisce bruschi tagli prospettici: indaga il presente e lo blocca di sbieco, o spezza i contorni, o s’avvicina fino a deformare sagome e oggetti. Fontanari coglie al volo la realtà con occhio svelto e fugace, per decidere poi che farne: se affidarla alla transitorietà del tempo, oppure, e per sempre, alla memoria.
Francesca Bottari
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